Sono stati annunciati al Teatro Romano di Benevento i cinque finalisti del Premio Strega 2021. Sono Emanuele Trevi con "Due vite" (Neri Pozza) con 256 voti, Edith Bruck con "Il pane perduto" (La nave di Teseo) con 221 voti, Donatella Di Pietrantonio con "Borgo Sud" (Einaudi) con 220 voti, Giulia Caminito con "L'acqua del lago non è mai dolce" (Bompiani) con 215 voti e Andrea Bajani con "Il libro delle case" (Feltrinelli) con 203 voti. La proclamazione del vincitore dello Strega 2021 si terrà come di consueto al Ninfeo di Valle Giulia a Roma l'8 luglio. Prima degli esclusi è Lisa Ginzburg con "Cara pace" (Ponte alle Grazie) che ha avuto 141 voti, ma ha sorpreso tutto l’uscita di scena di Teresa Ciabatti, grande favorita, con il suo “Sembrava bellezza” (Mondadori).
Il “Premio Strega” è il più prestigioso riconoscimento letterario italiano, ma anche lo specchio di come si sta muovendo l’editoria. Per questo, abbiamo chiesto al critico letterario Gian Paolo Serino di interpretare per noi la scelta della cinquina e anche i motivi di alcuni esclusi eccellenti.
Partiamo dalla cinquina. È la migliore possibile rispetto ai dodici che erano arrivati in finale?
È la migliore che si potevano inventare nel tentativo di far credere che il “Premio Strega” sia un premio e non un accordo tra editori. Ho amato molto “Due vite” di Emanuele Trevi e apprezzato “Le case degli altri” di Andrea Bajani: ha struttura narrativa identica a “Il Colibrì” di Sandro Veronesi (nell’uso temporale del susseguirsi dei capitoli) ed è al contempo molto americano, almeno nell’eccezione delle sue “Lezioni americane” anche se in certe pagine rischia il romanticismo da catasto.
La sorpresa è vedere fuori la super favorita Teresa Ciabatti. Sei rimasto stupito?
Moltissimo. Mi dispiace perché ha costruito tutta la sua “carriera” per raggiungere lo Strega, l’aveva in tasca, aveva preparato il discorso; “Non vorrei essere qui. Sono qui. Non sono qui” per poi concludere: “Sono una anomalia”. Ma quale anomalia? Teresa Ciabatti è un virus: intendo Teresa Ciabatti che scrive. Una scalatorina d’accatto da “upper-class”, ma qualcuno l’avverta che l’alta borghesia in Italia legge Daria Bignardi.
Non sei mai stato tenero con la Ciabatti. Cos'è che proprio non sopporti di lei?
Personalmente nulla. Anzi, la trovo simpatica, almeno quelle poche volte che ci ho parlato. Non amo i suoi libri: sono la ricerca di un abbraccio che non vuole ma che (s)vende nei romanzi: sempre la solita storiella, l’infanzia, l’adolescenza, la solitudine, i luoghi natii: ecco, credo che Teresa Ciabatti sia una “neuroromantica”, una romantica da neuro. Ne esistono già tanti di scrittori così, non abbiamo bisogno di doppioni.
Edith Bruck è quella su cui punteresti per la vittoria se dovessi scommettere?
Non punterei. Punto tutto. Perché editorialmente è logico. In molti mi rispondono: “Ma “La Nave di Teseo” ha già vinto lo scorso anno. Cosa c’entra? “La Nave di Teseo” è una corazzata Potëmkin: sfornano due libri al giorno, fanno film, canzoni, fumetti, documentari. E poi Edith Bruck ha tutte le carte per vincere: è una Liliana Segre ad honorem. Giusto che abbia vinto lo "Strega Ragazzi”, se esistesse dovrebbe vincere lo “Strega Bambini”. La sua favoletta è per lettori che non hanno mai letto Primo Levi: poi il suo dichiarare che “il pericolo di una nuova Shoah” non esiste mi lascia molto perplesso. Eppure, sono certo che vincerà. Grazie al libro, ma anche grazie al fatto di essere stata la moglie di Nelo Risi, di aver frequentato i salotti romani che allo Strega contano. Basti pensare che i votanti si chiamano “Gli amici della Domenica”, che già dal nome sanno di Gruppo Piemonte. Ci vorrebbero “Gli amici del lunedì”... E a proposito di Risi, Dino Risi ne “I Mostri”, nell’episodio titolato “La Musa”, ha immortalato meglio di chiunque altro il “Premio Strega” anche grazie ad un insuperabile Vittorio Gassman, travestito da Maria Bellonci. Inarrivabile
Perché hai definito “La Nave di Teseo” una corazzata Potëmkin?
Sono una “Factory” italiana e al posto di Andy Warhol si trovano Elisabetta Sgarbi. Editrice che stimo, ma “La Nave di Teseo” non sarà mai la “sua” Bompiani. Non c’è una linea editoriale (tranne rari casi, quello ad esempio di Richard Powers) e temo farà la fine della Fandango degli anni ’90: quando faceva bellissimi libri e film, ma il progetto originale si è snaturato.
Per qualità invece quale autore credi dovrebbe vincere?
Emanuele Trevi. E fuori cinquina “La felicità degli altri” di Carmen Pellegrino e “Noi” di Paolo Di Stefano.
Sul libro di Emanuele Trevi però segnalavi due problemi. Il primo legato al costo troppo basso, quindi potrebbe non convenire farlo vincere, il secondo perché non è completamente inedito, visto che larghe parti erano già uscite sul blog Minima&moralia.
Più che il costo la lunghezza: impossibile che, commercialmente, possa vincere uno libro di così poche pagine. Non ci starebbe neanche la fascetta. Infatti, Neri Pozza è corsa ai ripari: l’ha ripubblicato passando da 120 pagine a un formato “più grande” di 144 pagine e il prezzo dalla prima edizione di 12 euro è arrivato a 15 euro. Un aumento del 25% in pochi mesi, una percentuale da beni di lusso! Per il resto il libro è intenso, straziante di una bellezza rara. Certo la maggior parte delle pagine si possono leggere, negli anni, sul web. Ma il regolamento dello Strega non implica come scorrettezza copiare da sé stessi. È già successo in passato.
In passato hai lanciato anche la provocazione su Fabio Volo, dicendo che meriterebbe lo Strega. O al massimo lo meriterebbe chi ha creato le sue quarte di copertina. Come mai?
Dovrebbe vincerlo ad honorem. Soprattutto chi scrive le sue seconde di copertina. Sono tutte uguali. Identiche. Un genio.
Qual è il livello generale dei libri al Premio Strega?
Altalenante, come il prezzo di copertina di “Due Vite”. Si potrebbe pensare anche al sottotitolo “Due vite”: “In ricordo di due amici morti ai tempi dello spread".
C'è vita anche oltre ai premi?
Io non amo i premi. Non mi sono mai iscritto ad un Premio o a un concorso. Credo che ai premi o ai concorsi debbano correre i cavalli.
Qual è lo stato di salute dell'editoria in Italia nel post pandemia?
Vivace. Diciamo che escono tanti libri e speriamo che i lettori aiutino soprattutto i piccoli editori che, nel 30%, rischiano il fallimento.