La puntata del 22 maggio di Report di Sigfrido Ranucci è una di quelle che difficilmente passano inosservate. L’inchiesta, dal titolo “La pupiata”, firmata da Paolo Mondani con Marco Bova e Roberto Persia, muove i passi dai lati ancora oscuri dietro l’arresto, il 16 gennaio scorso, dell’ultimo degli storici boss della mafia siciliana, Matteo Messina Denaro, per estendersi poi alle contraddittorie rivelazioni dell’ex favoreggiatore dei fratelli Graviano, Salvatore Baiardo, concentrandosi in particolare sulle tre foto che questi avrebbe fatto scattare in un incontro risalente al 1992 con lui, un generale dell’Arma e Silvio Berlusconi, spiegando il “mistero” della prematura fine di Non è l’arena di Massimo Giletti, e finisce con testimonianze inedite sulle stragi del ’93, tappa di una strategia del terrore in continuità, secondo Ranucci, con gli attentati degli anni Settanta e Ottanta. Un itinerario dell’orrore nel dietro le quinte della storia più insanguinata d’Italia, che nel suo svolgersi include affiliazioni massoniche, servizi segreti cosiddetti “deviati”, italiani e stranieri, e ricatti allo Stato.
Tumbarello e la loggia segreta "La Sicilia"
Paolo Mondani dà inizio alle macabre danze con i vocali Whatsapp di Matteo Messina Denaro, parlando di “soap opera”, con le chat, i fatti privati e le sue frasi a effetto (“io sono un tipo che il mondo lo ha calpestato”), materiale uscita in esclusiva per la prima volta su MOW. Mancano ancora molte tessere al mosaico, soprattutto quella, decisiva, su chi lo ha protetto in trent’anni. Così, la sua rischia di essere solo una cattura simbolica. Antonino Di Matteo, giudice della Direzione nazionale antimafia, punta il dito proprio sul sistema di protezioni di cui ha goduto il boss, in particolare in una provincia, il Trapanese, dove è ramificata la presenza della massoneria (qui uno degli approfondimenti di MOW su Campobello di Mazara). Trapani è la seconda città italiana per numero di logge massoniche: nel 2016 erano 19, di cui 6 a Castelvetrano, “capitale” del potere di Messina Denaro. Egli stesso avrebbe creato una sua loggia coperta, “La Sicilia”, e il medico che lo ha aiutato in questi anni, Alfonso Tumbarello, era affiliato a una appartenente al Grande Oriente d’Italia. Un ex collaboratore di giustizia, l’architetto Giuseppe Tuzzolino, intervistato da Mondani, parla a tal proposito dell’ex senatore di Forza Italia, e già sottosegretario all’Interno del governo Berlusconi, Antonio D’Alì, che avrebbe fatto parte della loggia “La Sicilia” dando anche lavoro al padre di Messina Denaro, don Ciccio. D’Alì ha sempre negato, ma in ogni caso, nel dicembre dell’anno scorso, è stato condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa.
Messina Denaro sotto falso nome: "Nicolò Polizzi"
Una “superloggia”, quella di Messina Denaro, di cui questi era di fatto il “gran maestro”, in cui erano presenti imprenditori della zona, e la cui esistenza fu confermata da un complice della ‘ndrangheta, Marcello Fondacaro, secondo il quale, per la magistratura calabrese, c’era anche con un legame di derivazione dalla P2 di Licio Gelli. Il “capo dei capi”, in quel contesto, presenziava sotto il falso nome di Nicolò Polizzi. La connessione con la P2 è significativa perché anche Stefano Bontade (l’ex boss dei boss di Cosa Nostra prima di Riina, che lo fece ammazzare, e di Messina Denaro), aveva una sua loggia, detta dei Trecento, considerata un’appendice di quella fondata da Gelli. Fondacaro, imprenditore sanitario, nel ricostruire la rete massonica in Calabria ha parlato anche della loggia “La Sicilia”, descrivendola come una realtà itinerante e di natura politica, fatta apposta per cooptare al suo interno tutti i pezzi della classe dirigente.
Messina Denaro avvisato in Spagna
Mondani passa a intervistare Benito Morsicato, pentito mafioso che nel 2020 ha lasciato il programma di protezione protestando per il trattamento subito. Secondo Morsicato, un “soldato” semplice ma amico dei nipoti del boss, a garantire a quest’ultimo copertura e impunità erano personaggi dello Stato, fra cui il responsabile dei servizi segreti della Sicilia occidentale che partecipava alla “super-loggia”. L’ex mafioso dice di aver rivelato nel 2015 alla magistratura dove si trovava Messina Denaro, e cioè in Spagna, più precisamente in Andalusia, ad Almeria, in un hotel di lusso dove si sfoggiava uno stile di vita “spudorato”, con i saluti e la benedizione del sindaco locale. Giovanni Savalle, invece, è l’imprenditore più in vista dell’area di Castelvetrano. Accusato di bancarotta fraudolenta ma non più di essere stato il tesoriere di Messina Denaro, Savalle risponde a una serie di domande sui suoi rapporti con altri imprenditori in odor di mafia, con Filippo Guttadauro, marito di Rosalia Messina Denaro (arrestata), e della proposta fattagli a suo tempo dal’ex governatore siciliano Totò Cuffaro di candidarsi alle politiche, proposta rifiutata con rimpianto perché oggi, a suo dire, sarebbe senatore.
Il boss e il pizzino su ergastolo e 41bis
Il filo si dipana seguendo la pista massonica. Tumbarello, il medico di Messina Denaro, faceva parte della loggia Valle di Cusa. Il presidenza nazionale del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi, sottolinea di averlo fatto sospendere appena saputo dell’indagine a suo carico, senza aspettare, a differenza dell’Ordine dei medici, l’arresto. Report replica che già anni prima l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, aveva testimoniato in aula che Tumbarello era il ponte con il boss. A questo si aggiunge oggi la testimonianza sotto anonimato, raccolta da Mondani, di un funzionario di polizia secondo il quale Tumbarello era una “fonte dei servizi segreti”, almeno a partire dal periodo 2004-2007, quando con Vaccarino, usato come “infiltrato”dal Sisde, si scambiava delle lettere indirizzate a Messina Denaro, un’operazione che sarebbe servita a negoziare, in una sorta di pre-trattativa, la consegna spontanea del boss. Il primo febbraio del 2005 Messina Denaro scrive al sindaco Vaccarino: "hanno praticato e praticano ancora oggi la tortura nelle carceri...hanno istituito il 41 bis, facciano pure e che mettano anche l'82 quater, tanto ci saranno sempre uomini che non svenderanno la propria dignità...Per l'abolizione dell'ergastolo penso che con il tempo ci si arriverà, ma tutto andrà da sé con il processo di civilizzazione". Chiaro il messaggio: veniamoci incontro su ergastolo e 41 bis. Dopodiché, silenzio per 18 anni.
Una talpa fra gli investigatori a caccia di MMD?
Messina Denaro negli ultimi anni si è comportato, secondo Di Matteo, in modo “anomalo”, lasciando tutta una serie di tracce. Le ipotesi, secondo il giudice, sono due: o era spavaldamente sicuro di essere intoccabile, oppure “si è fatto arrestare”. Il funzionario di polizia giudiziaria che a lungo è stato alle calcagna di Messina Denaro rivela alcune stranezze: nelle lettere per posta che inviava alle sorelle, con “pizzini” all’interno dei quali inviava messaggi in codice, l’anno scorso a un certo punto fa chiaramente capire che aveva capito di essere sotto controllo mentre le spediva. Ad averglielo spifferato potrebbe essere stata “una talpa”. Ros e carabinieri, secondo la fonte di Report, hanno sempre svolto indagini parallele, arrivando a farsi dare da questa le chiavi dell’appartamento della sorella Rosalia, già pieno di microspie piazzate dalla polizia. Quest’ultima aveva trovato già molti pizzini, ma non quello che sarebbe stato decisivo, sulla malattia, che avrebbe portato allo screening sui malati di tumore e quindi al boss. Un pizzino individuato invece dai carabinieri. Tutto però rimanda al maggio 2022, al momento in cui il boss si accorge di essere stato beccato e, probabilmente su indicazione di qualcuno, non usa più la posta, e questo qualcuno potrebbe rinviare a una “operazione dell’intelligence”, all’interno di una trattativa molto più antica, risalente alle lettere con Vaccarino.
Baiardo e le foto con Berlusconi
“A questo punto”, sostiene Mondani, “entra in scena Salvatore Baiardo, il favoreggiatore dello stragista Giuseppe Graviano”. Nel 2020, in un processo a Reggio Calabria, Graviano aveva raccontato di aver incontrato da latitante per ben tre volte Silvio Berlusconi, finanziato dalla sua famiglia per 20 miliardi delle vecchie lire. Nel 2021, Baiardo avrebbe detto a Report che gli incontri con Berlusconi erano stati molti di più e che Graviano aveva persino ricevuto l'Agenda Rossa di Paolo Borsellino. Balle, secondo Berlusconi. Sempre Baiardo, in una puntata del novembre scorso a Non è l’arena di Massimo Giletti, “predisse” l’auto-cattura di Messina Denaro, presentandola come un “regalino” fatto al governo, uno scambio fra l’arresto e la fine dell’ergastolo ostativo e magari pure del 41bis. Nel marzo scorso, ancor a Report, Baiardo sosteneva che a prender contatti con lui e Graviano furono i servizi, e aggiungeva che, se non verrà tolto il 41 bis, “questo governo cade”. L’Aisi, il servizio segreto civile, smentisce ogni coinvolgimento.
Giletti chiuso per uno degli scatti con il leader di Forza Italia?
Nei primi anni ’90 Baiardo, Giuseppe Graviano e il generale dei carabinieri Giuseppe Delfino (ex Sismi, condannato per i soldi intascati dal sequestro di Giuseppe Soffiantini, accusato da pentiti di essere un uomo chiave della strategia della tensione) avrebbero preso un caffè insieme a Orta, immortalati in tre foto in possesso di Graviano, almeno a sentire Baiardo. L’ex autista dei Graviano dice a Report che gli scatti sarebbero del ’92, in concomitanza con la nascita di Forza Italia, e che le avrebbe mostrate nel 2011 al fratello di Silvio Berlusconi, Paolo, che si è avvalso della facoltà di non rispondere agli inquirenti della procura di Firenze. Poi, la giravolta: dopo il blocco improvviso della trasmissione di Giletti, Baiardo su TikTok nega l’esistenza delle foto. Il fatto è che Giletti, sentito dai magistrati, ha confermato che Baiardo gli ha fatto vedere una foto, una vecchia polaroid, in cui il conduttore tv riconosce effettivamente Berlusconi, riconosce Delfino ma non il terzo, un giovane, che sarebbe Graviano. Il 2 marzo, Baiardo manda degli sms a Giletti suggerendogli di fare attenzione alla data dell’8 marzo, che coincide con la pronuncia della Cassazione riguardo la riforma del governo Meloni sull’ergastolo ostativo. Commenta Sigfrido Ranucci: “Non conosciamo i reali motivi della sospensione del programma di Giletti e della sua squadra. Ma se è per questa storia sarebbe gravissimo. Per la libertà di stampa e per l’intero Paese”.
Georgofili: vero obbiettivo una sede massonica?
Qui si fa un passo indietro, all’arresto di Totò Riina, che venne “predetto” da Delfino come quello di Messina Denaro da Baiardo, e anche in questo caso come “regalino” al governo di turno, ovvero all’allora ministro della Giustizia, il socialista Claudio Martelli. Invece, l’8 gennaio 1993, pochi giorni prima di Riina, viene arrestato un altro esponente di Cosa Nostra, Balduccio Di Maggio. Secondo Baiardo, Di Maggio si consegna al generale Delfino, e così facendo “vende” Riina allo Stato. Tesi che si incastra con la versione del pentito Gaspare Spatuzza. Ma Baiardo ha parlato anche di conversazioni al telefono che sarebbero intercorse fra Filippo Graviano e Marcello Dell’Utri, che dopo tre archiviazioni e la recente assoluzione sulla trattativa Stato-mafia, è ancora sotto indagine assieme a Silvio Berlusconi con l’ipotesi di essere stati i mandanti esterni delle stragi del ’93, concepite da Giuseppe Graviano e Messina Denaro per facilitare il nuovo soggetto politico Forza Italia. La procura di Firenze è tornata alla carica a partire da dichiarazioni di Graviano su un presunto investimento di 20 miliardi di lire negli anni ’70 da parte di suo nonno a Berlusconi, per andare poi sulle movimentazioni finanziarie fra quest’ultimo e Dell’Utri dal 1989 in poi così da assicurarsi di non finire nelle inchieste di mafia. Giorgio Perroni, avvocato di Berlusconi, parla a questo proposito di “macchina del fango illegale”. Quanto alle stragi, e in particolare quella in via dei Georgofili a Firenze, Spatuzza ha detto che i morti in quell’occasione “non ci appartengono”. Report qui sente un perito balistico, Lorenzo Cabrino, e in base alle sue osservazioni e a quelle di un ex agente della polizia fiorentina, ipotizza che l’esplosivo usato autorizzerebbe a non escludere voci raccolte nel mondo massonico, per le quali il vero bersaglio non erano gli Uffizi ma la sede, ospitata nella torre dove si trovava l’Accademia dei Georgofili, di una massoneria collegata alla mafia.
I servizi segreti dietro le stragi del '93?
Ma non è finita, sulle stragi. Mondani va a parlare con Marianna Castro, ex compagna del poliziotto Giovanni Peluso come “compartecipe ed esecutore materiale della strage di Capaci” in cui morì Giovanni Falcone, sua moglie e la scorta. Un poliziotto che avrebbe fatto parte di un “nucleo occulto” composto da dal poliziotto Giovanni Aiello, detto “Faccia di mostro” (morto nel 2017), e Bruno Contrada, ex numero tre del Sisde. Secondo la Castro, l’ex marito le disse che autori dell’attentato di via Capaci non furono dei mafiosi ma i servizi segreti, e che fece due viaggi, entrambi alla vigilia delle bombe di via Georgofili a Firenze e di via Palestro a Milano. Collegate fra loro da una presenza femminile: due donne, una bionda (Rosa Belotti, allora trentenne, che due mesi fa ha negato qualsiasi ruolo nella strage fiorentina) e una mora, chiamata “Cipollina” per l’uso dei capelli agghindati a cipolla, che secondo la Castro sarebbe stata coinvolta nella strage milanese essendo non una qualunque, ma la nipote dell’allora capo della polizia, Vincenzo Parisi. Le indagini calabresi in effetti si sono occupate di Virginia Gargano, parente acquisita di Parisi e ritenuta vicina, benché senza accertamenti, ad Aiello.
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La spia americana fonte di Fabrizio Gatti
Sulla bomba scoppiata a Milano, in particolare, Fabrizio Gatti nel 2019 scrisse, nel libro “L’educazione americana”, la storia di un agente Cia con interessanti rivelazioni sui retroscena della strage. Secondo la fonte di Gatti, la preparazione dell’attentato sarebbe stata opera di una squadra clandestina del servizio segreto americano, con esplosivo fornito dalla mafia. E qui cala il sipario. Nel tirare le somme Ranucci, citando l’ultima relazione dell’Antimafia che “impone” di verificare se sia esistita una “organizzazione parallela con finalità terroristiche” che abbia affiancato la mafia nella stragi, si domanda se qualcuno se ne stia occupando. Domanda retorica.