È uscito Sangue, il primo album di BigMama, all'anagrafe Marianna Mammone. Dopo un Sanremo in cui non ha assolutamente sfigurato, arriva il disco, presentato ieri sera su un autobus a due piani che sfrecciava per Milano. La cantante, avvolta in una commovente e sfacciata tutina di Mugler cercava di spiegare il lavoro dietro alcune delle tracce principali, catalizzando l’attenzione di tutte le donne presenti quando ha sottolineato: “Ecco, qua si parla di amore tossico”. E anche quest’anno il pezzo da dedicare all’ex stronzo l’abbiamo insomma. Non so come riuscirò a fare una critica musicale obiettiva visto che io, la penna che sta scrivendo adesso e state leggendo, è fondamentalmente una fan del capello corto biondo platino al momento più famoso del panorama musicale italiano. Alla base di tutto il disco c’è un mondo profondamente elettronico e non eccessivamente mainstream (ovviamente con un occhio ai nuovi fan che l’hanno conosciuta a Sanremo), ma in qualche modo la cantante di Avellino è riuscita come la migliore delle funambole a mantenere un equilibrio tra ciò che si aspettava il pubblico e se stessa; e grazie al cielo, perché sia come artista che come essere umano non ha la necessità di cambiare assolutamente nulla.
Per i detrattori del rap è una notizia orribile: BigMama a questo giro non si limita a rappare, ma esplora la propria imponente e versatile voce senza paura. Insomma le iene ridens del web non potranno denigrarla come fanno con tutti i rappresentanti del genere perché, a detta degli snob, “Questi mica cantano per davvero, no?” E invece la cantante ci stupisce alla grande e tra un gorgheggio e l’altro e zitta zitta quatta quatta ci commuove pure: tra le tracce che spingono, la cassa dritta che fa il suo sporco lavoro e un mood a tratti “salmesco” (ovvero, che ricorda Salmo nei suoi momenti migliori, quelli incazzati), la Marianna ci sbatte dentro anche Veleno, un brano coraggioso e toccante, solo pianoforte e voce, che quasi stona in mezzo a tutto il resto, una personalità musicale che parla una lingua diversa rispetto agli altri, scritto in ricordo del periodo in cui affrontava la chemioterapia. Una canzone che ti fa venir voglia di dire semplicemente: “Mi ha fatto piangere”. Ventitré anni passati a ragionare come si deve, a fare i passi giusti per arrivare esattamente qui, in prossimità di un Olimpo musicale nel quale la signora deve entrare, stare e perseverare.