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Sanremo, ma come sono cambiate le canzoni del Festival nel tempo? E come suonano nel 2025? l’esperto compositore e chitarrista

  • di Teo De Bonis Teo De Bonis

10 febbraio 2025

Sanremo, ma come sono cambiate le canzoni del Festival nel tempo? E come suonano nel 2025? l’esperto compositore e chitarrista
Il Festival di Sanremo, soprattutto nelle edizioni più riuscite, è stato eterogeneo e ha accolto una grande varietà di brani e artisti che rappresentano i diversi generi musicali. Ma come sono cambiati i brani nel tempo? E come suonano le canzoni 2025? Lo abbiamo chiesto al compositore, chitarrista e produttore Teo De Bonis…

di Teo De Bonis Teo De Bonis

“Questo è proprio un pezzo da Sanremo!”: ma cosa significa davvero? Un’espressione che tutti abbiamo sentito almeno una volta. Cosa definisce una canzone “sanremese”? Il Festival di Sanremo ha sempre avuto un rapporto ambivalente con il panorama musicale italiano: ci sono state edizioni in cui ha saputo rappresentare al meglio le tendenze del momento e altre in cui è apparso come un mondo a sé, legato al passato e meno attento alle nuove sonorità. Certo è che, nel corso delle epoche, consapevole dei limiti delle cristallizzazioni, alcuni stilemi si sono codificati e continuano a ripresentarsi. Nel mio immaginario, il brano da Festival è una ballad, caratterizzata da un ritornello di grande impatto con cellule melodiche “ampie”, almeno nel primo inciso, tali da garantire un’estrema cantabilità e orecchiabilità. L’arrangiamento è tradizionale, con strumenti acustici e una forte presenza dell’orchestra, elemento distintivo della kermesse. Quasi sempre, il tema centrale è l’amore, e la struttura segue un crescendo emotivo: una partenza delicata, spesso affidata al pianoforte, che gradualmente si trasforma in un’esplosione sonora nel ritornello.

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Blanco Mahmood Sanremo
Blanco e Mahmood, vincitori di Sanremo 2022

Mi vengono in mente brani di epoche diverse come Perdere l’amore, Almeno tu nell’universo, E poi, La notte, L’essenziale, Fai rumore, Dieci, Brividi e Due vite: tutti caratterizzati da un’introduzione al pianoforte, ritornelli estremamente melodici e un uso importante dell’orchestra. Inevitabilmente, ogni pezzo presentato a Sanremo si confronta con questi stilemi. Certo, il Festival, soprattutto nelle edizioni più riuscite, è eterogeneo e accoglie una grande varietà di brani e artisti che rappresentano i nuovi generi musicali. Quando Sanremo riesce a sintonizzarsi con le novità del panorama musicale nazionale, anche la classica “canzone sanremese” evolve e si rinnova. Negli ultimi anni, questo cambiamento è diventato sempre più evidente: le melodie si fanno più fitte, soprattutto nelle strofe e nei bridge, assorbendo il flow mutuato dai generi che stanno dominando la scena musicale attuale. Gli arrangiamenti diventano sempre più elettronici – si pensi a Sanremo 2024. Tuttavia, elementi tipici della tradizione, come il ritornello iper cantabile, il pianoforte e l'orchestra, restano centrali. Un’evoluzione graduale ed evidente in brani come Fai rumore di Diodato (2020), Dieci di Annalisa (2021), Brividi di Blanco e Mahmood (2022) e Due vite di Marco Mengoni (2023). Tuttavia, è vero anche il contrario: gli artisti che rappresentano i nuovi generi musicali devono inevitabilmente confrontarsi con l’identità sanremese. Sta poi ai compositori, ai produttori e agli autori decidere quanto di questa tradizione inserire nei loro pezzi, se citare o meno questi elementi o se tentare una completa rottura con la kermesse. Questa rottura a volte porta al podio, altre volte all’ultimo posto, per poi magari trovare una consacrazione storica nel tempo. Sanremo, insomma, impone sempre una riflessione su quale direzione prendere e quali scelte fare a livello melodico, testuale e di produzione, in relazione all’identità dell’artista, ai tempi e alla kermesse stessa. Domani inizia Sanremo 2025, siamo tutti curiosi di sapere come suonerà.

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