Il 1984 è stato un anno emblematico entrato nell’immaginario collettivo già molto tempo prima del suo arrivo, grazie all’omonimo capolavoro letterario di George Orwell che preconizzava una società schiacciata dal totalitarismo. È stato l’anno che da il titolo all’album di maggior successo dei Van Halen, quello in cui Albano e Romina hanno vinto il Festival di Sanremo e anche quello in cui sugli schermi dei televisori italiani esordisce il Televideo. Oggi, 37 anni dopo, molte cose sono cambiate: i Van Halen non esistono più, il Festival di Sanremo l’hanno vinto i Maneskin, ma il Televideo resiste e lotta insieme a noi. Anzi, prospera.
Il 5 settembre del 1984 il teletext fa il suo debutto anche in Italia, grazie alla RAI. Si tratta di un sistema di comunicazione “da uno a molti” sperimentato già nel 1975 dalla BBC britannica e chiamato Ceefax (un nome assonante con le parole “See Facts” conoscere i fatti), e diffusosi poi, sebbene con standard tecnologici diversi, in Germania Ovest e Francia. È difficile, oggi, immaginare la portata rivoluzionaria che questo servizio ebbe nella metà dei rampanti ottanta, un epoca nella quale per informarsi c’erano solo due canali: i giornali, il cui laborioso processo di stampa e distribuzione rendeva le notizie non freschissime, e i telegiornali. Il Televideo, con le sue pagine e sottopagine consultabili attraverso l’interfaccia rassicurante e familiare come quella di un fornello a gas del telecomando, permetteva a chiunque fosse in possesso di un televisore collegato a un’antenna di ricevere aggiornamenti su politica, mercati azionari, cronaca, sport, esteri. Ma soprattutto faceva tutto questo gratuitamente e in tempo reale. Non sbaglia molto quindi chi apostrofa il Televideo come “antenato delle pagine web”, un ponte tra la televisione e la carta stampata che aveva l’eccitante e imperscrutabile sapore del futuro. Nella mia memoria è tuttora vividissimo il mio primo ricordo del televideo: mio padre sprofondato nel nostro consunto divano in vinile Zanotta che legge i risultati della borsa sullo schermo del televisore. I caratteri grandi in campo nero, i grossi titoli che cambiano, in colori vivaci (ciano, magenta, verde, blu) quando mio padre “sfoglia” le pagine schiacciando i tasti mi elettrizzano come quando mi piazzo davanti al pionieristico Atari VCS del mio vicino di casa: il Televideo aveva il potere di rendere la televisione interattiva quasi come un videogame.
Nel tempo e negli anni le funzionalità del Televideo crebbero in importanza e nel numero di pagine consultabili (oltre mille), con le notizie dell’ultim’ora a fare da cardine polare, aggiornate in tempo reale da una squadra di quasi trenta giornalisti dedicati. Leggendaria divenne anche “la pagina 777 con i sottotitoli per non udenti”, una formula indelebilmente scolpita nel mio lobo frontale in quanto era quella con cui le annunciatrici Rai terminavano di enunciare i programmi della serata (inaugurata nel 1986 con la messa in onda del film “La Finestra sul Cortile”).
La velocità esponenziale del progresso tecnologico che ha caratterizzato gli ultimi 30 anni della nostra vita ha reso obsolete una quantità impressionante di innovazioni considerate game-changer: la linea telefonica fissa, le Pagine Gialle, il VHS, il visore per la realtà virtuale, il fax… incredibilmente però il Televideo è ancora tra noi. Pur non essendo mai stato oggetto di monitoraggio (l’ultima indagine di mercato di questo tipo risale al 2013 e individuava un pubblico quotidiano di circa un milione e mezzo di persone) sembra che il teletext di Viale Mazzini resista egregiamente all’invecchiamento grazie alla “facilità di utilizzo e di accesso”, come spiega un recente report dell’ufficio marketing Rai. Per gli inguaribili passatisti/hipster ora c’è anche un app per IOS o Android su cui poter usufruire del servizio sul proprio smartphone, perché quelle grafiche invecchiate così presto ora sono di nuovo fighe. Per capire di più il fenomeno ho fatto quattro chiacchiere con uno degli uomini simbolo di questo mezzo, avendogli dedicato praticamente tutta la sua carriera: l’affabile Sergio Rafaniello, caporedattore centrale del Televideo.
Come ha cominciato a lavorare al Televideo?
Appena sono entrato in Rai nel 1988, dopo aver vinto la borsa di studio in giornalismo. Ho fatto quasi tutta la mia carriera al Televideo dove attualmente ho l’incarico di caporedattore centrale con il coordinamento del notiziario giornalistico. L’impatto con questo mezzo, che allora appariva extraterrestre, fu estraniante. Di solito uno che diventa giornalista tende a rappresentarsi come una sorta di testimone del tempo e della storia. Nulla di tutto questo per me invece: stavo in uno stanzone con tastiere e schermi e stampate di agenzie da ridurre a “pillole” di notizie o poco più, niente spazio alla prima persona singolare. Solo fatti nudi e crudi e una loro descrizione succinta possibilmente senza incappare in errori di ortografia (verba volant, scripta manent… in onda)
Non sapevo allora che quella mia esperienza sarebbe stata una sorta di ‘premonizione’ per una professione in cui, anno dopo anno, schermi e tastiere sarebbero diventati pane quotidiano per molti. A partire, per esempio, dai colleghi che lavorano sui siti d’informazione.
C’era un senso di “frontiera”, di pionierismo?
Si, diciamo che il Televideo ha sempre goduto di una certa libertà in seno alla RAI. Noi che ci lavoravamo pensavamo (e lo pensiamo tuttora) che potesse finire da un momento all’altro. Intanto sono passati quasi 40 anni. La scommessa fu, a partire da questo mezzo così ‘freddo’, quella di articolare un vero e proprio giornale in continuo aggiornamento con la pretesa, minuto per minuto, di fornire l’informazione più importante in un dato momento (la mitica ‘ultimora’) e una scaletta plausibile delle principali notizie della giornata che, a pensarci poi bene, non sono mai più di 4 o 5…
Come si spiega la longevità del Televideo?
La fortuna perdurante di Televideo, anche in un mondo iperconnesso com’è quello attuale, è proprio tutta in questo particolare a mio parere. Un po’ come la storica pubblicità del digestivo “così comodo che si può prendere anche in tram”. Certo molta gente ha voglia di approfondire, di leggere interviste, di vedere immagini. Ma spesso nella corsa delle nostre giornate vogliamo solo, magari a tarda sera, sapere cosa c’è di nuovo, se domani piove, come è finita la partita, se è confermato lo sciopero dei bus. In più viviamo in un Paese dove tanta gente non è più giovanissima e considera computer e smartphone alieni. Il Televideo sul loro televisore, un elettrodomestico rassicurante e rilassante.
Nella sua vita dietro questa tv da sfogliare avrà sicuramente ricordi sufficienti per tre libri…
Aneddoti ne avrei molti e riguardano soprattutto effetti comici derivanti da errori di battitura, come un titolo che riferiva di un colloquio tra Andreotti e la mala… Dopo un minuto fu corretto in La Malfa ma intanto erano già arrivate varie telefonate di protesta. Ma, giunto ormai quasi a fine carriera, mi piace ricordare l’impegno profuso da tutti i colleghi che si sono avvicendati in questa esperienza nel buttarsi a capofitto nei passaggi chiave di questi decenni, il crollo del Muro, gli attentati a Falcone e Borsellino, Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica, le Torri Gemelle… fino all’emergenza Covid alla quale Televideo dedica ogni giorno da più di un anno un indice ad hoc.