Nei giorni scorsi gli addetti ai lavori, critici musicali, uso il plurale anche se nei fatti credo che potrei indossare anche i panni del solo possessore di questo titolo, almeno nell’ambito che andrò a descrivere, e giornalisti musicali hanno avuto modo di ascoltare i brani che concorreranno alla settantaquattresima edizione del Festival della Canzone Italiana, divisi tra Milano e Roma. Di quelle trenta canzoni, che ho sommariamente raccontato, trenta ascolti di poco più di due ore questo consentono, a voler essere seri, alcune mi hanno colpito più positivamente di altre ma una in particolare mi ha sorpreso. Per “sorpreso” intendo proprio che mi ha colto di sorpresa, spiazzato, superando le aspettative che avevo a riguardo, comunque piuttosto alte visto l’artista che ne era titolare, andando a pizzarmi nel novero dei tre brani che più ho apprezzato del gruppo (considerate che nell’insieme il giudizio che ho formulato è piuttosto positivo). Chiaramente, in quell’occasione dovevo per forza tirare giudizi sommari e non volevo essere ingeneroso senza una giusta motivazione, immagino che a Sanremo, capita sempre così, andrò polarizzando i miei gusti, attenzione, parlo sempre di gusto da critico musicale, non del mio gusto personale che nulla ha quasi mai a che spartire col Festival, quindi ci saranno canzoni che supereranno ampiamente la prova degli ascolti ripetuti, altre che crolleranno miseramente, passando dalla sufficienza all’insufficienza.
La canzone che più mi ha sorpreso è Click Boom! di Rose Villain. Una canzone d’amore, di un amore che mette in evidenza un atteggiamento solo in apparenza d’altri tempi diciamo di passività da parte della donna, che presenta però una struttura musicale che molti degli spettatori tipici del Festival identificheranno probabilmente come “strano”, una partenza da ballad, che evidenza una vocalità importante da parte di Rose Villain, seguita non a caso dal maestro Francesco Rapaccioli come vocal coach, un timbro molto bello, perfettamente in linea con il suo aspetto, cui fa però seguito un bridge assolutamente rappato, con un ritornello che più urban non si può. Una sorta di summa di quel che si può fare in musica oggi, come giustamente ha fatto notare la stessa Rose Villain durante un incontro di presentazione tenutosi al ristorante vegano Potafiori Salasco, a Milano, mica è un caso che il suo stesso nome d’arte metta insieme anime in apparenza piuttosto distanti, quasi un ossimoro, Rose e Villain. Il ristorante Potafiori Salasco, ecco. Non so per quale motivo ma ultimamente mi capita di trovarmi un po’ troppo spesso nel luogo sbagliato nel momento sbagliato o nel luogo giusto nel momento giusto, a seconda da come uno la voglia interpretare. Mi spiego, giorni fa è uscito un mio pezzo su Biagio Antonacci e il suo nuovo album L’inizio, nel pezzo racconto a più riprese, e non certo lesinando ironia, dei miei incontri con Dalia Gaberscik, titolare di Goigest, a suo tempo ufficio stampa di Biagio. Nel momento esatto in cui il pezzo è stato pubblicato io, casualmente, mi trovavo proprio nella sede di Goigest, per fare due chiacchiere coi ragazzi de Il Volo, da Dalia seguiti. Oggi. Mi trovo in un ristorante vegano, scelto personalmente da Rose Villain proprio perché anche lei è vegana, esattamente nel momento in cui è uscito un mio pezzo sulla fine di Pitchfork, pezzo in cui parlo del mio rapporto irrisolto coi vegani, toh, con certi vegani. Il fatto che in entrambi i pezzi citati si parli di cavalli morti, beh, è invece una casualità, temo, casualità che magari stride con fatto che io sia co-titolare del podcast Bestiario Pop, che proprio a Sanremo vedrà me e mia figlia Luccioola invertistare i protagonisti del Festival, è uno di quei paradossi che avrebbe mandato fuori di testa Wells.
Tornando però a Rose Villain, che dire? Si è presentata vestita in un abito da karateka bianco, scarpe basse, lei è alta assai, anche esse bianche, il tutto a creare un lieve contrasto coi capelli blu, che durante l’incontro lascerà intendere, immagino giocosamente, essere un omaggio a Loredana Bertè, la sua artista preferita tra quelli in gara (anche se ha detto che a averle rapito il cuore, tanti amici a parte, è stata Fiorella Mannoia), gentilissima con tutti i presenti, attenta a salutare tutti. Dico questo perché la nuova generazione di artisti sembra piuttosto disinteressata a tenere rapporti coi media, ne parlavo appunto nel pezzo su Pitchfork, e chi invece si dimostra sensibile in tal senso appare, siamo sempre lì, quasi strano. Rose Villain che rientra nel novero degli emergenti, almeno sul fronte sanremese, in realtà ha già all’attivo un album, Radio Gotham, cui l’8 marzo farà seguito Radio Sakura, ha appunto annunciato, e un fottio di collaborazioni di prestigio, ultima Fragole con Achille Lauro, canzone che molto ha dovuto proprio al suo seguito numeroso sulle piattaforme di streaming, ma abbia in realtà trentatré anni potrebbe aiutarci a decifrare proprio questa anomalia, ma non vorrei passare neanche per una Jodie Foster che blasta la Gen Z (nel suo caso per altro Gen Y o Millennials che dir si voglia), Dio me ne scampi. Rose Villain è una artista di grande talento, questo va messo subito sul tavolo, una con una personalità definita, che da sempre collabora con SixPM, che poi è anche il suo compagno di vita, da nove anni, e che negli anni ha costruito un suono credibile intorno alla sua voce, perennemente in bilico tra pop e urban/rap, appunto. Rose, quindi, e Villain al tempo stesso, talmente tanto sicura delle proprie potenzialità, a ragione, da decidere di affrontare per la prima volta, per la prima volta in gara, l’anno scorso era lì a fare compagnia a Rosa Chemical, nella serata dei duetti, con una canzone che tiene insieme dolcezza e cazzimma, melodia e parola, tradizione e contemporaneità, provateci voi a lanciare una sfida del genere a un pubblico come quello del Festival. Una canzone, poi, che non si nasconde dietro un dito neanche per le questioni tematiche, lei che è così attenta al femminile da decidere di presentare il suo secondo lavoro, ci ha raccontato più propenso a raccontare i lati chiari del suo carattere e della sua vita, tanto quanto in Radio Gotham c’era la cupezza e la frustrazione, la sakura è la fioritura dei ciliegi, un momento fugace di bellezza da cogliere al volo, lei che è così attenta al femminile, dicevo, da decidere di presentare il suo secondo lavoro sì vicino al periodo della sakura, la primavera, ma nel giorno in cui si celebra la donna, l’8 marzo, ecco, lei decide di mettere in musica la possibilità che una donna decida di avere un rapporto sentimentale che non la veda necessariamente al pari del proprio partner, passiva consapevolmente. Semplificare è sempre superficiale, sembra voler dire, e la vita è molto più complessa di come in superficie non possa apparire. Lei, però, che nel parlare della scarsa presenza delle donne nel mondo della musica, e anche nel mondo del lavoro in generale, situazione, almeno rispetto alla musica, tutta italiana, rivendica la cazzimma delle sue colleghe in gara, come di quelle che anche fuori dal Festival si stanno facendo valere in classifica, indicando il mercato americano, lei ha vissuto a lungo negli USA, e ci torna spesso con piacere, come modello vincente, il mercato lì è letteralmente in mano alle donne, pensiamo solo al nome di Taylor Swift, lei ha giustamente parlato di enpowerment, sottolineando come le donne in Italia oggi si siano non solo riappropriate del mercato, piano piano, ma anche del proprio corpo e della propria sessualità, vivaddio, twerkando, ballando, mostrandolo, lasciandomi letteralmente a bocca aperta.
Sono anni che vado dicendo che sarebbe il caso che questo accadesse, per altro citando esattamente le stesse artiste che oggi Rose Villain ha citato a mo di esempio di questa riconquista della propria sessualità, Nicki Minaj, Cardi B, Beyoncé, io ci aggiungo, in genere, anche Lady Gaga, Janelle Monae e Megan Thee Stallion, ma va più che bene così. Non saprei neanche dire se queste sono affermazioni più da Rose o da Villain, ma resta che sentirle finalmente pronunciare, in epoche in cui Gino Paoli parla di artiste che mostrano il culo per far successo, riempie veramente il cuore di speranza. Al punto che, forse presagendo il mio pezzo su Pitchfork, o avendo letto, dubito, quello su Biagio, Rose Villain, quando a fine presentazione le sono andato a fare i complimenti per questo suo dire, rilanciando a Sanremo il momento in cui ne avremmo parlato più compiutamente, al mio dire: “A Sanremo parleremo di corpi”. Lei ha risposto “Di corpi morti?”, un cavallo, annegato o ucciso da un cowboy mi si è materializzato nella mente, non esattamente un bello spettacolo. Bello spettacolo che è invece quello che Rose Villain, metaforizzo, offre oggi come oggi, una artista risolta, con una personalità nitidamente riconoscibile, pur nella commistione di genere che ha deciso di portare avanti, dolce e cazzuta al tempo stesso. E soprattutto con una canzone che non può non colpire l’attenzione, i miei sedicenti colleghi che l’anno bollata per quel suo usare un gergo ai loro occhi non comprensibile, forse, dovrebbero dedicarsi a altro, lo dico senza paura di metterci la faccia (del resto a due posti da me c’era Andrea Laffranchi del Corriere della Sera, di cui ho parlato nel pezzo sugli ascolti di Sanremo, io la faccio ce la metto sempre e comunque), una delle tre che più ho apprezzato tra le trenta in gara. Le altre due, per la cronaca, sono quelle di Negramaro e Angelina Mango. Amo Rose Villain, attenzione, uso non a caso il suo nome d’arte, sia mai che qualcuno fraintenda, e amo la sua musica, adoro la canzone che presenterà sul palco dell’Ariston il 6 febbraio prossimo, sia messo agli atti. Eh, già, direi che l’incontro di oggi mi ha dato abbastanza indicazioni per stabilire da che parte alla fine della settimana del Festival Rose Villain andrà a stare, in quella giusta. Se dovessimo pensare al Festival come a una lavagna su cui un maestro un po’ all’antica ha scritto Buoni da una parte, Cattivi dall’altra, Rose Villain starà ovviamente dalla parte dei cattivi, in nomen omen, cioè dalla mia, mica è un caso che l’ho anche messa nella squadra del FantaSanremo che porta il nome del Bestiario Pop. Viva Rose Villain e la sua Click Boom!, viva Radio Sakura, l’arte passa anche dai contrasti, quelli tra ballad e rap, quelli tra dolcezza e cazzimma, quelli tra Rose e Villain.