La resa dei conti. Come a ogni tornata elettorale si contano vincitori e vinti, a cominciare da Giorgia Meloni, che stravince le elezioni, trascinando un centrodestra che annovera nelle sue file anche il primo grande sconfitto, alias Matteo Salvini con Lega che si attesa sotto il 9%, punto di non ritorno per la sua leadership. Débâcle anche per il Pd, reduce da una campagna elettorale disastrosa, e portata avanti a suon di Ferragnez e simili (ma gli influencer non spostavano voti?), intanto che Conte avanza al Sud, dove trionfa in primis il partito dell'astensionismo. Sorride anche Berlusconi, che ottiene molto più dell'onore delle armi, mentre Di Maio, ex ministro degli Esteri, ne esce a pezzi. Quindi, mentre dalla stampa estera soffiano venti d'apprensione, e monta l'indignazione dei benpensanti a mezzo social (dai Måneskin alla Ferilli e Michielin), abbiamo fatto il punto sul post votazioni col senatore del Pd ed ex direttore de L’Espresso Tommaso Cerno (da oggi al via con il nuovo giornale, L’Identità), a partire proprio dall’allarme lanciato dai siti internazionali, che liquida così: “Il pericolo è la stampa estera, che continua a non capire l'Italia. La Meloni non c'entra niente con Mussolini”. Passando poi ad esaminare la crisi irreversibile del Pd: “Come risorgere? Si può ripartire solo da Conte, e da una sinistra che oggi porta il volto del Sud”. Quindi un'analisi sul dilagante astensionismo, che Cerno riconduce alla mai risolta Questione Meridionale: “Segno di un gigantesco malcontento...”. Infine un affondo alla Lega ferita a morte e all’umiliato Di Maio, senza dimenticare Berlusconi vero highlander della politica, e Sgarbi che tiene botta su Casini...
La stampa di mezzo mondo legge il voto come il ritorno del “fascismo in Italia”. Ma il Paese in mano alla Meloni è davvero in pericolo?
No, piuttosto il pericolo è costituito dalla stampa estera, che a distanza di anni continua a non capire l’Italia. D’altra parte Andreotti e la Thatcher, in un famoso colloquio, questa cosa la chiarirono. Il risultato elettorale dice invece esattamente il contrario, ossia che l’astensione, al di là del maltempo locale, quindi la scelta di una parte del Paese di non votare, identifica alla stessa maniera la Meloni con Letta e Conte. Alla fine il presunto pericolo fascista che la sinistra ha usato per attaccare la leader di Fdi si è rivoltato contro il partito stesso. Proprio questo dimostra che il pericolo non esiste, altrimenti avremmo avuto un esito differente, con una mobilitazione sensibile verso una minaccia reale. Invece la verità è che il partito della Meloni ospiterà molti moderati, anzi è già stato votato da molti moderati. Quindi il punto è un altro, di una sinistra che non ha capito il fenomeno-Meloni. Per essere più chiari, la Meloni non c’entra niente con Mussolini.
La sinistra esiste ancora?
La sinistra esiste ancora, ma non è nel Pd in questo momento. Dov’è? Nei cuori e nei sogni di molte persone, anche in alcuni che militano nel partito stesso. Faccio un esempio banale, Kennedy, citato da Letta più volte di quante lo abbiano citato i suoi parenti. Ebbene lui sosteneva: “Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. Mentre la campagna elettorale di Letta è stata esattamente al contrario, quindi ha tradito la frase più famosa di Kennedy, improntando la sua promozione non su cosa il Pd avrebbe dovuto fare per l’Italia, ma su cosa gli italiani avrebbero dovuto fare per il Pd. Questo tradimento del pilastro fondamentale della sinistra occidentale è la ragione della sua débâcle.
Deve dimettersi?
Le sue dimissioni sono secondarie, la sinistra ha bisogno prima di tutto di una travolgente rinascita.
È stata una strategia suicida escludere il M5s?
È stata una scelta inspiegabile, per due ragioni. La prima, l’unica esperienza di governo del centro-sinistra in dieci anni, ossia il post-Renzi, che aveva lasciato un segno nel popolo della sinistra italiana è stato proprio il governo Conte II. Piaccia o meno, questi sono i fatti. Quindi, buttare via questo è stato come buttare via l’unica cosa che stava fiorendo da sola. La seconda, chiediamoci cos’è davvero il M5s e cos’è il Pd. Ossia due espressioni di una frattura, di un grosso trauma, che avviene con Nanni Moretti e i girotondi, poi col Popolo Viola e poi con Beppe Grillo. Questi dicono al mondo del Pd di non snaturarsi, perché stanno diventando altro. Quindi cosa dovevano fare? Uscire dal Palazzo, tornare in piazza, chiamare questi signori e chiarirsi con loro. Se questo chiarimento fosse avvenuto avremmo avuto un fronte progressista capace di vincere le elezioni.
Quindi Conte è il nuovo volto della sinistra? O piuttosto è pronto per la Lega del Sud?
Conte potrebbe essere ambedue le cose, ossia rappresentare una rinascita della sinistra, che oggi porta il volto del Sud, ma che a Nord apre una questione enorme con tutti coloro che hanno abbandonato la sinistra classica. Basta vedere i collegi uninominali dell’Emilia Romagna, l’unico senatore eletto è Casini, che ha passato 25 anni con Berlusconi. Di sicuro si deve ripartire da qualche parte, da una sinistra progressista che proponga un sogno diverso rispetto alla destra, e si può ripartire solamente da Conte.
A proposito di Sud, una riflessione sul primo vero partito, quello dell’astensionismo. Il maltempo è una scusante?
Il maltempo più che una scusante è un presagio, cioè a sottolineare il malcontento titanico, che fa capo alla Questione Meridionale. I partiti, da destra a sinistra, trattando in quella maniera il reddito di cittadinanza hanno identificato tutto il Meridione – che sta pagando da anni le scelte dei governi sul piano di sviluppo – come dei ladri. Questo è vergognoso. Insomma, se fai passare i meridionali come dei ladruncoli, poi ti stupisci che non vadano a votare?
Ancora al Sud si consuma l’umiliazione di Di Maio…
Di Maio ha tradito tutto ciò che l’aveva reso il politico più popolare d’Italia, per questo suo innamorarsi, durante la sua strada, di tutti i maschi alfa che incontra, quindi infatuarsi di Draghi è stata la sua vera rovina. Infatti proprio questo tradimento ha determinato la caduta del governo e la sua fine politica. Ma si è fatto fregare anche dal vecchio volpone democristiano Tabacci (alleato con Di Maio nda), eletto nel suo collegio.
Intanto la Lega crolla…
Salvini è moribondo, ma la Lega non è morta. Piuttosto si è ritirata nei villaggi di Asterix, luoghi in cui il popolo leghista ha costruito una fortino di irriducibili. Ma adesso deve decidere cosa fare, se rinchiudersi nel villaggio rischiando che qualcuno gli dia fuoco, oppure scegliere un altro capo villaggio, capace di affrontare i romani con la pozione del buonsenso. La Lega non si può uccidere, ma ferire a morte, quindi spetta ai suoi dirigenti intraprendere la strada giusta.
Un’alternativa a Salvini?
L’appuntamento per individuarla è per marzo, con le elezioni regionali del Friuli Venezia Giulia, dove la Lega ha registrato una batosta terribile, passando da oltre il 30% a poco più del 10%. Quindi si pensa a Fedriga, un leghista moderno, dal volto moderato, e che in molti già vedono come il prossimo segretario del Carroccio.
Chi sorride invece è Berlusconi: la combinazione col calcio, questa volta da Presidente del Monza, funziona ancora?
Berlusconi ha vinto nel suo collegio (collegio uninominale di Monza con il 50,31% nda) con la maggioranza assoluta, dimostrando che se i gatti hanno sette vite, lui ne ha addirittura di più. Ma la combinazione col calcio c’entra fino a un certo punto, più che altro vince la combinazione con un uomo che non molla mai, su tutti i fronti. Quindi è diventato una specie di ritratto pop di sé stesso, l’unico vero highlander della politica italiana.
Ma il risultato di Sgarbi a Bologna è davvero negativo?
Tutt’altro, Sgarbi ha fatto un lavoro fenomenale, Bologna era l’ultima vera roccaforte del Pd ed è riuscito comunque a prendere più del 30%, quindi si tratta di un risultato gigantesco, piuttosto un trampolino di lancio.
Invece Calenda?
Calenda arriva di nuovo terzo nella sua città, lui che parla tanto, arriva sempre terzo, se è terzo a Roma non può essere primo in Italia. Terzo Polo? Diciamo pure quinto, sesto…
A proposito di post elezioni, oggi lancia anche il suo nuovo giornale…
Sì partiamo con L’identità. Lo chiamo settidiano, vale a dire un quotidiano che nel nuovo mondo, nell’Italia che cambia, dove non esiste più la settimana in senso lato, e l’istante domina, cerca di capire gli umori che i lettori hanno captato durante la giornata, per vedere cosa possono diventare se qualcuno ci ragiona su, svolgendo quindi quotidianamente il lavoro che una volta facevano i settimanali.