Certo che una maggioranza di governo di centrodestra che vota un ordine del giorno del principale partito di opposizione, il Pd, per “potenziare i controlli sull’utilizzo della cassa straordinaria Covid”, guarda caso proprio dopo che è scoppiato uno scandalo che riguarda proprio la cassa integrazione straordinaria per Covid in un’azienda in cui aveva quote la ministro del Turismo, Daniela Santanchè, e nel cui testo, come unico esempio, c’è proprio il caso dell’azienda in questione, Visibilia, è una maggioranza che o non sa cosa sta facendo, o lo sa benissimo. Perché l’effetto politico è, obiettivamente, uno schiaffo alla suddetta Santanchè. Per capire meglio cosa c’è dietro una mossa apparentemente contraddittoria, abbiamo chiesto lumi a Tommaso Cerno, direttore del quotidiano L’Identità e giornalista che di gabole parlamentari ne sa a pacchi, avendole seguite per professione, e anche per diretta esperienza da ex parlamentare.
Direttore, per quale ipotesi propende: per quella dell’atto inconsulto dovuto, a esser buoni, a distrazione dei gruppi di centrodestra, o per segnale politicamente ben preciso con il mirino contro la stessa ministra del proprio governo?
Ci sono due aspetti. Il primo è che questa maggioranza ha già dato segni di poca attenzione ai lavori parlamentari, con voti, anche molto importanti, in cui la maggioranza è andata sotto: il Def (Documento di programmazione economico-finanziaria, ndr), la commissione Lavoro, il fatto che il Pd sia riuscito comunque a mandare in aula il Mes (il fondo salva-Stati, ndr), la cui ratifica prima o poi arriverà, e porterà a una maggioranza in aula molto ampia. Esiste sicuramente un problema di mancato coordinamento fra i gruppi, e del ministro dei Rapporti con il Parlamento con l’aula. Ma è anche vero che ieri è successa una cosa diversa. Perché nel nostro parlamento ci sono sì i distratti, ma ci sono anche i vecchi lupi di mare, che queste cose non le lasciano mai “sfuggire”. Quindi, in una maggioranza non perfettamente oliata, qualcuno ha voluto mandare un segnale. E secondo me lo ha fatto mettendosi d’accordo con il Pd. In parlamento i rapporti nascosti che ci sono soprattutto fra i più vecchi e scafati parlamentari, sono costanti. È impensabile che il Pd abbia presentato quell’ordine del giorno senza avere la Santanchè come obiettivo, ed è impensabile che in una maggioranza, dove ci sono i navigatori di lungo corso, qualcuno non abbia chiesto al Pd di inviare un segnale al governo, senza esplicitarlo troppo, cosicché una grande parte della maggioranza, che è farraginosa e non del tutto a palla, se ne accorgesse.
Il messaggio contenuto nel segnale quale sarebbe?
Che il caso Santanchè è più grave di quanto si voglia far credere.
Ma questo “qualcuno”, nella maggioranza in parlamento, chi è?
I più smaliziati sono storicamente i leghisti. La Lega è il partito più antico d’Italia, e ha perfettamente capito la portata politica di quella votazione, che però poteva essere scusata con il Covid, e perciò coinvolgere Forza Italia, il partito della maggioranza più rigida sul Covid. Mettere assieme Covid e caso Santanchè, pur sfumato, ma sapendo che il Pd lo avrebbe manifestato, dà l’impressione che i due alleati, Lega e Forza Italia, abbiano voluto mandare questo segnale, che una sostanza politica.
Quale?
Il parlamento vuole o chiudere il caso Santanchè, facendo in modo che il governo dimostri che il ministro può avere in corso accertamenti sulla sua vita privata ma nulla hanno a che fare con il suo mandato politico, oppure che sia l’aula a celebrare un’eventuale corsa ad ostacoli.
Insomma, non è stato casuale.
No, come niente succede casualmente in parlamento. Siamo in un Paese dove il popolo arrabbiato, giustamente arrabbiato, tende a dire che i parlamentari non lavorano, e questo in parlamento lo sanno e quando serve la usano.
Anche in Fratelli d’Italia secondo lei c’è chi non ha gradito il caso Santanchè?
Non tanto il caso in quanto tale, che deriva da prima del suo mandato ministeriale. Se avessero voluto discuterlo prima, lo avrebbero fatto. La Santanchè è oggi un ministro chiave del governo, fra l’altro in piena estate dove si parla solo di turismo e dove in generale c’è il tema dei ricchi e dei poveri, ma il fatto che finisca in un’inchiesta così è chiaro che l’argomento viene usato dal Pd, ma è anche chiaro che risveglia quella parte di Fratelli d’Italia, un po’ sopita, quella diciamo più ortodossa, più legata alle origini, in cui la legalità e la trasparenza sono temi molto sentiti. Ora, con il garantismo che con Nordio è una parola d’ordine del governo e quindi non si può condannare la Santanchè durante la fase di indagine, c’è però dentro il partito della Meloni chi ritiene che il profilo del governo sia un po’ troppo, come dire, diverso da quella della destra originaria. È una discrepanza che si vede non solo a Roma ma in giro per le Regioni. D’altra parte, c’è anche da mettere in conto il quieto vivere: il governo deve trovare una quadra, e difatti la Meloni ne ha parlato.
Non è stata una figura barbina fatta fare alla Meloni, in altre faccende affaccendata?
Bisogna dire che in questo c’è una tradizione che risale al governo Draghi. Se ti ricordi, Draghi uscì con quella fotografia mentre era al telefono con la faccia sconsolata e dovette rientrare immediatamente in Italia… Il fatto che il parlamento, un po’ delegittimato, e il governo, che detta l’agenda, che è in giro per il mondo, non abbiano a volte particolare sintonia, fa parte degli ultimi anni della storia italiana. Ricordiamo il grande ricorso ai decreti, il fatto che la linea politica la detta sempre il premier, e anche che la Meloni, che è anche il capo del partito, quando non c’è stata, son successi dei mezzi disastri. Ieri invece è stato un giocare, da parte dei parlamentari con maggiore esperienza, su quelli che ne hanno di meno, complice la distrazione, l’estate…
Possiamo dire che, un po’ insolitamente, questa volta il Partito Democratico ne esce bene?
Il Pd porta sicuramente a casa da queste settimane una prestazione parlamentare buona. Gli darei un voto alto. Il problema è che anche per il Pd questa non è una buona notizia. La gestione parlamentare manda alla segretaria Elly Schlein il messaggio che non sono lei e il suo nuovo gruppo dirigente la forza che può competere alle europee per essere il primo partito, ma un mix più ampio, allargato a quei gruppi parlamentari figli di Enrico Letta e a un Pd che aveva un rapporto più solido con i partiti riformisti. Questo buon Pd, cioè, non ha la Schlein come protagonista, ma ha la macchina parlamentare del partito che è una delle più rodate e quindi capace di questi blitz.
Ma non è un’ulteriore conferma che la Schlein è, diciamo, semi-invisibile alla percezione esterna?
La mia impressione è che la Schlein sia rimasta sorpresa lei per prima dalla propria vittoria alle primarie, e i primi atti mostrano che ha assunto i caratteri della classe dirigente del partito. È abbastanza irriconoscibile. Penso a posizionamenti molto arcaici che non mi aspettavo da lei sul tema dei diritti e sul tema dell’ambiente. Tuttavia la sua presenza radicalizza il profilo del Pd. Allora, o non ha ancora preso veramente in mano il partito (però sarà ormai la terza volta che si dice che “riparte”), oppure è per un motivo politico, ovvero che ritiene di poter prendere più voti della Meloni se tutto il blocco sindacale e tutta la sinistra più scettica sulla vecchia gestione la voterà alle europee, superando il 20% e, a quel punto, dire a tutta l’opposizione “il capo sono io, e ora possiamo discutere di allargamenti e alleanze”. Se questa è la strategia, non si è capita molto bene, ma se non altro sarebbe una strategia.
Diciamo che il Pd sembra un’auto che sta andando da sola, per ora.
Sì, un po’ questo, e un po’ un’auto in cui è stato fissato un limitatore di velocità. Manca il parlare con qualcuno di diverso da quelli a cui il Pd ha parlato sinora. Bisogna capire se manca perché non c’è il carburante, o perché manca la direzione, o perché l’autista non sa fare l’autista. Sicuramente è un’auto che non sta correndo la gara che ci aspettava.
Mi dia un pronostico: la Santanchè rischia di dover dare le dimissioni, o no?
Daniela Santanchè resterà ministro della Repubblica Italiana. In parlamento darà una spiegazione abbastanza approfondita a quel che è capitato alle sue aziende durante il periodo del Covid. Questa spiegazione non convincerà il centrosinistra, formalmente convincerà la destra, e Giorgia Meloni riterrà chiuso questo incidente, cioè la polemica. Dopodiché è chiaro che il governo dovrà dimostrare quel che è stato in parlamento è vero. Ma paradossalmente si rivelerà un vantaggio per la Santanchè, perché dallo scandalo si passerà allo scontro politicizzato.
Quindi la Santanchè, anche restando ministro, non sarà un ministro dimezzato.
Dimezzato, assolutamente no. Conoscendo la Meloni, le avrebbe chiesto un passo indietro. Se non gliel’ha chiesto, significa che vuole un ministro raddoppiato. Pensa anche al ministro della Difesa Guido Crosetto, che era stato attaccato per aver lavorato in passato per l’industria delle armi. La linea è di giudicare dai fatti, anche in nome di un certo patriottismo che se vuoi è una formula magica e retorica, ma funziona.
Sa come si dice, no? Il patriottismo è l’ultimo rifugio dei poco di buono.
Sì, può essere, però è anche vero che è un rifugio che non dispiace a una parte degli italiani. Il problema è che la sinistra non ha una contro-parola d’ordine, e perciò ha bisogno della destra per definire il proprio spazio.
L’antifascismo è stato finora, a sinistra,l’equivalente del patriottismo a destra, non trova?
L’antifascismo dimostra la disperazione della sinistra. Immaginare che in un mondo occidentale dove i più grandi pensatori denunciano l’assenza di un progresso condiviso, la risposta della sinistra sia gridare al fascismo e non invece al fatto che, quando il mondo va avanti e spaventa, il popolo sceglie la conservazione, e infatti la destra italiana è neo-conservatrice, non fascista (perché i fascisti erano rivoluzionari), significa non capire chi si ha di fronte e continuare a combattere un nemico del secolo scorso, con sembianze completamente diverse. Il risultato è che, così, non la sinistra non sconfiggerà mai questa destra.