Ha pochi segreti il Premio Strega per Gian Paolo Serino, critico letterario tra i più attivi sulla scena culturale (il Giornale, la Repubblica, Libero, Avvenire, Il Riformista, L’Espresso, Rolling Stone, Vanity Fair e tanti altri). Questo in particolare lo definisce “il Premio Strega più prevedibile di tutti i precedenti”. Lo ha fatto annunciando – o meglio, anticipando – la rosa dei cinque finalisti: Ciabatti, Bruck, Trevi, Bajani, Di Pietrantonio. E tra questi, ancora pochissimi dubbi: vincerà Teresa Ciabatti con il suo Sembrava bellezza; certezza frutto di un semplice calcolo (Mondadori non vince dal lontano 2012), come calcolabile è l’intero percorso che descrive e definisce il Premio Strega, un insieme di “logiche editoriali e commerciali” che porteranno sul gradino più alto del podio un romanzo che – sottolinea – vincerà con tutto demerito, perché più che un romanzo è “una bara senza maniglie… non se ne esce vivi”.
Alla base – spiega – c’è una logica viziata, quegli Amici della Domenica che chiama “addetti ai favori”, più che addetti ai lavori. Inutile dire che la sua cinquina c’è tutta negli attuali 12 candidati, tra i quali loda in particolare Emanuele Trevi (Due vite, Neri Pozza), anche se è un romanzo la cui brevità potrebbe finire per penalizzarlo in ottica premio. Perché – evidenzia – il calcolo è nient’altro che matematico: vince il Premio Strega chi assicura una vendita di 100mila copie. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente in un tardo pomeriggio di marzo, trovandolo particolarmente ispirato. Ne è uscita una chiacchierata brillante nella quale non risparmia nessuno.
Gian Paolo, hai anticipato la cinquina ed effettivamente ci sono tutti nell’attuale dozzina dei candidati al Premio Strega. Che idea ti sei fatto dei libri in lizza?
Io ritenevo molto valido quello di Carmen Pellegrino (La felicità degli altri, La nave di Teseo, ndr), che è secondo me un po’ la vincitrice morale perché si tratta di un romanzo molto bello, com’è molto bello e sono felice sia nella dozzina quello di Emanuele Trevi, Due vite, anche se temo che la brevità non lo aiuti, e credo proprio che la vincitrice annunciata sia Teresa Ciabatti. Anche perché Mondadori non vince dal 2012 quando se l’aggiudicò Alessandro Piperno, quindi per logiche editoriali appare inevitabile. Ma io gli avrei preferito un ottimo libro di Giuseppe Cattozzella che si chiama Italiana, sempre edito da Mondadori.
Il fatto che Nicola Lagioia abbia deciso di non partecipare è quasi un lasciapassare per Teresa Ciabatti?
Sì, si può dire così. Nicola Lagioia aveva già vinto con La Ferocia – di cui, mi preme sempre sottolineare, ho messo in palio 100 libri con prime edizioni americane per chi mi sa risolvere questa frase di Lagioia, tra le tante imperscrutabili del suo romanzo La Ferocia: “Aveva più di 30 anni ma sicuramente meno di 25”. Tu sai cosa vuol dire? Se la indovini io ti regalo 100 libri prime edizioni americane… Poi va detto che Lagioia oltre ad aver già vinto il premio ora ha un ruolo istituzionale come presidente del Salone del Libro…
Antonio Pennacchi non meritava di finire almeno nella dozzina?
Be', sì, però lì sono discorsi più interni a Mondadori; lì devono fare dei ragionamenti sul piano editoriale perché il Premio Strega – come ho evidenziato anticipando la cinquina – è più una logica commerciale e di calcoli… ma io i premi li lascerei ai cavalli non agli scrittori. Certo è che siamo di fronte a un caso quasi unico in Italia, perché negli Stati Uniti restano abbastanza indipendenti a livello di letture, mentre qui avendo degli analfabeti di ritorno vedono “Premio Strega” e chiaramente lo comprano tutti. È in questi aspetti che subentra la logica commerciale: basta farsi due calcoli e appare chiaro che quest’anno vincerà la Ciabatti, ma secondo me con tutto demerito, perché è un romanzo ombelicale, e poi ha improntato tutta la sua carriera giornalistica ad arrivare dov’è adesso, e di questo son contento per lei, ma è una cosa che non mi piace. Questo suo ultimo più che un romanzo è una bara senza maniglie… ti piace questa definizione?
Molto.
Cioè, non se ne esce vivi. Ho provato anche a leggerlo al contrario per capire se ci fosse qualcosa tipo, sai, dischi dei Beatles o simili, qualche messaggio satanico, ma niente, neanche quello. Un romanzo che mi piace molto è quello di Bajani, Il libro delle case (Feltrinelli), oltre ad Aurelio Picca, che Le Figaro ha definito il nuovo Pasolini, e secondo me lui meritava anche per la carriera che ha fatto di entrare nella cinquina. Quello che non c’entrava assolutamente un cazzo è quello di Edith Bruck, (Il pane perduto, La nave di Teseo, ndr), ennesima testimonianza su Aushwitz che sa molto di essere stata studiata a tavolino.
Emerge sempre di più un quadro commerciale…
Sì, se negli ultimi anni qualche sorpresa c’è stata, ad esempio con “M” di Scurati – un libro anti-commerciale sotto diversi punti di vista – quest’anno in particolare è un solo gioco editoriale. È una cosa risaputa da molto tempo; diciamo che vince il Premio Strega chi fa vendere 100mila copie.
Ricordi negli ultimi anni un Premio Strega che ti ha davvero stupito?
Io sono rimasto molto contento per “M” di Scurati e per quello che secondo me è il più bel libro degli ultimi 20 anni: La scuola cattolica di Edoardo Albinati.
E qualcosa che hai trovato completamente fuori dalle logiche commerciali?
Ma anche i romanzi fuori dalle logiche commerciali, ad esempio Le ripetizioni di Giulio Mozzi (Marsilio), rientra a sua volta in logiche commerciali. La logica del Premio in questo senso è: facciamo entrare Mozzi nella dozzina, in modo che non si possa dire che noi seguiamo solo ragionamenti commerciali.
Tutto è comunque parte di un piano molto calcolato…
Ma certo! Basta che pensi agli Amici della Domenica… voglio dire, quale altro premio al mondo ha una logica del genere alla base? Gli Amici della Domenica sono “addetti ai favori”, più che addetti ai lavori. Se poi loro son della domenica, immaginati cosa viene fuori con quelli del lunedì…
A proposito di addetti ai lavori, un’ultima domanda: che ne pensi di Michela Murgia?
Michela Murgia più che una scrittrice è una arrampicatrice, un’arrampicatrice di lettere: usa come scalini le lettere. Ma chiaramente mettendole in verticale non funzionerà mai come in orizzontale.