C'è da sempre, su e giù dal palco, a condividere le avventure musicali del rocker di Correggio. E infatti, Federico Poggipollini, per tutti Capitan Fede, è ormai considerato il braccio destro di Ligabue, e al suo fianco da quasi trent’anni ('94), successo dopo successo, live dopo live. Così, il chitarrista bolognese è diventato a sua volta un idolo per i fan, facilmente rapiti dal suo stile e dalla sua autenticità.
E quindi, a un mese dal grande evento di Campovolo (per i trent'anni di carriera di Ligabue), rimandato per ben due anni a causa del Covid, abbiamo realizzato una lunga intervista col Capitano, col pretesto di farci raccontare i retroscena della sua lunga storia con l'artista emiliano, e annesse curiosità legate alla sua vita da chitarrista, e anche cantautore-solista, tra i migliori in circolazione, e pure tra i più carismatici. E la chiacchierata si è spinta inevitabilmente fino alla presunta rivalità tra Liga e Vasco, e i nuovi rocker che avanzano, ossia i Måneskin. E poi le donne, un argomento che mastica con disinvoltura, anche se da un pezzo non è più sul mercato, per il dispiacere delle più appassionate.
Dopo tanta attesa per Campovolo, Ligabue ha sparato: "Cazzo era ora!". Stesso pensiero?
Assolutamente, è una condivisione che ci appartiene, suonare finalmente insieme, e per uno dei live più importanti di Luciano.
E cosa avete fatto subito dopo?
Siamo passati in hotel per una doccia veloce, e poi volati al post show, con gli ospiti della serata, amici e familiari. È un nostro rito da sempre, e poi dopo un live come Campovolo, l'adrenalina dura ancora per mesi.
Ormai è considerato l'alter ego di Ligabue. Mi racconta un momento particolare che avete vissuto insieme?
Parlo dei ricordi legati ai concerti. In primis il primo San Siro (1997), e assicuro che in quel momento nessuno di noi capiva fino in fondo ciò stava accadendo. È stato come lanciarsi da un paracadute, liberi e incoscienti, e per questo rimane uno dei miei concerti preferiti in assoluto. Per fortuna è stato registrato, così posso rivedere la nostra faccia "frullata". E dopo lo show, Luciano ha accusato pure un crollo, per la troppa adrenalina. E poi il live del 2008, all'Arena di Verona, dove per la prima volta abbiano suonato con un'intera orchestra, ed è stato particolarmente emozionante. E ancora, l'ultimo Campovolo, che abbiamo preparato con estrema cura, in ritiro come i calciatori, in un posto vicino Correggio.
A proposito di calciatori, da dove spunta il suo nomignolo, Capitan Fede?
È colpa del Liga. Appena entrato nella band, nel 1994, si ingegnò a rifilare soprannomi a tutti. E probabilmente aveva già capito la sinergia che c'era tra noi, quindi per me pensò a "Capitan Fede". Anche se all'inizio non mi piaceva, poi ho capito che era apprezzato anche dai fan.
Ma avete mai litigato?
Discusso sicuramente, litigato proprio no.
E per cosa discutete?
Per qualunque cosa, discutiamo per un brano, una scelta... Ma anche se lo conosco da tempo, è sempre il mio datore di lavoro, e lo rispetto. Insomma, siamo come una coppia di innamorati, ci allontaniamo spesso, ma poi ci riavviciniamo sempre.
Ha mai pensato di mollarlo?
Mai successo, d'altronde ho fatto tutto ciò che volevo, non mi sono mai annoiato con un progetto e basta. Sicuramente i primi anni ero particolarmente impegnato con lui, invece poi i live sono diventati più importanti, ma diradati nel tempo. Quindi ho avuto anche modo di seguire progetti solisti e simili, e sperimentare, senza mai precludermi alcuna possibilità. Insomma, Luciano non mi ha mai limitato in niente, e sono sempre stato libero.
La infastidisce essere considerato un sex symbol? Un volta era soprannominato addirittura "il killer", per via del suo successo con le donne.
(Ride). Ma quella è una gag, nata da un suo collega, che seguì una nostra tournée. E in quel periodo ero single, quindi praticavo, ecco, ma il giornalista creò una storia di buona fantasia. E poi, sex symbol? Le racconto questa: al mio 50° compleanno, dove ho radunato molti amici, anche dello spettacolo, Bergonzoni scherzava proprio su questa storia: "Tu non sei un sex symbol, semmai un ex symbol". E non posso che dargli ragione, alla mia età...
E non faccia il modesto, suvvia.
Ma ho 54 anni!
E se li porta bene. Ma parliamo ancora del passato. Spariamo: quante donne ha avuto?
Ma non è finita l'intervista? (ride) Allora, le donne mi sono sempre piaciute, ma il numero... Di sicuro in passato cambiavo spesso, ma per desiderio di conoscenza eh.
E a proposito di donne, le è mai successo che una fan eccedesse, magari proprio come per il caso di Blanco, di un mesetto fa, palpeggiando le sue parti intime?
Sì è successo, ma mi andava bene. Ho pensato sempre: "Oh interessante!" Alla fine è un atto goliardico affine al palcoscenico.
Torno a Campovolo, dove era prevista anche la presenza di Pelù (ha dato forfait per via della caduta dal palco di qualche giorno prima). E lei ha esordito proprio coi Litfiba: che effetto le fa la loro ultima tournée?
Vince il dispiacere. È una band importante, e io ho avuto la fortuna di frequentarli in un periodo per loro di grande successo. Un gruppo che ha scritto pagine di musica, e tracciato pure una nuova strada in fatto di rock band. Chiaramente, sapere del capolinea, è scontato che non rallegri, anche se dopo tanti mutamenti interni, forse era inevitabile.
Gliel'avranno chiesto cento volte: quanto c'è di vero nella rivalità Liga-Vasco?
È stata un po' pompata dai media e fan. E ormai è un gioco che va bene anche a loro. Insomma, io sono di Bologna, e Vasco e io suoi musicisti li conosco bene, anzi, con alcuni di loro ho pure collaborato. Certo, essere gli due unici rocker che continuano a riempire gli stadi, a distanza di anni, crea pure una sana competizione. Ma sa qual è il mio desiderio? Vederli insieme sul palco!
È solo un desiderio o c'è dell'altro sotto?
Sicuramente non adesso. Magari più avanti, speriamo.
E visto che è uno dei migliori chitarristi in circolazione, che ne pensa di Thomas dei Måneskin?
Mi piace molto. A proposito di Måneskin, li ho conosciuti a Sanremo, nell'anno della loro vittoria. Infatti, al Festival del 2021 ero ospite per Annalisa, nella serata delle cover, e per accontentare le mie figlie ho girato anche dei video ai Måneskin e ai Pinguini Tattici Nucleari. E mentre si suonava, mi ha colpito che fossero così tranquilli davanti all'occhiolino della telecamera. Insomma, così giovani ma con una gran capacità di tenere il palco, unita a un suono molto crudo e invidiabile. E le parti di chitarra, che ho analizzato per bene, sono proprio ben fatte. Sì, prendono spunto dai classici, ma sono davvero capaci di rifarle.
Luciano e Måneskin, come li vede insieme?
Non li vedo. È un rock diverso, che fuso non funziona. Vasco e Luciano possono funzionare insieme perché sono ambedue rock, ma legati al cantautorato, alla nostra tradizione melodica. I Måneskin, invece, sono proiettati su un imprinting internazionale, altra storia.
Dopo Campovolo molti fan si sono lamentati della mancanza in scaletta di alcuni brani storici, come Leggero, Bambolina e barracuda, per dirne due: li ascolteremo all'Arena di Verona (già sold out)?
Sicuramente avremo una scaletta diversa. In verità, a Campovolo mancavano altri brani storici, ma Luciano ha preferito puntare sulla narrazione personale del suo 30°anno di carriera.
Chiudiamo col titolo di un brano: quale sceglierebbe? Non per forza di Ligabue eh.
Direi Heroes, David Bowie, uno degli artisti più grandi in assoluto.
Motivi la scelta.
Perché dice: "Possiamo essere eroi, solo per un giorno".
E quindi a Campovolo si è sentito un eroe per un giorno?
E per forza!