Più volte, nel corso di questi anni di pandemia, si è detto che la scuola è il luogo in cui si impara a gestire l’interazione sociale, il rispetto delle regole, dove le personalità individuali si affinano e trovano una loro compiutezza. Molto più di una trasmissione di informazioni. Un dispositivo sociale necessario al funzionamento di una democrazia. Sembra che il patto tra famiglia e scuola, però, sia quasi del tutto incrinato e spesso si assiste allo scontro tra i due schieramenti. I genitori sono incapaci di comprendere i turbamenti dei figli e talvolta, per eccesso di affetto, sono disposti ad andare contro tutto pur di difenderli. Un eccesso di cui si devono fare carico i docenti, mal pagati e messi ai margini da un sistema che li ha privati del rispetto e della centralità che invece spetterebbe loro. Fa riflettere il caso dell’Istituto di Rovigo, dove alcuni ragazzi hanno sparato alla professoressa con una pistola ad aria compressa, venendo sanzionati solo con un abbassamento del voto in condotta. Ancora più esemplificativo è l’episodio avvenuto in un liceo di Abbiategrasso, dove un ragazzo è stato bocciato dopo aver accoltellato la sua docente. I suoi voti erano complessivamente buoni, per cui i genitori hanno pensato bene di contestare la bocciatura, dimostrando una totale mancanza di giudizio, di capacità di valutazione della colpa. Parodia di questa situazione è la professoressa che nel corso di 24 anni di servizio ha accumulato 20 anni di assenze. Anche nei periodi di esercizio, la donna aveva raccolto solo critiche da parte dei suoi alunni. Una pessima pubblicità, che la classe docenti decisamente non merita. Abbiamo parlato di tutto questo con Stefano Zecchi, filosofo, ex professore ordinario di Estetica all’Università degli studi di Milano, tra il 2005 e il 2006 è stato anche assessore alla cultura per il capoluogo lombardo. Se dovessimo sintetizzare il suo messaggio in una frase: “È necessario ridare decoro ai docenti”. Decoro economico, certamente. Ma anche riconoscimento e valore sociale. Fare l’insegnante non deve essere un ripiego: occorre che la qualità della selezione e il prestigio della posizione vengano esaltati. È difficile, però, trasformare l’insegnamento in una questione psicologica. Non si può ridurre l’educazione scolastica alla trasmissione delle regole minime di convivenza. Le famiglie, dunque, devono fare la loro parte.
Professor Zecchi, cosa pensa dei ragazzi dell’istituto tecnico di Rovigo che hanno sparato con una pistola a pallini alla professoressa e hanno visto i loro voti in condotta abbassarsi solo dopo le sollecitazioni del ministro Valditara?
Che ci sia un errore di fondo. La scuola non può essere una caserma. Allo stesso tempo, però, deve essere una struttura fortemente educativa. Il problema è che la scuola si confronta con ciò che l’alunno impara dalla famiglia. Una professoressa non può educare un ragazzo che è maleducato. Quello è compito, appunto, della famiglia.
Allora che cosa può fare la scuola?
Può sanzionare, può dare un esempio. E il fatto che questi ragazzi avessero preso nove in condotta, pur avendo fatto quello che hanno fatto, è un errore madornale, che dimostra l’incapacità di valutare un’azione. Poi sulla punizione il discorso cambia.
In che senso?
In questi casi è molto importante il contesto di riferimento. Non tutti i licei sono uguali. Una soluzione potrebbe essere che, in queste vacanze, anziché ripetere le guerre puniche, i ragazzi facessero qualche lavoro utile. Quello che hanno fatto nei confronti della professoressa è gravissimo. Il problema su cui lei mi chiede di riflettere è che la scuola non può fare quello che non fa la famiglia. Dobbiamo mettercelo in testa.
A cosa è dovuto questo errore di fondo?
Che noi pensiamo: “Sì, sono studenti, sono alunni, sono ragazzi”. Innanzitutto, sono figli. Ecco, questo è il punto. Dove sono i genitori? Esistono gruppi di genitori che chiedono una riforma del patto di corresponsabilità tra famiglia e scuola, fermo ormai al 2007.I genitori che sono disposti a rivedere il patto sono quelli che sanno educare i figli. Sono una minoranza. La maggioranza, purtroppo, non possiede questa coscienza.
Stesso discorso per i genitori del ragazzo che ha accoltellato la professoressa nel liceo di Abbiategrasso e che hanno fatto ricorso contro la bocciatura?
Come dicevo prima: la questione diventa la punizione perché questa diventa una presa di posizione della scuola. In quel caso la situazione è molto delicata. La punizione deve esserci ma deve essere commisurata alla realtà in cui si sviluppa la didattica di quella scuola.
In questi primi mesi, come giudica l’operato del Ministro Valditara?
Non mi permetto di giudicare, non sono dentro alla macchina. Mi sembra molto presente, ma non mi esprimo, conosco troppo poco.
Viste le problematiche che si sono accentuate dopo la pandemia, cosa pensa dell’idea di introdurre una formazione aggiuntiva per i professori?
No, io trovo che se subentra lo psicologo di classe si sbaglia tutto. Ci possono essere percorsi concordati ma la questione non è andare a vedere la patologia dello studente e far sì che questa debba essere affrontata dal docente. Il docente deve affascinare, coinvolgere e in molti casi l’insegnamento non è neanche la prima scelta. Gli stipendi sono bassi. Io vengo da una famiglia di insegnati: mia mamma ha insegnato fino alla fine della sua vita, con passione. I suoi ragazzi, anziché pensare di accoltellarla, la riempivano di regali. Dobbiamo creare una realtà didattica in cui il docente viene esaltato da un punto di vista sia economico che sociale. Solo così crei una classe di docenti capace. Ma non si possono creare dei docenti-psicologi.
Come mai è scettico?
Gli psicologi non risolvono tutto. Bisogno vedere se sono preparati. Alcuni psicologi possono rovinare i ragazzi. Sicuramente può essere d’aiuto. Può dare indicazioni corrette a genitori e insegnanti. Secondo me, però, la soluzione vale per i più piccoli: per i liceali diciottenni non serve, la scuola non può più essere determinante a quell’età.
Il Ministro ha detto che i professori di alcune regioni saranno sostenuti nella ricerca di un alloggio e gli stipendi aumenteranno. Non serve, invece, una riforma più strutturale?
Una cosa non esclude l'altra. Una riforma strutturale della scuola prevede anche quella del reclutamento dei docenti. Nella mia esperienza, gli studenti preparati raramente pensano di fare gli insegnanti. Anche tra quelli che hanno fatto lettere e filosofia. Per fare un esempio: se lei fa un ospedale perfetto, con macchinari assolutamente all'avanguardia, ma non c'è il medico capace di farlo funzionare e che non è motivato, allora lì io non ci vado neanche per il mal di pancia. L’attenzione deve essere spostata sulla figura del docente. Deve essere un lavoro che si fa per scelta e non per mancanza di alternative. Ci vuole passione e questo significa anche decoro economico.
Diventa quasi paradossale parlare della docente che ha accumulato 20 anni di assenze in 24 anni.
Sì, ma questi sono casi isolati. Non è esemplificativo della discussione che abbiamo avuto. È una persona che truffava lo Stato, che ha saputo infiltrarsi nelle pieghe della burocrazia. Era una professoressa ma poteva essere qualunque dipendente pubblico.
Lei li avrebbe promossi i ragazzi che hanno sparato alla professoressa?
Non so. Io ho cominciato a insegnare alle medie. In provincia. Avrei voluto guardare in faccia questi ragazzi. Senza dubbio non avrei lasciato correre ma avrei cercato in tutti i modi di capire, per poter stabilire una giusta punizione.
E ai genitori dei ragazzi cosa direbbe?
Di ascoltare e capire che anche i figli hanno una loro personalità. Non possono essere né trascurati né soverchiati di attenzioni. I figli e i genitori sono tutti diversi. Ma se i genitori si interessano in modo limitato ai figli questi crescono un po’ così... Il disagio è sempre dovuto all’incapacità delle famiglie di gestire l’educazione. Ci sono ragazzi che hanno la fortuna di avere genitori capaci e altri no.