Prova prova sa sa. Mancano meno di 100 giorni al Festival di Sanremo. La settimana santa che dovrebbe eccitare tutti i media italiani, a sentire il suggestionabile Nanni Moretti. D'altra parte, qualcuno che si trastulla e se la mena lo trovi sempre. Anzi cominciano già da adesso, si salvi chi può, e specie dai critici via web. Son dolori. Quelli che si sentono proprio con l'annuncio dei primi 8 finalisti di Sanremo Giovani, a cui si aggiungeranno i 4 di Area Sanremo. Nomi diffusi in pompa magna dal buon Amadeus e che hanno fatto presto il giro del web, finendo per sollevare qualche dubbio più che lecito sulla modalità di partecipazione all'iniziale fase della rassegna. Sempre lo stesso dubbio, a dire il vero: è veramente aperto a tutti? Ma andiamo con ordine.
Nel veder sfilare gli 8 nomi salta subito all'occhio che tutti sono sostenuti da una major. Eccoli di seguito: gIANMARIA con Sony Music Italy; Giuse The Lizia con Maciste Dischi; Maninni con Sony Music Italy; Mida con Believe Digital; OLLY con Sony Music Italy; Sethu con Carosello; Shari con Sony Music Italy; Will con Universal Music Italia.
Una questione che, se permettete, solleva una onorevolissima riflessione: di fronte ai 1263 iscritti di partenza (alla fine ne resteranno solamente tre), possibile che gli emergenti supportati da ancor più piccole etichette o meglio ancora autoprodotti fossero tutti così indecenti? A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca. Facciamo un semplice ragionamento, che esula da complottismi di ogni genere, non ci interessano.
Un emergente è per antonomasia un artista che sta cercando di emergere, lo dice la parola stessa, e quindi poco c'entra coi volti già noti provenienti da talent (da XFactor ad Amici, vedi gIANMARIA e Will) o con chi ha già collezionato dischi di platino e d'oro, oppure opening di prestigio (Will e Mida) e feat di rilievo (come Shari). Per la stessa ragione non è comprensibile collocare sullo stesso piano - regolamento alla mano - chi è prodotto da una major e chi si autoproduce. O che magari, se vogliamo dirla tutta, finisce nelle mani di pseudo etichette che lucrano sul Festival e promettono, a suon di onerosi cachet, di respirare la polvere dell'Ariston (diffidate sempre).
Ma Sanremo costa, non scopriamo l'acqua calda. Come da studio del 2019 firmato dal Sole24ore in cui emerge che portare in gara un artista comporta una spesa che si avvicina ai 100 mila euro. Già, perché al Festival bisogna arrivare con un disco pronto, uno o due videoclip, un ufficio stampa efficiente per far fruttare al meglio la settimana di esposizione mediatica e non solo... Bisogna poi pagare il direttore d’orchestra, i musicisti, gli arrangiamenti orchestrali, i salati hotel della riviera per tutto lo staff. Certo, la Rai sostiene ciascun partecipante con un contributo di 48mila euro, ma non copre nemmeno la metà delle spese. Stai a vedere che le major ti risolvono un problema.
Per questo spingiamo la nostra amarissima proposta, ossia di eliminare del tutto il concorso pubblico Sanremo Giovani e Area Sanremo, e procedere alla selezione alla stregua dei big, tanto dietro c'è sempre una etichetta che ha già fatto per il Festival la selezione. Almeno mettiamo uno stop alle false illusioni, visto che Sanremo non è un sogno per tutti...