Mentre tastiamo il polso debole del cinema con la guerra dei Delon che si svolge tra la Francia e la Svizzera, l’Italia e il mondo salutano Sandra Milo, meravigliosa dea dell’amore del grande schermo, che ha sempre mantenuto quel sorriso sincero e quello sguardo di sbieco che ricorderemo per sempre nel finale di 8 ½. Relegata a immagine spesso dispregiative come ‘l’amante di Fellini’ o ‘la maggiorata del cinema’, non fu solo il regista di Amarcord a rendersi conto del potenziale di Sandrocchia - come era solito nominarla affettuosamente - ma anche altre stelle della nostra - e non solo - storia del cinema come Luigi Zampa, Roberto Rossellini, Dino Risi, Sergio Corbucci, Luciano Salce, Claude Sautet (pregevole la di lei interpretazione ne L’asfalto che scotta) e, tra i tanti, Antonio Pietrangeli che la diresse nel film La visita, anticipando di decenni, due solitudini che si cercano tramite i media (in questo caso un annuncio pubblicitario). Credo che sia stato proprio Pietrangeli (recuperatevi la lunghissima filmografia della Milo) a sfruttare al meglio le doti attoriali di Sandra (come nel film Fantasmi a Roma) che veniva malgiudicata, per troppe cose, fra cui anche quella di essersi sposata con un produttore (vien da dire e allora Sophia Loren?).
Sandra Milo ha donato all’Italia quella sessualità innocente, quasi bambina, che gli Stati Uniti avevano conosciuto con Marilyn Monroe. Era sensuale perché non aveva, almeno all’inizio, piena coscienza di ciò che il suo corpo provocava nel pubblico, nei colleghi e nei registi che la ridussero a una dimensione sola. Lo stesso destino di Marilyn, la stessa tragedia di Rita Hayworth (almeno a livello professionale), pagò per la sua bellezza l’insuccesso di Rossellini dopo il film Vanina Vanini. Allora, la gente preferì incolpare le sue capacità recitative e non il maestro Rossellini. Perse la possibilità di recitare in Io la conoscevo bene (ruolo andato a Stefania Sandrelli) e negli anni, benché fosse sposata al produttore Moris Erga, rifiutò una serie di parti e particine che facevano ancora leva sul suo corpo, e la sessualità che trasudava.
All’anagrafe Salvatrice Elena Greco, nata a Tunisi nel 1933, a soli 15 anni si sposa col marchese Rodighiero; poco dopo ha un aborto, poi debutta al cinema sempre con Antonio Pietrangeli al fianco di Alberto Sordi nel film Lo scapolo, entrando in poco tempo nel gotha delle grandi, insieme a Claudia Cardinale, Monica Vitta e Sophia Loren. Diciassette anni d’amore con Federico Fellini, dove a fare da tramite e da cupido, tra questi due bambini del cinema, fu Ennio Flaiano. Paradossalmente Fellini la diresse in soli due film: saltò il ruolo di Gradisca per motivi personali, e dunque, oltre il già citato 8 ½, l’altro film fu Giulietta degli spiriti. Fino agli 89 anni si è prestata per Sky nel programma Quelle Brave ragazze con Orietta Berti e Mara Maionchi, ma fu solo una parentesi ludica, l’ultima luminosa scia di una donna che tra i tanti alti e i troppi bassi ha vissuto la vita come una festa. Come Marcello Mastroianni quando nel finale, e si ritorna sempre lì, di 8 ½ dice: “La vita è una festa viviamola insieme”. Sandra, Sandrocchia, Salvatrice ha sempre tenuto fede a quella magnifica battuta. Amava le persone, forse quanto e più di Fellini, conservava le interviste con tutti ed era spinta da quel raro e umano dono di voler conoscere realmente la gente: forse pochi sanno, che fra le altre cose era anche attivissima nei commenti su Instagram, in diretto contatto con la gente, appunto. Norma Desmond (Gloria Swanson) in Viale del Tramonto disse: “The stars are ageless, aren’t they?” E così è, senza età, pure Sandra Milo.