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Se non sapete cosa significa "kûdos" andate alla Gresini Racing da Nadia Padovani, la mamma da corsa che ne ha fatto (ri)nascere un altro

Emanuele Pieroni

2 settembre 2024

Marc Marquez che abbraccia tutti, poi guarda di lato con ancora su il casco e, quasi con momentanea timidezza, riporta l'euforia su livelli normali per abbracciare Nadia Padovani. Quella che l'ha voluto, quella che ci ha creduto e che in soli tre anni sta insegnando a tutti come si mettono o rimettono al mondo i campioni, mentre si rinasce e, a tempo perso, si fa pure la rivoluzione...

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

C’è una parola in greco antico che basta da sola a raccontare tutto, ma tutto davvero, della Gresini Racing e quella parola è “kudos”. Significa “gloria”. Però no la gloria come la intendiamo oggi e come la intendevano pure i greci (ma utilizzando un altro termine che è “kleos”): una gloria differente, che ha quasi più a che fare con la capacità di esprimere contestualmente armonia e forza, senza imposizione. Senza conquistare, insomma, ma semplicemente vincendo. Che poi vincere è conquistare ma con la magia del non ferire. O del non sconfiggere. E, piuttosto, reagendo alle ferite. Una forza che è umana ma pure un po’ divina, insomma, capace di generare solo bene senza il quasi sempre inevitabile risvolto del male.

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Quella gloria lì, kudos, ha pure un odore. Per sentirlo, però, bisogna andare a Faenza, dentro quello che da fuori sembra un normalissimo capannone come ce ne sono tantissimi lì intorno e che dentro, invece, custodisce un gran bel pezzo di storia delle corse e costruisce un pezzo altrettanto grande di futuro delle corse. E’ il capannone della Gresini Racing. Non ci trovi eroi abili d’armi, guerrieri pronti a conquistare tutto, visi feroci o muscoli tirati. E nemmeno mimetiche da improbabili condottieri del motorsport. Dentro ci sono solo persone, semplici persone che hanno fatto famiglia intorno a una famiglia. Sì, all’indomani della prima vittoria con Ducati di Marc Marquez ci sarebbero tutti i presupposti per raccontare ancora e di nuovo una meravigliosa storia di metabolizzazione della sofferenza, di reazione feroce a un dolore atroce e voglia di futuro. Però sarebbe il solito taglio di sempre, che un po’ ha anche stufato, senza togliere onore a quella storia. Anche perché sta già tutta, ma tutta davvero, dentro gli occhi di una donna, una mamma da corsa, che avrebbe dovuto chiamarsi lei stessa Kudos e invece si chiama Nadia Padovani. Infermiera. Moglie di un pilota di moto da corsa. Mamma di quattro figli. Vedova a ciel sereno nel bel mezzo di un maledetto Natale.

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Era il 15 gennaio del 2022 e c’era un’aria brutta: il Covid che aveva da pochissimo allentato la morsa, le restrizioni che si erano fatte meno stringenti e il disorientamento generale che generava quasi un senso di nausea. Sensazioni di cose che finiscono. E’ in quel giorno, e in quel clima lì – ma solo fuori – che il Team Gresini di Nadia Padovani è passato formalmente di mano. Da chi non c’era più a chi voleva esserci ancora. Nuovi colori e lo stesso capannone, che in quel giorno, nel corso di quella prima presentazione, sembrava quasi un mondo a parte di anacronistico entusiasmo dentro un mondo che invece s’era perso l’entusiasmo sotto le mascherine che era costretto a portare ancora. Sembrava un paradosso e invece, anche se in molti l’hanno capito davvero tardi, era l’annuncio che la parola antica e nobile, kudos, stava per avere ufficialmente degli interpreti perfetti: i Gresini. Con una donna e una mamma da corsa, Nadia Padovani, che a qualcuno, in quel momento, sarà sembrata pure un po’ troppo ottimista. Sì, chi è onesto dovrebbe ammetterlo: quel giorno di due anni e mezzo fa, dentro quel capannone, ci hanno davvero creduto in pochi che non sarebbero stati solo proclami e che quella mamma che fino a un secondo prima di salire sul palco, in mezzo a due moto azzurre che sembravano venire dal futuro, aveva tenuto sulle ginocchia la sua figlia più piccola non stava affatto esagerando. Armonia e forza. Dolcezza e concretezza. Cuore e idee chiare.

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Insieme a lei, sopra quelle moto, sarebbero saliti di lì a poco anche due ragazzi su cui in pochi erano altrettanto pronti a scommettere. Uno, Enea Bastianini, arrivava da un mondiale vinto e gran belle gare in MotoGP, ma si tirava dietro quell’aurea di sfiducia che si riserva troppo spesso a quelli che non hanno seguito la strada di tutti gli altri per arrivare fin lì. L’altro, Fabio Di Giannantonio, aveva addosso addirittura di peggio: gli occhi di quelli che pensavano fosse lì solo per un qualche intreccio di botte di culo (per dirla alla romana) e sponsor paganti. Però in mezzo a loro c’era quella mamma da corsa, Nadia Padovani, che continuava a sfidare tutti senza sfidare mai davvero nessuno (me le ricordo e anche molto bene, volti compresi, le occhiate che si scambiavano molti dei presenti mentre Nadia, con calma e fierezza, spiegava di puntare a almeno una vittoria con Bastianini e qualche top ten con Di Giannantonio, nda). Trasmettendo fiducia. Inalando e facendo inalare kudos. Fino a risultare credibile, ma credibile come sono credibili quelli che ti spiattellano la verità sul muso, già al primo GP di stagione, salendo subito sul gradino più alto del podio. Quattro figli messi al mondo, per Nadia, una famiglia e un team presi in mano con una stretta che ha saputo essere a sua volta carezza e concretezza, e, poi, già alla prima della prima stagione, anche un altro figlio, questa volta sportivo. Enea Bastianini da lì non s’è fermato più e il resto della storia, che nel frattempo per lui s’è fatta tutta rossa, è già nota. L’anno dopo, nel 2023, è stata la volta dell’altro figlio sportivo, Fabio Di Giannantonio, trasformato dal beneficiato che tutti pensavano al pilota tutta sostanza di cui s’è innamorato persino uno che non si innamora mai (o che si innamora solo dei migliori) come Gigi Dall’Igna. In due anni, insomma, mamma Nadia ne ha messi al mondo altri due, crescendoli insieme alla sua nuova famiglia, che poi era la stessa di prima, ma senza il pezzo più importante. Il tutto mentre si portavano avanti rivoluzioni in un mondo come quello del motorsport a cui cambiare piace quasi per niente, visto che il mercato della MotoGP non era stato fermo fino a novembre fino a che non l’ha deciso una certa Nadia Padovani, visto che in tre anni il team di Nadia Padovani è diventato fornitore di piloti ufficiali per Ducati, visto che se c’è un team che comunica in maniera differente e assolutamente originale rispetto a tutti gli altri è proprio il Team Gresini di Nadia Padovani. Solo che “rivoluzione” è un termine che sta bene addosso a quelli con quell’altra gloria. Nadia Padovani e i Gresini s’accontentano della definizione "modi differenti" o, al più, "fare un cinema".

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Basta? No. Perché mentre faceva tutto questo Nadia Padovani coltivava pure un sogno matto partito da lontano. Quanto da lontano? Dal contratto di Alex Marquez, un altro da far (ri) nascere e che aveva pure lo stesso cognome e lo stesso indirizzo di residenza di un certo Marc Marquez, il pilota più titolato tra quelli in attività. La rinascita di Alex Marquez è arrivata nel giro di poco, con una Sprint vinta e qualche bel risultato, in attesa del botto grosso, mentre Nadia lavorava, insieme ai suoi, per mandare avanti la storia con un colpo di scena potentissimo: prendere Marc. Non prenderlo come avrebbero fatto tutti, sborsando milioni e milioni di Euro, ma nella maniera più impossibile: praticamente gratis.

C’è riuscita, con il benestare di Ducati (o in quel momento di una parte di Ducati) e poi s’è rimessa in gestazione, questa volta per quello più difficile da far rinascere: Marc Marquez. Critiche e sfiducia non sono mancate. Addirittura c’è stato chi, non si capisce per quale ca*zo di motivo, l’ha pure vissuto come un mezzo tradimento al motorsport italiano. Però chi può contare su un kudos così se ne sbatte e tira avanti sulla strada che ha scelto. Nadia Padovani l’ha fatto e ieri a Aragon ne ha rimesso al mondo un altro. E, simpatia o antipatia, piaccia o non piaccia, l’ha restituito con tutto il suo immenso talento al motorsport. Sì, ok: Marc Marquez - come Enea Bastianini, il Diggia o Alex prima di lui - ci ha messo tanto del suo. Ma “il suo” di un pilota appartiene all’altra gloria, quella che raccontiamo sempre e che è dei condottieri che, giustamente e per il ruolo che hanno, sono pronti a tutto per conquistare; mentre l’altra gloria, kudos appunto, ha qualcosa di più magico e allo stesso tempo umano. Qualcosa che prima della nuova Gresini Racing si poteva solo raccontare nel motorsport, ma che adesso, esattamente dentro quel capannone di Faenza, ha pure un suo odore ormai certificato e ha soprattutto gli occhi, i muscoli e il cuore di una mamma da corsa: Nadia Padovani.

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