Ok, ma che davvero Marco Masini cambierà le parole di Bella Stronza a Sanremo? Ultimamente i titoli di MOW piacciono più o meno così, solo che questa volta non è un titolo e nemmeno una domanda. Sono palle (testicoli, ndr) che cascano. Non si può dire? Non fa niente, avevo giurato proprio agli albori di MOW che non avrei mai più scritto un articolo politicamente corretto, prendendomi pure un goduriosissimo mare di insulti sui social. Però le cose non sono migliorate: viviamo in tempi oscuri, dove la cultura così detta woke e il politicamente corretto hanno issato – eretto, mi piace di più - la bandiera dell'ipocrisia, soffocando ogni dissenso sotto la sua cappa asfissiante. E, quella sì, vagamente fascista. Non è una reale battaglia per la giustizia sociale, ma un assalto contro la libertà di pensiero e d’espressione, una marcia forzata verso un conformismo che annienta l'individualità. Caro Marco Masini, ti prego, non farlo: sfida l'ortodossia di questo tempo e lascia così quella canzone. “Mi verrebbe da strapparti quei vestiti da puttana e tenerti a gambe aperte finchè viene domattina, ma di questo nostro amore così tenero e pulito non mi resterebbe altro che un lunghissimo minuto di violenza”. Lasciala così perché è autentica tenerezza mescolata a umana rabbia e che vince sull'umana rabbia, perché è conclusione sana che magari il cielo avesse voluto tornasse in mente, un attimo prima di colpire, a tutti gli autori di femminicidi. Forse ne avremmo contati davvero tanti di meno.
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In un'epoca di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario, George Orwell ci aveva avvertito! Santiddio! Eppure siamo circondati da una farsa in cui la verità è distorta e il dissenso viene silenziato. Vilipeso. Colpevolizzato e controaccusato. Sì, Marco Masini ha detto che non riscriverebbe oggi “Bella Stronza” in quei termini e ci sta. Anzi, l’ha pure dimostrato scrivendo una canzone che riprende quel tema lì e si intitola “Non ti amo più”, che è più matura, meno dal ventenne che era ai tempi di Bella Stronza e sicuramente pure più garbata. Ma oggi che la neolingua orwelliana è diventata una realtà e la grammatica è diventata gramm-etica, la contestualizzazione non esiste, così come non esiste l’andare a vedere che altre parole ci sono oltre le virgole. Più facile, più veloce, che ogni parola sia asterischizzata. Smussata. Che ogni concetto sia addomesticato per non urtare la sensibilità di una società che non tollera non solo la diversità di pensiero, ma anche l’originalità o i modi dell’esprimersi. Ma poi siamo sicuri che a non tollerare sia realmente la società e non la solita minoranza chiassosa che tende a pontificare e che non ha tanto di diverso da altre forme di intolleranza che hanno sporcato di sangue tutto il secolo scorso? L’intolleranza “non tollera” solo e esclusivamente perché è maledettamente ignorante. Sempre. L’unica cultura che c’è davvero è quella che manca: praticamente il terreno fertile perfetto per ogni tirannia subdola mascherata da progresso.
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Friedrich Nietzsche ci esortava a "vivere pericolosamente" e a sfidare i dogmi, ma oggi il coraggio è un'eresia. E manca persino il coraggio (timido) di riconoscere la storia anche quando si tratta solo di una canzone: che era così, che è nata così in quel tempo lì e che niente e nessuno, nemmeno chi l’ha scritta e firmata la prima volta, dovrebbe “riscrivere”. Perché riscrivere la storia è sempre falsare pure il futuro. E dovrebbe fare schifo. La (non)cultura – la chiamano woke - idolatra una moralità di superficie, una giustizia di facciata che si trasforma in valanghe di merda verso ogni minimo soffio di critica. E che va persino a spidocchiare il testo di una canzone di oltre trent’anni fa isolandone solo una frase e ignorandone totalmente il seguito, oltre che la storia personale e artistica di chi l’ha scritta. È una (non)cultura che non tollera le voci fuori dal coro, che demonizza chi osa dissentire (o anche semplicemente dirla diversamente) nel nome di un gregge che deve essere rigorosamente di pecore ormai nere. Come in spiaggia: sei il diverso se sei quello senza tatuaggi ormai. È il trionfo dell'apparenza sull'essenza, dell'ignoranza sulla verità. Che magari non sarà sempre bella e profumata, ma è la verità, santiddio!
"Ogni volta che ti trovi dalla parte della maggioranza, è tempo di fermarti e riflettere", sì, caro Marco Masini, ti prego di dare ascolto a quel gran figlio della verità e padre del cinismo ironico che è stato Mark Twain. Ok, oggi riflettere è pericoloso. Ma non c’è alternativa abbastanza intelligente. La satira, il sarcasmo, gli strumenti che una volta sfidavano il precostituito, sono stati disinnescati dalla (in)sensibilità esasperata. Figuriamoci la poesia. Sì, perché i cantautori, signori miei, sono poeti. È una (non)cultura che non sa ridere di se stessa, che si rifugia in una serietà soffocante solo per mascherare qualcosa di molto simile alla misera incapacità di contestualizzare, comprendere, metabolizzare per rielaborare. Ridere è diventato un atto di ribellione. Figuriamoci leggere una canzone e ascoltare non le parole, ma il messaggio che contiene. Magari pure personalizzandolo.
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“Il dubbio è scomodo, ma solo gli imbecilli non ne hanno", diceva il buon vecchio Voltaire. Eppure, oggi, il dubbio è un lusso che non ci possiamo permettere, meglio tagliare corto e cambiare persino le parole di Bella Stronza. Dimenticandoci che Marco Masini ha probabilmente cantato il tema della donna quando le donne non erano neanche un tema. Sì, leggetevi “Cenerentola innamorata”, leggetevi “Abbracciami” o “Un piccolo posto”, così come “Il bellissimo mestiere”. Leggetevi la storia di un ragazzo che ha perso la mamma quando aveva poco più di diciottenni e che a quella dolcezza a cui ha dovuto rinunciare ha dedicato parole che tanti uomini, maschi veri, avrebbero voluto saper scrivere per rendere il giusto onore alle donne che hanno attraversato le loro vite. Magari scoprite che quello lì, Marco Masini, certe sensibilità le aveva quando non andavano di moda. Avete mai letto, giusto per uscire dal tema “donne”, la canzone “Frankenstein” o “Un piccolo Chopin”? Ecco, lì si toccava la questione bullismo, ma oggi siamo arrivati a un punto in cui c’è oggettivamente da chiedersi chi sono ormai i veri bulli. Probabilmente sono quelli che pretendono che persino una poesia – sì, Bella Stronza è una poesia umana e disperata come deve essere ogni poesia - mutui le sue parole perchè certe idee devono essere accettate senza critica e solo con termini autorizzati. Un tempo l’avrebbero chiamata “censura”. L'ortodossia non ammette domande. Col rischio, però, di produrre l’effetto contrario e rendere ideologiche anche le questioni giuste e sacrosante. Questa (non)cultura non è un movimento di emancipazione, ma una prigione ideologica che avvolge la mente.
Ma quanto aveva ragione H.L. Mencken, cinico osservatore della natura umana, quando disse che “la più pericolosa di tutte le frodi è quella dell'opinione popolare"? E se Marco Masini ascolterà davvero chi gli chiede di cambiare il testo della sua canzone ci cascherà con tutte le scarpe, come nessun artista dovrebbe mai. E’ frode che si fa dogma. Il politicamente corretto non è altro che una maschera per nascondere le verità e le umane sacrosante debolezze, un modo per evitare il confronto e soffocare il dibattito. È un veleno che corrode la nostra capacità di pensare criticamente. E, nel caso di Marco Masini, visto che siamo in Italia, non vorrei fosse pure il modo tipicamente italiano per dare addosso a un cantuatore che, contrariamente a altri che si fregiano di quel titolo, non s’è mai professato di sinistra. E che è finito con l’essere bollato per “fascista” nonostante non abbia mai detto come la pensa, ma solo per non essersi schierato “dalla parte di quelli culturalmente superiori e antropologicamente migliori” o per essere andato allo stadio in mezzo ai tifosi della Fiorentina (che pare non siano di sinistra, ma non so neanche se è vero). Solo che la libertà non è più, come sosteneva Camus, la possibilità di poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri. E quindi pure andare allo stadio a tifare una squadra è fraintendibile ormai. Soprattutto oggi che una singola parola, decontestualizzata e isolata, è vista come una potenziale offesa. La (non)cultura – non dominante, ma urlante e prevaricatrice - ha trasformato la libertà di espressione in un diritto monolaterale, dove ogni opinione deve essere filtrata, ogni pensiero deve essere controllato. Moderato. Ammorbidito. È una guerra contro la mente, soprattutto quando è libera. Nulla per nascondere il niente: i volti moderni dell'intolleranza. Confezionati e imbellettati pure in mezzo ai fiori e ai microfoni di Sanremo. Volti da struccare, smascherare e a cui dire, prendendo in prestito e mutuando proprio le parole di Marco Masini e Bella Stronza, “e allora vi saluto, brutti stronzi!”
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