Chi aveva dato Vittorio Sgarbi per spacciato dovrà aspettare ancora. Perché il critico d'arte ha già dimostrato che, anche quando cade, è capace di rialzarsi con una forza straordinaria e sorretto da una cultura fuori dal comune. Dopo un periodo in cui ha mostrato qualche crepa a causa di una brutta depressione – roba rara per uno che ha eretto un tempio del proprio culto – il critico d’arte più temuto d'Italia riparte da casa, o quasi: la Milanesiana. Festival multiforme diretto da sua sorella Elisabetta, dove filosofia e concerti, mostre e deliri, si tengono per mano come in una poesia post-moderna. Il titolo 2025 è Intelligenza Anima del mondo e virtù. Roba che neanche l'AI avrebbe potuto pensare. Ma tant’è. Sgarbi ci mette la faccia, la voce e pure le mani.

Il 30 giugno è a Bergamo, per la mostra di Giuseppe Biagi. Pittura che parte dal reale e poi prende un volo tutto suo. Il 4 luglio, doppietta: prima l’omaggio a Maurizio Bottoni, “l’artista della natura viva”, quello che ti fa venire voglia di parlare con gli asparagi. Poi, la sera, al Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, la sua lezione-show sulla Natività, con Bahrami al piano e Schumann in sottofondo. Quando Sgarbi si mette a predicare, puoi solo sederti e ascoltare – o scappare, se non reggi. Il 10 luglio spunta a Ravenna con un’altra bomba: Arte e Fascismo. Il solito gesto impossibile, in bilico tra cultura e provocazione, per raccontare gli artisti del Ventennio senza farsi travolgere dal fango della storia. A seguire, Extraliscio: dal Duce al liscio il passo è breve, ma solo se sei Sgarbi. Gran finale a Bormio il 25 luglio: dialoghi montanari con Bugno e Cunego, un doc sul Parco dello Stelvio, e lui che parla de La montagna nell’arte. A chiudere, i Modena City Ramblers. Perché dove c’è Sgarbi, c’è sempre un tourbillon difficile da etichettare.
