L’8 marzo 2024 è uscito Radio Sakura, seconda prova sulla lunga distanza di Rose Villain. Questa semplice frase, un incipit piuttosto insolito per un mio pezzo, solitamente parto sempre parlando di fatti miei in apparenza del tutto incompatibili con l’argomento raccontato nel titolo e nella foto di copertina, ecco, questa semplice frase, buona quasi per un comunicato stampa, racchiude già diversi elementi interessanti, per l’oggetto di questo mio scritto, Rose Villain e il suo secondo album, Radio Sakura, ma anche per raccontare la contemporaneità in musica. Provo a mettere sul tavolo altri elementi, così da poter poi spiegare meglio cosa intendo dire. Rose Villain, al secolo Rosa Luini, nata a Milano il 20 luglio 1989, sempre che abbia senso svelare il nome anagrafico di chi si è legittimamente scelto un nome d’arte, ha giusto appunto pubblicato nottetempo, tra mezzanotte e l’una, come si usa da che esistono le app di streaming, il suo secondo album, dal titolo Radio Sakura. La Sakura, per chi si intendesse poco di culture orientali, è la fioritura dei ciliegi, che non avviene oggi, l’8 marzo, Festa della donna, ma intorno al passaggio tra l’inverno e la primavera, quindi in forma teorica tra un paio di settimane, probabilmente già domani, stando al climate changing. Ho detto secondo album, il primo lavoro su lunga distanza di Rose Villain è uscito poco più di un anno fa, il 20 gennaio 2023. I titoli non si trovano lì per caso. Lì, dove alla parola “radio” si affiancava la parola “Gotham”, la città di Batman, per qualcuno anche Milano oggi, il lato di Rose Villain che veniva raccontato era evidentemente quello in ombra, oscuro, qui, dove a affiancare la parola “radio” è la parola “sakura”, dovrebbe trovare asilo tra le tracce la parte più solare, o quantomeno positiva, la fioritura è l’attimo di rinascita delle piante, in fondo. Vederla sulla foto di copertina, sempre fascinosa com’è, e su questo nulla da aggiungere, con una katana in mano, come una Kill Bill che ha dimenticato la parte sopra della tuta di ginnastica a casa, in realtà, lascia intendere anche altro, ma procediamo con calma. Quindi, i primi elementi. Rose Villain è in realtà italiana, e va beh, qui ci arrivava chiunque, o almeno chiunque segua la musica leggera italiana oggi, e anche chi abbia guardato, pur distrattamente, l’ultimo Festival della Canzone di Sanremo, lei in gara con la prodigiosa Click Boom!, canzone che si contende con Tuta Gold il titolo di brano più originale, parlo di testo e di composizione, forse anche più sorprendente perché arrivato da una artista che, a differenza di Mahmood, per il pubblico di Sanremo potrebbe non essere stata altrettanto nota. Altro elemento, Rose Villain ha trentaquattro anni, quasi trentacinque. Non pochi, se si pensa che il mantra che oggi sembra essere di moda vuole che a trent’anni si sia praticamente pronti per la pensione, ne parlava la collega Grazia Sambruna giorni fa. Di più, Rose Villain ha trentaquattro anni, quasi trentacinque, e solo due album all’attivo, uno dei quali uscito l’8 marzo, questo a discapito di quanto sembra il leit motiv di questi tempi, iperproduttività a gogo. Canzoni su canzoni, senza pausa. E qui veniamo all’ultimo punto, dopo un veloce passaggio atto a sottolineare come scegliere l’8 marzo come data di uscita del proprio album non è, non può essere e non vuole essere una casualità, Rose Villain è promotrice del girl o woman empowerment, lo è con la sua musica, certo, con il suo modo di giocare con l’estetica, baciata com’è da una bellezza piuttosto sfacciata, lo è nelle sue dichiarazioni, come quando rivendica il sacrosanto diritto di chiunque voglia giocare col proprio corpo di giocare col proprio corpo, oltre che una sorta di plauso incondizionato con un ritrovato “fare squadra” da parte delle artiste italiane, per la prima volta unite nel fare fronte comune alla conquista del mercato, era ora.
Ultimo punto, dicevo, nei fatti Rose Villain, trentaquattro anni, quasi trentacinque, esce oggi, 8 marzo, Festa delle donne, col suo secondo album, avendo però alle spalle un numero spropositato di canzoni, evidentemente non raccolte in altri album, molte delle quali condivise con altri artisti, in molti casi nelle vesti di ospite (cioè di colei che fa featuring). Questo comporta, e veniamo al punto, che potrebbe sembrare il raccontare Radio Sakura, secondo album di Rose Villain dopo il prodigioso passaggio a Sanremo con Click Boom!, brano che partiva come una ballata dalle tinte vagamente blue, per poi divenire una hit electropop con cassa dritta e proseguire mescolando le carte, ballata con cassa dritta, testo che gioca con entrambe le modalità, ripeto, un gioiello, ma che ovviamente un raccontare cosa Radio Sakura non è, a cosa servirebbe mai il mio star qui a raccontare qualcosa che potete serenamente ascoltare con un semplice click (boom), sempre che non lo abbiate già fatto?, questo comporta che nei fatti Rose Villain, trentaquattro eccetera eccetera è in realtà una delle artiste più contemporanee del nostro panorama, e non solo per aver portato a Sanremo un brano originale come Click Boom!, anche, ovviamente, ma soprattutto per aver interpretato al meglio lo zeitgeist, oggi in discografia si lavora molto sui singoli, e molto sui singoli in condivisione, i famosi featuring, salvo poi, ogni tanto, concentrare l’attenzione intorno a un lavoro sulla lunga distanza, un album, così da occupare militarmente le pagine di magazine e quotidiani, questo sta accadendo anche ora e qui, per poi riprendere a sfornare singoli su singoli, magari in compagnia. Di più, Radio Sakura no, non è poi così ottimista come la parola sakura potrebbe lasciar intendere e no, non è poi così distante, come attitudine, da Radio Gotham, che per la cronaca era un gioiello di stile e raffinatezza, il tutto dentro canzoni, sia chiaro, esattamente come lo è Radio Sakura, gioiello di stile e raffinatezza, e sensualità, e vitalità. Riassumo, quindi, Radio Sakura arriva a questo punto della carriera di Rose Villain, che vive e lotta insieme a noi ormai da otto anni, tanti ne sono passati da quando ha tirato fuori il primo singolo a proprio nome, e che in questi anni non ha ovviamente pubblicato il solo Radio Gotham, un anno fa, ma oltre quaranta canzoni, tra proprie, collaborazioni e featuring, andando non solo a crearsi un pubblico di riferimento, quando l’estate scorsa Achille Lauro ha duettato con lei per la prescindibile Fragole, era lei a fare da traino, a livello di numeri, non certo lui, nel mentre ha passato buona parte della sua vita da adulta a New York, dove vive e lavora, in compagnia, per nove di questi anni, di colui che veste i doppi panni di marito e produttore, SixPM. Pura contemporaneità, quindi, tante canzoni, cadenzate, tanta originalità, prendersi i propri tempi, sposarsi addirittura, sfornare due album a distanza di un anno, poco più, passando nel mentre dal Festival di Sanremo, e no, questo forse oggi rientra nella contemporaneità. Il tutto condito con uno stile molto proprio, una cantante dotata di una gran bella voce, calda e ben educata, capace anche di rappare con il flow giusto, grinta e personalità, è vero che il ruolo di giudice a Nuova Scena, il talent dedicato al rap di Netflix, ruolo condiviso con Fabri Fibra e Geolier, poteva anche essere frutto di altre dinamiche, ma lei è credibile e lo sa, lo sanno tutti. La bellezza, i capelli blu, il giocare con l’estetica orientale, beh, quello è lì as aiutare la causa. Uno però, a questo punto dice, ok, bello tutto, grazie del riassunto delle puntate precedenti, andava fatto, ma ‘sto Radio Sakura, poi, com’è? Ecco, Radio Sakura, andatevelo a sentire che fate prima, è esattamente come tutto il resto del discorso. Un album a fuoco, l’anagrafe aiuta a avere una visione non solo musicale, ma anche del proprio interiore e del proprio esteriore, inteso come mondo esterno e modo di rappresentarsi all’esterno, piuttosto preciso, ben confezionato e con dentro una giusta sostanza, e al tempo stesso un album che sarebbe potuto serenamente uscire come raccolta di singoli, perché tutte le singole tracce, nessuna esclusa, è lavorata come si lavora oggi una hit, con una cura per gli aspetti di riconoscibilità, certo, ma anche di originalità, essere riconoscibili ma senza ripetersi, con in più una serie tale di ospiti, e sempre ospiti a loro volta azzeccati, ottimi nomi, certo, ma in ottimi contesti per loro, da poter ambire a avere una lunga, lunghissima vita (non fosse che oggi si punta a far girare subito tutte le canzoni su Spotify, così da occupare poi militarmente entrambe le classifica, tutta quella dei singoli puntando anche alla vetta di quella degli album).
Avere al proprio fianco Madame, Ernia, Bresh, Thasup e Guè, per capirsi, tutti giganti e tutti giganti che primeggiano nel loro segmento di mercato, a essere laici, non è impresa che possono permettersi tutti. Anzi, forse quasi nessuno. Mettere insieme dodici canzoni che suonino così potenti e al tempo stesso così dolci e al tempo stesso così sensuali e al tempo stesso così scatenate, insomma, che suonino così, beh, è roba solo per Rose Villain coadiuvata da SixPM, mettetevi comodi e alzate il volume, oggi non ce n’è per nessun altro. Ora, per chiudere, e tanto per non passare da uno che, come quelle galline che riescono a scappare dal pollaio e poi si ritrovano a girare in tondo lì intorno, schiave senza gabbia, io intento a scrivere intorno alla musica invece che di musica, vorrei segnalare come, di queste dodici tracce, tante ce ne sono in Radio Sakura, maggiormente meritevoli di attenzione, al triplo ascolto, tanti ne sono riusciti a fare prima di scrivere, sono Brutti pensieri, introspettiva e non esattamente luminosa, la presenza di thasup assolutamente coerente col modo di cantare di Rose, lui incaricato di spingere sull’acceleratore, musicalmente, con questo gioco che quando canta lei le parole sono tante e i beat pochi, e viceversa, lo spauracchio del gesto estremo, reale o metaforico, lì in controluce. Poi Graffiti, dove a accompagnarla è quel fenomeno di Bresh, una ballad chitarristica, per come la si può concepire oggi, forse anche domani, al pari di Stan, con Ernia, dove la cassa dritta, molto 80s regge un flow spinto, meglio Rose di Ernia, un po’ troppo di mestiere. Sempre rimanendo in ambito feat, la base di Come un tuono, che vede la presenza del king Guè, notevolissima, SixPM santo subito, il Club Dogo a fare giustamente se stesso, incontro al vertice, questa estate la sentiremo un po’ ovunque. Su tutte, però, una delle migliori in assoluto della covata, Hattori Hanzo, Kill Bill non era mica una citazione casuale, con Madame a fondersi con Rose, un minimalismo pianistico a sorreggere il tutto, e due voci non è che le trovi ovunque. Un inizio folgorante, per un album di prima grandezza, “ora che so fare la guerra/ non voglio fare la guerra/ aspetterò la primavera/ e tu con me” perfetta didascalia del tutto. Ma è quando Rose si trova da sola, nei fatti, che vengono fuori le chicche migliori, e stiamo comunque parlando di un album, come dicevo, di potenziali hit. Hai mai visto piangere un cowboy?, a partire dal titolo, forse sulla scia di Beyoncé che si è dedicata al country, è un brano urban che guarda in quella direzione, brano che potrebbe stare bene al fianco alla Madonna di Don’t Tell Me, per intendersi, così come Trasparente, alla faccia della luminosità, brano oscuro che rimanda, nelle intenzioni, a Radio Gotham, notturna e introspettiva, un grido che evoca richieste d’amore, così come Io me e altri guai, già conosciuta, con Tianted Love dei Soft Cell di Marc Almond, funzionava prima, funziona ovviamente anche qui in mezzo. Huh?, invece, è un brano accelerato che richiama alla mente certe canzoni delle colleghe d’oltreoceano, il ritmo a dettare la linea, Cardi B, Megan Thee Stallion, Nicki Minaj, fatevi un attimo da parte, ci fossero anche da noi gli streap club e non solo i night. Stralunata, up tempo che subentra dopo poche battute a una intro lenta, Il mio funerale, canzone scanzonata che gioca sull’andare appunto al giorno del proprio commiato al mondo. Anche qui, come in Click Boom!, cambi di mood ogni tot, Rose Villain a andare per una linea retta non ci pensa proprio. Il top, però, ma è davvero difficile la scelta, è Milano almeno tu, canzone d’amore alla città che l’ha vista nascere e partire, direzione New York, ma che evidentemente non è mai uscita dal suo cuore. Una ballad notturna che ambirebbe a rimanere nel tempo, a fianco alle altre grandi canzoni che Milano si è meritata. Insomma, torno a girare intorno alla rete del pollaio, Radio Sakura è un album solido come il monolito di 2001 Odissea nello spazio, sfaccettato come un prisma, dove però i colori che escono, nonostante le intenzioni, vertono più spesso sul blu che sul giallo. Un gran bel disco, uso una parola vintage, che dimostra come Rose Villain sia una artista, una artista profondamente e orgogliosamente donna, brava, molto brava, e anche bella, perché no, una artista donna che merita molta attenzione, se siete tra quanti l’hanno intercettata per la prima volta con Fragole, l’estate scorsa, o con Click Boom!, a Sanremo, con tutte le debite distanze tra i due brani, qui troverete molto ma molto altro, e decisamente più dalle parti di quest’ultima che della prima. Notevole.