Tutti stanno parlando di Marta Donà, titolare dell’agenzia di management La Tarma, oltre che de La Tarma Records. Tutti ne stanno parlando, spesso a sproposito, perché è la manager di Olly, vincitore della 75esima edizione del Festival della Canzone Italiana, con la canzone Balorda nostalgia. Ma era anche la manager di Angelina Mango, vincitrice l’anno scorso con La Noia, di Marco Mengoni, vincitore nel 2023 con Due vite, dei Maneskin, vincitori nel 2021 con Zitti e buoni, vittoria poi replicata a Eurovision, di lì a breve le loro strade si sono divise, e anche di Marco Mengoni quando ha vinto nel 2013 con L’essenziale. In pratica Marta Donà ha vinto, come manager, cinque Festival negli ultimi tredici anni, ma soprattutto ne ha vinti quattro negli ultimi cinque anni. Tanta tanta roba, che ovviamente, in epoca di complotti, ha fatto andare in iperglicemia un po’ tutti. Vai di “è tutto un magna magna”. Vai di “è tutto truccato”. Credo sia il caso di provare a fare una analisi seria. E tanto per mettere subito le cose in chiaro, e aggiungere altri dettagli utili, Marta Donà è anche la manager di Francesca Michielin, in gara a questo Festival, ma piazzatasi con un poco edificante ventunesimo posto, ma anche di Alessandro Cattelan, conduttore del DopoFestival e co-conduttore della serata finale insieme a Alessia Marcuzzi, e ovviamente Carlo Conti. Ecco, proprio Francesca Michielin, e in parte anche Marco Mengoni, sono alla base di una faccenda che mi riguarda personalmente, e la racconto solo perché, in epoca di complotti e stando a quanto andrò a scrivere, non vorrei che qualcuno pensasse che io sia di parte. Non sono uno dei “Pool Guys”, io, neanche degli “Amici a quattro zampe”, per citare due categorie spesso ricorrenti nel mio immaginario quando parlo dei colleghi della Sala Stampa, quindi prendete le mie parole come le parole precise che penso, senza secondi fini. Poco prima dell’inizio del Festival una persona a me cara nello staff del DopoFestival mi aveva detto che sarei sicuramente stato invitato, per l’esperienza fatta ai tempi di quelli di Nicola Savino e della Gialappa’s, unica presenza fissa della cosiddetta “carta stampata”, che poi sarebbe il Web, insieme a Valerio Palmieri di Chi e Ildo Damiano di Grazia. Poi, però, qualcun altro dello staff, mi ha avvisato che qualcosa è andato storto, perché, riporto quanto mi è stato detto da fonte interna, appunto, Marta Donà ha espressamente chiesto di non avermi tra le scatole, considerato troppo cattivo, e comunque quasi un doppione, suppongo si parli di mood e non certo di follower e popolarità, di Selvaggia Lucarelli. Quindi bye bye DopoFestival. Sempre per la cronaca, e poi passo al dunque, il DopoFestival prevede ospitate gratuite, quindi fosse vero quanto mi hanno stato riferito nessuno ha in qualche modo danneggiato il mio conto in banca, e stando anche all’anagrafe, mia, e ai ritmi sanremesi, la cosa non mi è piovuta addosso come una tegola, ma quasi come un sollievo, perché non ho fatto le quattro di notte per qualcosa che comunque, lo dico non per flexare, non mi è al momento così necessario (come invece indubbiamente mi è stato allora, perché ero da poco tornato a fare questo mestiere e la visibilità ricevuta è stata utilissima).
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Marta Donà. I tanti che gridano al complotto parlano di lei come della nipote di Celentano. Lo dicono con malizia, come se essere la nipote di Celentano, nel 2025, avesse un peso specifico importantissimo. Marta Donà è tecnicamente la nipote di Claudia Mori, quindi anche di Adriano Celentano, è vero, ma credo che se questo la avrà in qualche modo agevolato a inizio carriera, ma magari neanche lì, perché avrà avuto forse un accesso più veloce a certi contatti, è ormai da tempo che credo non le sia d’altro che di peso (parlo del concetto “la nipote di Adriano Celentano”, per il resto credo che uno zio è uno zio, e se la gestirà come tutti gestiamo i rapporti familiari). Marta Donà è una professionista che opera da una vita, la sua, nella discografia. Entrata in Sony, quindi contigua a X Factor, la major era un tempo partner discografico oltre che titolare del marchio in Italia del talent di Sky, si è da molti anni staccata, prendendo prima in gestione Mengoni, poi la Michielin, quindi i Maneskin, tutti passati di lì, ma anche altri talent, quali Dikele di Esse, o Alessandro Cattelan, che a X Factor ha a lungo lavorato come presentatore, e che dopo il veloce passaggio di Tersigni, è poi stato sostituito da un’altra sua assistita, la Michielin. Nel tempo il suo roster si è arricchito di nomi, includendo anche la Mango, passata però da Amici, e anche recentemente Olly, fresco vincitore del Festival. Intuire chi avrà successo, credo, non è tanto una colpa, quanto un merito. Saper su quali cavalli puntare, e una volta puntato, lavorare perché quei cavalli vincano, non parlo certo solo del Festival di Sanremo, parlo di carriere, di progettualità, è un merito assoluto, da imprenditrice. Poi, diciamolo altrettanto apertamente, essere potente, nel senso di avere una agenzia che ha nomi forti, aiuta. Olly è esploso questa estate con una canzone che lo vedeva duettare con Angelina Mango, fresca vincitrice dello scorso Sanremo. Ha influito nel far crescere il suo nome? Indubbiamente. È frutto di pura arte o di una strategia di squadra? Più della seconda che della prima, a occhio, ma chi lavora in un contesto che è comunque una industria, quella discografica, non può certo puntare all’ispirazione sempre e comunque, ovvio che si lavora di strategia. Anche Mengoni, del resto, duetta con Angelina Mango nel suo album, e pure lì immagino ci sia stata dietro una strategia. A volerla dire tutta, la classifica del Festival presentava sul podio tre artisti, Olly, primo, Lucio Corsi, vera sorpresa di quest’anno, secondo, e Brunori SaS terzo. Ecco, tolto Olly, Corsi e Brunori sono gestiti dal medesimo team, quello di Matteo Zanobini, e proprio l’etichetta che Zanobini e Brunori hanno avuto insieme per anni, Picicca, è quella che ha lanciato ai tempi il cantautore di Volevo essere un duro. Qualcuno parlasse di complotto, converrete, sarebbe da ridergli in faccia. Si parla di lavoro di anni che arriva in una ribalta importante, meriti, non magna magna. Lo stesso, credo, va detto della Donà, che poi è anche un raro esempio di donna dominante oggi in una discografia che vede solo uomini a capo delle major, solo uomini nel board della Fimi, presieduto da un uomo, ben venga che una donna abbia vinto come manager il Festival condotto da un uomo e diretto artisticamente dal medesimo uomo, come uomini era i settantaquattro direttori artistici precedenti. Una donna potente fa paura, di suo, forse perché talmente rara da passare per quel qualcosa di diverso che non sappiamo decifrare.
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Certo, a dirla così sarebbe quasi un inchino, ma va anche detto che essere una donna di potere, volendo concentrarci sul potere più che sul genere di appartenenza, comporta avere delle agevolazioni che chi potente non è non ha, uomo o donna che sia. Per dire, fatta eccezione per la serata dei duetti, dove comunque la gara del Festival era sospesa, Olly, entrato a Sanremo Papa in condivisione del soglio pontificio con Giorgia, e uscito da Sanremo Papa solitario, Giorgia come tutte le altre donne in gara esclusa dai primi cinque posti, si è esibito nella soglia considerata con maggior attenzione da parte del pubblico, quella centrale (tra le 22:30 e le 23:30). Mettiamoci pure che essere donna potente agevola non poco nei rapporti coi fantomatici omini di Spotify, quelli che lavorano di playlist, e che gestiscono quindi quel 33% di ascolti indotti cui tutti gli utenti della piattaforma di Daniel Ek fanno quotidianamente, e solo Dio e Daniel Ek sanno quanto questi ascolti influiscano, prima e dopo Sanremo, sul far diventare un nome virale e ascoltato, Olly un anno fa non era lo stesso Olly entrato al Festival. La presenza di Cattelan al DopoFestival come a cocondurre la serata finale, più che un conflitto di interessi, e in parte indubbiamente lo è, lo dice chi ha sganciato per primo la bomba su Baglioni e Salzano ai tempi, direttore artistico e manager/promoter non solo di Baglioni, ma di parte del cast del Festival 2019, poi esplosa definitivamente grazie a Dagospia e Striscia la Notizia, quindi qualche piccola cortesia immagino le sarà arrivata, come appunto piazzare il proprio artista al posto giusto, parlo di scalette. Del resto lo ha in qualche modo detto, non proprio con grazia, Francesco Facchinetti riguardo al caso Kekko dei Modà e le sue costole rotte, ci sono stati artisti tutelati, altri meno. E se si pensa che la medesima etichetta dei Modà, la Warner, sembrava più interessata a difendere l’onore della collana Tiffany di Tony Effe, povera anima, impossibilitato di fare product placement occulto al brand che lo ha omaggiato di quel gioiello, che di chi era in gara con loro ma malconcio, si può ben capire come certe manovre siano all’ordine del giorno, così come certe priorità siano da stigmatizzare veementemente. Quindi, ecco, Marta Donà è una donna di potere, una imprenditrice che negli anni ha avuto tante soddisfazioni, e lo è perché indubbiamente sa fare il suo lavoro, scegliere gli artisti giusti, Francesca Michielin esclusa, verrebbe da dire, e per questo saper suo scegliere gli artisti giusti ha raggiunto quei risultati che l’anno posto in un ruolo di potere grazie al quale quei risultati li raggiunge con ancora maggiore facilità. Non per qualcosa di occulto e di sporco, ma perché stare lì in alto ti agevola nel continuare a starci, è lo stato naturale delle cose. Anche il dire di Olly che non sa se parteciperà al prossimo Eurovision, come la vittoria di Sanremo prevederebbe è parte di quel saper lavorare di cui si diceva prima, a dirla tutta, perché è sempre di Marta Donà, senza manco saperlo, che si parlava tanto nelle settimane e mesi scorsi quando si diceva che Angelina Mango si è dovuta fermare perché era stata spremuta troppo, quindi tanta saggezza da parte di Olly è indubbiamente una strategia manageriale sia atta a tutelare un proprio giovane artista, lui e Angelina sono coetanei, sia un qualche body washing (non ho idea di come si chiami qualcosa fatto per mettere una pezza su qualcosa che si è fatto e ha causato un danno fisico a qualcuno, Angelina nello specifico). Una strategia che è però anche un’altra vittoria. Mi chiedo, e me lo chiedo, come direbbe Brunori SaS nella sua a ghigliottina da maschio etero bianco, se a Marta Donà avrebbero rotto tutti l’utero, cit. di Gaia, se invece di Marta si fosse chiamata Mario, perché è indubbio che una donna di potere fa molta paura, e forse crea anche molto fastidio. Volendo mi chiedo anche se avrebbe avuto tutto questo risalto se non avesse avuto per zia Claudia Mori, come se avere un parente famoso e a suo modo influente possa avere un’ombra così lunga da consentire così tanti successi protratti nel tempo. Ovviamente non ho risposte a riguardo, e continuo a fare il tifo per chi arriva a certi successi senza usufruire comunque di nessuna agevolazione, vedi appunto Matteo Zanobini e la sua squadra di lavoro. Riconoscere però che chi ha fatto un ottimo lavoro negli anni ha fatto un ottimo lavoro credo sia doveroso, anche quando ti lancia una fatwa. Oltre che non essere stato invitato al DopoFestival, non mi è stato concesso di intervistare né Francesca Michielin che Olly, vedi tu i casi del destino, la prossima volta che ci incontreremo sarà mia premura presentarmi con un patch sull’occhio destro come Salman Rushdie, chissà se essere al potere influisce anche sul senso dell’umorismo.
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