Per capire cosa succede nel quotidiano la Repubblica, a volte è necessario curiosare nelle pagine interne: il 16 febbraio 2022, abbiamo trovato un segnale preoccupante nella sezione degli Spettacoli, che ci fa capire in quale deriva sta tentando di portarci un certo oltranzismo femminista nostrano. In un trafiletto di condanna che sembra scritto col paraocchi, la commentatrice Silvia Fumarola se la prende con la fiction televisiva Màkari 2, andata in onda su Rai 1. “Certe battute tenetele per voi”, è il titolo eloquente, e il casus belli è una frase pronunciata dal personaggio Piccionello quando abbraccia Marina, la fidanzata che non vede da un po’, dicendole: “Mi è mancato il tuo odore”, mentre l’amico Saverio commenta: “Potevi andare al mercato del pesce quando picchia il sole”. Ora, riuscite a immaginare cosa succede? Dalle pagine di Repubblica parte l’anatema del nuovo MinCulPop, l’organo di stampo fascista riesumato a cento anni giusti dalla Marcia su Roma.
La Fumarola va subito all’attacco: “Voleva essere una battuta? Offendere una donna – sovrappeso, normopeso, sottopeso – dicendo che puzza come il pesce fa ridere? È rispettoso? Non sappiamo cosa avessero in mente gli sceneggiatori, perché recitando la scena o riguardando il girato nessuno abbia detto: un po’ pesante, no?”. Dunque, se abbiamo capito bene, in una fiction televisiva le battute su una donna che puzza – perché non si lava, non per altro – non si possono fare. Già da tempo sono vietate quelle che dicono grassa, o grassona, o cicciona eccetera, ma da oggi devono essere vietate – lo ordina Silvia Fumarola – anche quelle che definiscono l’odore cattivo di un essere umano di sesso femminile. Se è di sesso maschile invece va bene, anzi, è pure frequente: “Puzzi come un caprone!” è un topos ben noto, che molte donne ripetono con vigore; ma se è una femmina a non lavarsi per settimane, non è lecito per nessuno dire che puzza. E perché mai, vi chiederete? Ma perché il rispetto “riguarda anche il modo in cui si trattano i personaggi femminili nelle serie, perché la fiction è potente, attraverso il racconto veicola valori e disvalori, arriva a tutti. E le parole hanno un peso”, spiega la giustiziera Silvia Fumarola. La quale, non contenta di dettare le linee per lo storytelling televisivo del nuovo corso del MinCulPop femminista (non solo non si può dire che una femmina è grassa, ma nemmeno le si può dire di lavarsi, se puzza), si spinge fino a lanciare un avvertimento dal vago sentore mafioso: “Non sappiamo cosa abbiano pensato il produttore Carlo Degli Esposti, gli editor Rai, in genere solerti. (…) Curioso che il produttore sia lo stesso di Studio Battaglia, avventure di uno studio legale al femminile, con un gruppo di donne che con forza e ironia difende i diritti delle altre donne”.
Che vuol dire In genere solerti? Solerti in cosa? Nell’adattare tutto a un’ipocrisia che inganna, a sterilizzare gli aspetti della vita di tutti, solo per non offendere il comitato centrale del Nuovo Fascismo Femminista che si sta incistando nei media? Il messaggio lanciato da Repubblica al produttore Carlo Degli Esposti sembra abbastanza chiaro: “Caro signore, stia attento a come si muove e a quali messaggi veicola, perché ci sono milioni di telespettatori che vi seguono e che, ovviamente, non riescono a pensare con la propria testa; siamo noi a decidere cosa devono o non devono pensare”. Lo ha decretato Silvia Fumarola.