Che i Pinguini Tattici Nucleari abbiano venduto mezzo milione di biglietti e fatto due sold out di fila a San Siro, in attesa di un'altra manciata di stadi pienissimi (inclusa la doppietta all'Olimpico) non è una notizia eccezionale. Per meglio dire, non è una notizia: il tiro del sestetto bergamasco è cosa nota agli addetti ai lavori, con buona pace di quei pochi che contro certi numeri nulla possono, e stanno lì a crogiolarsi sul perché di un'ascesa inarrestabile. Già i numeri, sono proprio questi a rendere tale un fenomeno di cui non tutti si rendono conto. Ma qual è segreto del loro successo? Verrebbe da dire, banalmente: semplicità e leggerezza, e cultura pop.
Insomma, parliamo di buon repertorio: un frontman che sa scrivere, e che nell'era dell'auto-tune e del rap-padrone, porta in alto con gli altri la bandiera del pop. Un miracolo. Chi ci legge sa, non c'è traccia di buonismo da queste parti. Qua si parla di fatti, di pezzi ascoltati, di quelli piacevoli come piacciono alle radio, ma mai banali, mai buttati a caso tanto per il gusto di fare cassa. Poi c'è dell'altro. Riccardo Zanotti e compagni “puzzano” di scantinato. Di gavetta (cominciata nel 2010), di provincia, di autenticità.
Sono una band, hanno gli strumenti e li sanno suonare: non è forse un altro miracolo? Che li accosta pericolosamente ai Måneskin, a cui tutto si può dire ma non che non sappiano tenere un palco.
Sarà un caso che dietro l'exploit (sanremese) delle due band ci sia la stessa mano, attualmente in forze in casa dei romani (il manager Ferraguzzo ndr). Perché questa è la magia, ma giusto per chiarire, anche il mestiere con cui i Pinguini portano avanti la loro produzione, fatta di brani in cui tutti possono specchiarsi, e scegliere tra quello per cui ballare, ridere, piangere, ricordare. Così gli amanti dei paragoni alzano il tiro e gli appiccicano anche il marchio-trofeo di 883 di questi anni.
A San Siro e all'Olimpico non si arriva mai per caso. Questa non è una favola, ma il racconto di una storia vissuta e sudata, partita dal basso. Di antieroi, con quel nome preso dall'etichetta di una birra, o come canterebbero loro, di Ringo Starr, che cantano le gioie e le malinconie di una generazione. Basta questo a spiegare il loro successo straordinario.