In Italia ormai da anni abbiamo la tanta invocata libertà di pensiero: peccato che ora manchi il pensiero. Ormai sotterrati da una logica da instagrammatica della vita al posto di scendere in piazza scendiamo sui social. Non costa molto e la maggioranza silenziosa ci assicura che la standardizzazione del bene pubblico da una urna (che già nel nome porta il proprio destino) è passata ad una agora dove protestare è come guardare Report: lo guardi ti lavi la coscienza e avanti a tutta forza a vivere come sempre. Springsteen a Ferrara? Polemiche su polemiche, accuse agli organizzatori, ai politici locali perché cantare in una Emilia-Romagna in lutto sarebbe una ingiuria. Si è rinviato persino il Gran Premio di Imola! Già peccato che persino dietro i box sia tutto allagato. Se non vi sembra che il GP si fermerebbe quando non si era fermato nemmeno per le proteste che videro Nicky Lauda opporsi alla stessa gara per quei pericoli che lo porteranno ad essere una torcia umana! Immaginate che l’allagamento non sia solo delle coscienze intorpidite del GP. Allora perché non fermare il campionato di calcio?
Il concerto di Springsteen ha portato un indotto che è il primo reale tangibile alla Regione Emilia-Romagna! Ho letto di accuse deliranti a Claudio Trotta come organizzatore del concerto: ma prima di scrivere e accusare sapete chi è Trotta?
Anni fa, i primi, quelli dell’esordio, come tutti si poteva definire un promoter. Adesso è un uomo, un artista, un uomo civile che difende il diritto di tutti noi che non solo andiamo ai concerti ma che respiriamo bellezza. Ha combattuto da solo contro il secondary ticketing. Per sé stesso? No per noi. Nel suo libro autobiografico “No pasta no show”, una delle rare autobiografie che non sono agiografie, un capolavoro di scrittura e di vita, Trotta racconta ciò che nessuno tra “i promoter” ha mai voluto affrontare: i costi dei concerti nel prato. Noi tutti siamo cresciuti con le corse dei fan dalla notte prima per aggiudicarsi i primi posti davanti alle transenne. Adesso basta. Quello che era l’ultimo avamposto del popolo del rock è ormai stato trasformato in una nation più alive che live: basta pagare per aggiudicarsi il prato diviso in parterre. Con nomi tipo pit stop oro, argento e mirra. Persino gli after show con gli artisti adesso li vendono.
Ho visto dare del delinquente a Claudio Trotta: a parte che chi lo ha apostrofato così non sa che i delinquenti del rock’n’roll hanno fatto la storia delle star. Hanno criticato addirittura Springsteen per aver dormito in un celebre hotel di Bologna. Cosa doveva fare? Andare in piazza Grande a montare una tenda? A Ferrara, che è una delle città che tra Pinacoteca, Teatro e festival è più attenta alla musica, Springsteen ha dato una lezione di serietà. Ha rispettato il lavoro di decine di addetti che dai primi di maggio con Claudio Trotta hanno approntato perché il concerto andasse bene.
Ci sarebbero stati più disordini a non farlo, ma soprattutto più resa. Il rock non si arrende e neanche Bruce Springsteen sarebbe stato facile fare notizia nel mondo e al posto di ricordarci che prima di essere condannati alla oscurità “c’è un mondo da scoprire” andare in canotto a Faenza e farsi riprendere in mondovisione “che bravo che forte che cuore” ma ha preferito ricordarci che “we are the world we are the children”.
Basta la voce roca di quelle strofe indelebili anche per chi non lo conosce per farci capire la differenza tra chi tratta i suoi ascoltatori da children, da bambini, e chi come lui è disposto ad affrontare un mare di fango per lo più di inchiostro
E tra gli squali degli inviati tv che hanno sostituito l’esistenza con la “vita in diretta” almeno per una notte grazie a lui e Claudio Trotta