Citerò Ivano Fossati, uno dei più grandi se non il più grande cantautore italiano vivente. (Chi sa perché Fossati non fa più il cantautore di lavoro da quasi vent’anni nella sua vita? Perché ha ritenuto di allontanarsi dall’industria dello canzone, dalla discografia italiana, indignato e stufo di esserlo, non per la musica, non per il pubblico, ma per la gestione di questo settore, le modalità di amministrazione, disperatamente avvilito dalle persone che nonostante l’inadeguatezza conclamata ne stabiliscono le sorti, causandone la regressione, lo svuotamento). Una canzone che si trova in Macramè, disco di Fossati tra gli ultimi suoi, cioè un capolavoro consegnato ad una società che lo vive nella totale indifferenza, che non si accorge della sua bellezza, non lo considera in pratica, non ne è in grado, non ci arriva. Insomma in una canzone tra le tante sconosciute perle ci sono le parole che penso siano perfette per fare una riflessione contestuale su questo problema del Festival di Sanremo: “non essere visti e non vedere”. Che qui ora va girata in “essere visti e non vedere”. Questo Sanremo è ossessione di essere visti, non è stupore e piacere di essere visti perché è “stratagemma” per essere visti, come se la gente fosse da costringere a guardare qualcosa che guarderebbe lo stesso, anche se sul palco non ci fossero deliranti forzature che poi alla fin fine stringi stringi pane pane vino al vino son robe noiose che lasciano il tempo che trovano, perché ovviamente essendo bolle di sapone e scenette senza consistenza si mettono tra i rifiuti, non si conservano.
Non tutto però è stato privo di contenuto, ovviamente ad esempio Benigni ha detto cose che hanno senso, ridendo, ma non è che ridere annulli il significato. E cosa ha detto? Beh ha giustamente parlato con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e gli ha dato un argomento bellissimo che anche io negli ultimi tempi affronto volentieri e trovo interessante cioè la Costituzione italiana perché sembra proprio ultimamente non freghi nulla a nessuno di ciò che c’è scritto, e in pratica vedere questa cosa dovrebbe far accorgere che c’è un problema, anzi tanti, e per citarne uno adatto alla serata Benigni ha cercato di spiegare che se si prendesse veramente in considerazione la Costituzione italiana non ci dovrebbe più stare Amadeus a fare quello che sta facendo violando il diritto degli altri a competere cioè che in una posizione di incarico pubblico non si può essere dittatori perché la Costituzione parla di democrazia e rifiuta l’idea che ci sia un governo che si impone per anni. Ma questo lo vede Benigni perché è libero di dire quel che pensa e non ha paura di essere punito, lo dico io che sono altrettanto libero e non ho paura ma punito, e poi non dice niente nessun altro, manco Mattarella, che ride, ma si guarda bene dal dire l’indomani: Benigni ha ragione, è anticostituzionale una dittatura artistica di un concorso di Stato come Sanremo. Lo vediamo e forse lo vedono tutti, ma c’è omertà e quindi è far finta di non vedere. Essere visti e non vedere.
Una cosa tecnica che posso far vedere e vedo che non ha visto nessuno è a proposito della Florimachia rappresentata, cioè la guerra ai fiori, che a quanto pare ha ottenuto il risultato di fare notizia, ma anche quella in modo davvero involuto, perché pur di farsi vedere non si vede più niente. Come si fa ad essere così immaturi da proporre una scena di distruzione al popolo senza fornire strumenti per dare il significato a quella rappresentazione? Nell’arte l’elemento di distruzione mica è messo lì a casaccio, è qualcosa che viene mostrato perché possa dare un senso edificante al messaggio, ma scherziamo? Ma non si può far mica andare in onda la violenza fine a se stessa, non è morale, non vuol dire niente, è vera irresponsabilità. Quella brutta scena era esteticamente una specie di videoclip, un videoclip vuotino, senza una vera idea ma pur sempre un videoclip, intendo dire che era pulita, tutta perfettina, con le inquadrature giuste, i fiori nella posizione giusta, facilmente distruggibili, che alla fine dovessero dare il quadro dall’alto con tutti i fiori sul palco, ma una zona precisa del palco, un’area delimitata in cui avvenisse quella scena in modo controllabile e secondo copione. Nel copione c’era anche l’idea di far finta che non fosse a copione. Quel che ho notato però io e che sembra a nessuno importasse è che il pezzo di Blanco fosse davvero bello, cioè non so come canzone in sé ma certo come produzione della sonorità era una vera figata, modernissima, estremamente diversa da tutto il carrozzone degli arrangiamenti triti e finto commoventi del banale italico, ma purtroppo quel pezzo è stato calpestato come i fiorellini finti del finto fuori-copione, ed è qui che il non vedere il valore di una cosa che ne ha, come la canzone di Blanco, è un vero peccato. È tutto pur di farsi vedere, per poter dire: “ci hanno visti milioni di miliardi di miliardi di persone e l’anno prossimo e i prossimi cento festival li dirigeremo ancora noi”, si fa a pezzi la canzone, si tralascia una delle cose più dignitose ascoltate ieri sera nella violenza di una sciocca idea mediocre, ma chi vede questo? Io lo vedo, ma tutti o non vedono o fanno finta di non vedere che pur di essere visti si fa vedere ciò che non andrebbe visto. Essere visti e non vedere.