Un progetto colossale, che sembra scavare dentro Milano da decenni: la M4, la linea della metropolitana che collegherà l’aeroporto di Linate al capolinea di San Cristoforo, facilitando gli spostamenti in una città che vuole, da sempre, essere e apparire internazionale.
Così come Mosca, Stoccolma e molte altre metropolitane in giro per tutto il mondo allora anche Milano abbandona gli spazi commerciali all’interno delle stazioni della M4 e punta sull’arte: “Interventi di natura creativa e artistica” permanenti e temporanei daranno luce al nuovo progetto, la cui inaugurazione è prevista tra il 2022 e il 2023.
E qui, arriva la fregatura. Gli artisti chiamati a decorare la metropolitana dovranno farlo a loro spese: "Gli interventi selezionati dovranno essere a totale carico dei proponenti - si legge sul bando - che dovranno quindi essere autosufficienti in termini economici, di eventuali sponsor, di fattibilità, di realizzazione nonché di sostenibilità ambientale”.
La notizia ha scatenato le critiche di moltissimi, fino alla firma di una lettera di protesta contro il bando sottoscritta da 160 artisti, tra scultori, pittori, docenti e galleristi. Un terremoto che ha scosso la coscienza del presidente della M4, Fabio Terragni, che si è detto: "Disponibile al confronto sulla questione" ma anche un pretesto per parlare del valore che il nostro paese dà ai lavori del campo artistico.
Noi lo abbiamo fatto con Giulia Hartz, designer e illustratrice italiana che dal 2016 vive e lavora a Berlino. Caschetto nero, grandi occhiali, idee chiare sul futuro di chi, come lei, fa sentire la propria voce con orgoglio: "Faccio la freelance, gestisco la mia pagina Instagram e il mio ecommerce - ci ha spiegato Giulia - e tra le altre cose sul mio profilo cerco spesso di sensibilizzare il pubblico all'uso dell'arte, e dei contenuti altrui, su Internet".
Perché la libertà dei social, e del panorama online in generale, restituisce agli utenti una visione distorta dei prodotti originali, ideati e realizzati da designer, artisti, illustratori, ma anche musicisti e content creator: "A volte non c'è cattiveria, semplicemente vedono una cosa online e pensano che sia libera. Questa mia attenzione, e questo tentativo di sensibilizzazione che spero di trasmettere a chi mi segue, viene dal fatto che come artista spesso mi sono arrabbiata per come gli altri usavano i miei contenuti. Vedo i miei lavori postati senza credits, riutilizzati, addirittura stampati su magliette e venduti senza alcun tipo di retribuzione. E scopro queste cose perché passo ore a cercare online le mie illustrazioni, investendo tempo per salvaguardare il mio lavoro".
Un esempio, che potrebbero essere decine o forse centinaia, di un lavoro di cui troppo spesso si dimenticano complicazioni e intralci. Se poi, come nel caso della Metro di Milano, anche le Istituzioni giocano la loro parte, l'impegno si trasforma in una corsa a ostacoli contro tutto e tutti.
Giulia alza la mano e fa un tre con le dita. Sono almeno tre le cose che non vanno, in questo bando della discordia. Il primo è un problema di rispettabilità del lavoro altrui: "Io non chiamerei mai l’idraulico a sistemarmi il lavandino gratis però mi aspetto che un artista mi dia il suo lavoro gratuitamente. Perché? Semplice: l’arte non è considerata un lavoro. Credo che questo sia un problema contro cui chiunque lavori nel mondo creativo prima o poi sia stato costretto a scontrarsi. Con la famiglia, prima di tutti gli altri, perché le persone intorno a te pensano che tu "faccia i disegnini" e che non sia un impiego vero. E poi entri nel mondo del lavoro, dove ti trovi a dover gestire proposte e budget ridicoli".
Nessuno chiederebbe a ingegneri e architetti di realizzare la M4 gratuitamente, o per un pugno di visibilità. Fa sorridere quasi pensarci. Ma quando si arriva nel lato oscuro dei lavori non convenzionali il lavoro gratuito è dato quasi per scontato. Giulia alza le dita per indicare il secondo punto, perché la vera domanda che spesso non ci facciamo è: chi può permettersi il lusso di lavorare senza guadagnare?
"Il secondo problema è che con questo bando viene dato per scontato il fatto che l’artista abbia altri guadagni - spiega l'illustratrice - E questo significa principalmente due cose: o troverai persone non professioniste, che lo fanno come sorta di hobby e quindi il risultato non potrà essere di alta qualità, o andrai a pescare nel bacino dei privilegiati. Il mondo dell’arte è già dominato da uomini, bianchi, eterosessuali e benestanti, se poi si spinge sempre in questa direzione non ci sarà possibilità di cambiare punto di vista. Parlo anche di narrativa, noi abbiamo bisogno di una narrativa diversa, di una pluralità di voci. Ma come possiamo pretendere che queste voci trovino spazio se non vengono poste le basi giuste?".
E se le prime due motivazioni non fossero sufficienti, a Giulia è rimasto un dito alzato. Perché il terzo punto è quello che riguarda tutti, chi il "lavoro" lo offre, e chi lo fa: "Se tu accetti per te questa situazione, queste condizioni, allora stai anche livellando gli altri verso il basso, crei un precedente per cui si troverà sempre qualcuno disposto a lavorare gratis, a svendersi, a regalare il proprio lavoro".
La Metro di Milano, la Blu come già la chiamano tutti, si è così velocemente trasformata in un pretesto per parlare di un problema che accompagna tantissimi giovani in giro per l'Italia e per il mondo. A Berlino la situazione è migliore, spiega Giulia: "Non è tutto perfetto, ma vieni pagato per quello che vali. In Italia credo ci sia un problema di normalizzazione di alcune pratiche sbagliate ma comuni: come a dire che si è sempre fatto così, quindi bisogna accettarlo e continuare a farlo. Ma se altrove non si fa, bisognerebbe piuttosto cercare di puntare sempre al meglio, no?".
"Se con la Metro di Milano avessero voluto davvero fare una cosa fatta bene avrebbero contattato i fiori all’occhiello dell’arte italiana o stabilito i termini per un bando rispettabile - fa notare l'illustratrice - invece con questo bando hanno fatto capire che, a livello artistico, non c’è stato alcun pensiero, ragionamento o studio. Ed è assurdo pensare che lo abbiano fatto per un progetto così mastodontico per la città".
Giulia però non perde la speranza: "Magari cambieranno idea, speriamo!". Perché alla fine sarebbe bello far parte del progetto, e contribuire a rendere unica la M4.
Ma così, no. Così, mai.