Andrea Settembre è il "classico" ragazzo di vent'anni che incontri e vorresti che diventasse subito tuo amico. Viso pulito, modi di fare educati, pacato e con un grande sorriso. In tutto questo, c'è anche un giovane artista, che a breve si esibirà all'Ariston, durante il settantacinquesimo Festival di Sanremo, nel circuito dei Giovani. Io l'ho inizialmente giudicato male, dando a "Vertebre" un voto piuttosto basso. Riascoltando il brano, e ritrovandomelo spesso nel feed di TikTok, ho iniziato ad apprezzare e capire che avevo sbagliato tutto. In questa canzone Settembre ha messo tutto se stesso, ma anche la voce della sua generazione, a cui tutti vorebbero insegnare qualcosa. E invece, questa volta, forse è proprio lui e tutti quelli che come lui hanno vent'anni (o giù di lì) a insegnarci qualcosa. Lo abbiamo intervistato ed ecco cosa ci ha raccontato su Sanremo, il suo brano in gara "Vertebre" (che in sottofondo contiene anche le voci, spontanee, dei suoi amici, registrate durante un viaggio a Tenerife) e l'esperienza a X Factor.
Come ti stai preparando per Sanremo?
Sono molto concentrato, sto cercando di preparare il mio spirito e il corpo a questa grande, grande cosa che è il Festival di Sanremo. Poi ovviamente preparo il brano e cerco di fare anche attività fisica ogni tanto, incanalando in tutto veramente tante energie.
Si è tornati alla “vecchia modalità” per i giovani. Per te cambia qualcosa?
Mi piace anche questa modalità, sinceramente. Sono dell’idea che tutto succede per una ragione e sono contento sia andata così, perché avrò la possibilità di cantare “Vertebre”, un brano veramente tanto importante per me ed è bellissimo sapere che lo è anche per altre persone. Sono contento di portare una canzone che mi rende fiero di quello che faccio.
Per me sei la dimostrazione che ci si può ricredere. Dopo il primo ascolto di “Vertebre” ti ho dato un voto bassisimo nelle pagelle, ma alla fine sei quello a cui ho sempre dato i voti più alti durante le varie serate.
Anche a me capita di ascoltare dischi di artisti per me importanti e dire “no, non mi piace”, riascoltarlo e cambiare totalmente idea.
Trovo anche molto spontaneo il modo in cui ti racconti, e hai raccontato anche “Vertebre”, sui social.
Io sono me stesso, posso piacere e non piacere. Faccio video sul web da un po’ e spesso sono stato più me stesso sui social che nella vita di tutti giorni. Sai, in certi contesti cerchi di essere più serio, di darti un tono, perché altrimenti come mi è già successo in passato, quando facevo video solo comici, la gente poi pensa che sei solo quello. In realtà c’è tanto altro ed essere se stessi premia di più.
In “Vertebre” dici: “Giochiamo a fare i grandi, poi piangiamo all’università”. Tu hai 24 anni, la tua generazione è molto esposta sui social e a tutta una serie di dinamiche relazionali che forse chi è più grande ha vissuto meno. Alla tua età forse si gioca a fare i grandi per essere presi sul serio da chi è più vecchio?
Sei la prima persona con cui parlo, forse perché siamo di due generazioni vicine, che ha realmente capito quello che volevo dire. A quest’età cerchiamo di costruirci, di capire come comportarci in certi contesti. Io parlo sempre tanto, a volte mi pento e dico “non l’avrei dovuto dire”. Sono atteggiamenti che vengono visti come infantili, e quindi cerchi di darti un tono. Ma alla fine “piangiamo all’università”, che è il luogo più vicino per descrivere la mia generazione ed è il posto dove cadono tutti gli scudi.
Citando ancora il brano canti “nessuno ci ha mai detto come si piange alla nostra età”, ma anche “come si ride”. Sono le prime due cose che facciamo appena nati ed è qualcuno che effettivamente non ci insegna nessuno, ma per cui si viene spesso giudicati e crescendo tendiamo a inibirci.
Anche qui hai colto quello che volevo dire, perché nella mia vita spesso mi sono sentito “troppo”, per colpa degli altri, e sin da piccolo mi ha sempre fatto soffrire questa cosa. Gestire queste emozioni nuove è difficilissimo, ma non solo piangere, ridere, tutto, dall’ansia al resto. Siamo solo dei ragazzi di vent'anni, stiamo cercando di capire come si vive e già è difficile, è un po’ un grido d’aiuto. Credo, nel mio piccolo, che i miei genitori abbiano avuto le loro difficoltà, però era diverso, non c’erano i social ad esempio. Su di noi hanno fatto l'esperimento, nessuno prima di noi ha vissuto i social e hanno impattato tantissimo nulla nostra generazione.
Tornando a Sanremo, ci sono degli artisti che apprezzi particolarmente?
Rocco Hunt, che è stato il primo artista campano a Sanremo Giovani, a cantare in napoletano e a vincerlo anche. Per me è stato, anche se faccio un altro stile, scuola e ci ha aperto le porte. Sono molto curioso di sentire Noemi, Elodie e la magnifica Giorgia, con cui ho avuto modo di parlare.
E com’è andata?
Sembrava quasi di parlare con un’amica. Ho pensato “ho accanto a me la voce italiana per eccellenza e stiamo parlando come se ci conoscessimo”. È una persona meravigliosa, sono molto cuorioso di sentire il suo brano e anche lei per me è stata scuola, ma per chi non lo è stata.
E per quanto riguarda X Factor?
Sono estremamente grato a X Factor, perché mi ha dato la posibilità di farmi conoscere da un pubblico più grande. La rifarei altre mille volte come esperienza. e la consiglio a chi ha voglia di mettersi in gioco e farsi conoscere. Certo, non è l'unica modalità per farlo, ma io l'ho scelta e tornassi indietro la sceglierei ancora.