Produci, consuma, crepa. Chi in queste ore si sta infervorando nel criticare i mai rinati Cccp tende fondamentalmente a partire da qui, versi contenuti nel brano Morire tratto dall’album Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi - Del conseguimento della maggiore età, uscito nell’anno del Signore 1985, quasi quarant’anni fa. Un brano che voleva in qualche modo appoggiare un ironico stigma sul capitalismo, sempre che si possa ironizzare sul capitalismo, parte della filosofia che era alla base del piano quinquennale della band nata a Reggio Emilia qualche tempo prima, e capitanata dal duo Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, con la complicità di Annarella, benemerita soubrette, e di Fatur, l’artista del popolo. Band che aveva furoreggiato in tempi nei quali parlare di punk, in Italia, voleva dire parlare una lingua misconosciuta, forse quanto parlare di quel comunismo lì, quello decifrabile solo a Reggio Emilia, che mica per caso da qualche mese li sta pubblicamente celebrando, con la megamostra Felicitazioni. Una mostra ospitata nei Chiostri di San Pietro, invero luoghi più vicini al Giovanni Lindo Ferretti in odor di raztingerismo che a quello di quando declamava i suoi versi sulle chitarre distorte di Zamboni, sorte che avrebbe poi portato avanti anche nei Csi, dove però al loro fianco era arrivata mezza scena fiorentina, praticamente tutti i transfughi dai Litfiba, con l’aggiunta di Ginevra Di Marco e di Giorgio Canali. Una mostra col suggello e la benedizione delle istituzioni, altra faccenda che aveva già fatto storcere i nasi degli sporchi, marci e imbecilli che ai tempi li seguivano.
Ora, veniamo all’oggi, che dello ieri si è già discusso, il naso dei suddetti si è storto ulteriormente, andando a fare il giro completo, come in un loop, e al loro si è unito anche quello di buona parte di chi i Cccp li ha conosciuti dopo, la loro storia è un po’ come il concerto dei Nirvana al Bloom di Mezzago, se tutti quelli che dicono di averla vissuto in prima persona fossero realmente stati presenti non sarebbe bastato San Siro. Oggetto degli strali, di qui il citar Morire come se nulla fosse, tutta una serie di incoerenze, assai poco ortodosse, di qui l’indignazione, e assai molto votate a quel capitalismo, teoria fallace, che ai tempi li avrebbe, dicono i titolari dei nasi, fatti inorridire.
Primo, dopo aver negato che la loro fosse una reunion, quindi schivando qualsiasi possibilità di tornare a calcare un palco insieme, i quattro sono saliti sul palco del Teatro Valli di Reggio Emilia, per di più in compagnia di Andrea Scanzi, e questo, confesso, lo trovo imperdonabile anche io. Poi, dopo aver detto che quella era faccenda legata alla mostra, i nostri hanno lanciato una sorta di raduno unico e esclusivo a Berlino, e dove se no?, un Cccp in Dddr che sapeva già tanto di mitologico anche solo a dirlo, e che ovviamente è andato a ruba nel tempo di uno zot. Poi, però, e qui vengono le dolenti note, a quelle date ne sono seguite altre, e all’idea di non tornare a fare altro ha fatto seguito la pubblicazione di un lavoro dal vivo, per altro rimasterizzato con quello che ai tempi loro un altro rockettaro doc come Federico Fiumani, in sostanza i Diaframma, avrebbe definito Il tuo buco del culo, altro che nuovo nuovo il titolo. La notizia di altro materiale, stavolta davvero inedito, lì, a girare tra i fan, molti incazzati, alcuni sentimentali, altri, chi scrive tra questi, divertiti, perché essere situazionisti, e i Cccp erano situazionisti magari Iddio, essere costantemente alla ricerca della sorpresa spiazzante, quella che mina le tue sicurezze, non può certo passare per la coerenza, il punk, piaccia o meno, è esploso world wide grazie al genio di un situazionista come Malcolm McLaren, mica per la stolida coerenza di qualche autolesionista con una spilla da balia in faccia sul serio.
Nei fatti il ritorno dei Cccp è cosa buona e giusta, proprio per questo mettere in scena tutte le crepe che quella storia già aveva lasciato intravedere. Anche quelle che ha sbattuto in faccia ai tanti fan dell’epoca e a quanti sono arrivati poi grazie alle uscite stravaganti e vagamente imbarazzanti di Giovanni Lindo Ferretti, lì a curare i suoi cavalli sull’appennino emiliano, l’amore per Ratzinger, appunto, quello per la Meloni, il voto dato alla Lega, roba che in teoria nulla avrebbe dovuto avere a che fare con una idea di comunismo filosovietico alla base del loro progetto, a leggerlo letteralmente e non letterariamente, come invece era necessario, ma che è il solo modo per riuscire a pensare che dal tavolo di Togliatti presente alla mostra fino a quel pezzo di muro esibito al centro del chiostro, simbolo di un comunismo caduto, santo Dio, mica rimasto in piedi.
Uno dice, ok, ma avevano giurato che non si sarebbero mai più rimessi insieme, perché un piano quinquennale è un piano quinquennale, e proprio la caduta del comunismo ne sanciva la fine. Vero, ma di piani quinquennali se ne possono fare altri, dopo oltre un ventennio, nel quale Zamboni e Ferretti non si son rivolti parola, dopo l’uscita del primo dai Csi, con conseguente morte di quel progetto e nascita dei Pgr, quel Per Grazia Ricevuta che già diceva tanto di quel che avremmo letto e sentito poi, i due si sono riavvicinati, complice quel sentimentalismo che l’avanzare del tempo porta spesso con sé, Annarella e la sua capacità di archiviare il passato, Fatur con la sua dirompente verve punk, lui davvero, a fare il resto. Perché mai avrebbero dovuto negarsi un ritorno, anche a beneficio di chi non c’era, oltre che loro.
Perché, anche qui, uno dice, ma i biglietti dei concerti sono cari, e dire che un evento è unico e poi proporre un tour è una truffa. Per non dire del merchandising, le felpe a cento euro. Le felpe a cento euro.
Tutto vero e sacrosanto, presumibilmente chi segue i Cccp non sa che Elton John sta portando in giro il suo ultimo tour da una vita, che i Pooh lo hanno fatto per anni e dopo sette anni di pausa sono tornati a farlo, per non dire di chi si era ritirato a quarant’anni e sta ancora lì a cantare, parlo di Renato Zero, settant’anni e rotti. Ciò non toglie che i prezzi dei biglietti, come delle felpe, li fa il mercato, non certo il prodotto, e che i prezzi negli anni siano aumentati ben lo sa chiunque frequenti concerti comprando i biglietti, non fatemi passare per il Tommaso Zorzi del momento. Del resto, come dice un altro che il punk in Italia lo ha portato e sdoganato a uso del mainstream, Enrico Ruggeri, ai tempi dei Decibel un apripista, oggi il rock, e i Cccp sono a loro modo rock, è la musica classica di un paio di generazioni fa, roba da borghesi, da adulti, da gente che può spendere perché lavora, e quindi spende. Non fatemi tirare in ballo l’experience di Kanye West, santo Dio, ma almeno i Cccp fanno concerti, mica si presentano vestiti fin sopra i capelli a aizzare le curve da stadio.
Infine, ma qui siamo nella filosofia pura, uno dice, ma come, alla fine è tutta e sola una operazione commerciale, come se si fossero rimessi insieme i Take That, chi lo dice non usa ovviamente questo nome, che magari conosce pure, ma si guarderebbe bene dal fare in pubblico, per passare per più duro e puro di chi intende criticare?
Sì, signori miei, la reunion non-reunion dei Cccp, artisti che avevano firmato per la Virgin, non è che si fossero accrocchiati nell’indipendenza manco ai tempi, gente che duettava con Amanda Lear, mica con Diamanda Galas, e come tutte le operazioni commerciali è fatta principalmente a beneficio di chi da quell’operazione trae vantaggi economici, la band, e di chi di quell’operazione commerciale sarà utente, chi andrà ai concerti indossando le felpe, come di chi ci andrà vestito con la giacca con cui va al lavoro. Sul perché da certi artisti si pretenda immotivatamente una coerenza che è sempre e comunque nata da una lettura altra della loro arte, non parlo solo dei Cccp, si potrebbe aprire uno studio antropologico, come sulla capacità propria dei cultori del rock di cagare il cazzo ai propri idoli, divenuti tali nonostante quel che hanno sempre professato, e in quanto idoli soggetti a una qualche legge di mercato diversa dal resto del mondo. Quando ascoltavate, ascoltavamo Morire, già negli anni Ottanta, lo facevamo da dischi che avevamo comprato, su stereo che avevamo comprato, andando a concerti di cui pagavamo biglietti, che producevano diritti Siae, traducibili a loro volta in soldi. Che poi interpretassimo il tutto come qualcosa di rivoluzionario era una lettura nostra del mondo, non certo un dato di fatto. Almeno prima del crepa della santa triade cccpiana, dopo aver prodotto e consumato avremo modo di divertirci un po’ ascoltando la musica di quando eravamo giovani e idealisti, il muro di Berlino come feticcio, prima, e come simbolo del nostro essere la generazione della rivoluzione, poi. E vuoi mettere poter coprire di fischi Andrea Scanzi come è successo nelle gig di Berlino, Cccp in Dddr i video che circolano sui social sono un’opera d’arte nell’opera d’arte, il pubblico che si fa parte dello spettacolo, fischiando e mostrando il dito medio, contestando, Giovanni Lindo Ferretti lì di fianco a cercare invano di proteggerlo (“Quanta voglia di purezza in questi sguardi”, ha aggiunto a performance scanziana finita, “quanta voglia di poter odiare qualcuno perché ti sta sui coglioni, perché non abbiamo mai voluto che tutti la pensassero come noi, perché portiamo il disordine e non l’ordine, non quello che volete voi, non sono come tu mi vuoi”, vai a capire verso chi era rivolta la sua ironia, lui che si dimostra il re dei Troll, altro che Kanye West), Annarella che alla fine arriva in scena candida e innocente. Fischi dovuti, certo. Giustissimi. Ci avete cresciuto bene, compagni. Produci, consuma e crepa un cazzo, compagni.