Al cinema e in televisione la comicità non se la passa granché bene; in compenso, a teatro è più viva che mai. C'è un comico ad esempio, che non solo riempie da inizio 2025 i teatri dello stivale, ma che è riuscito a rendere il suo nome internazionale: Francesco De Carlo. Prima però, ci sono voluti anni di palchi, la commedia all'italiana, la scoperta della stand up comedy anglosassone, la sperimentazione dei testi nonsense, Roma, l'inglese, il jetlag, il ritorno a casa. L'ultimo spettacolo di Francesco De Carlo si intitola Mortacci Tour-Storia di Roma per gente allegra: un monologo di un'ora e mezza che, tra serio e faceto, ripercorre la storia dell'urbe come dna dei nostri vizi e virtù. Sulla carta, un'idea terribile: ma siccome De Carlo non è Maurizio Battista, qui si ride davvero. La romanità infatti, non serve per ammiccare al pubblico: è invece il pretesto che il comico usa per portarci nel suo mondo. Perché di già sentito, in questo spettacolo non esiste niente. De Carlo oscilla tra alto e basso, muovendosi continuamente tra reale e fantastico: da un lato le guerre puniche; dall'altro gli elefanti di Annibale come allucinazione di chi ha pippato, perché non può esserci altra spiegazione a un elefante sulle Alpi. Poi, in qualche modo, subentrano dei canguri: ed eccoci qua, siamo ancora una volta nell'universo che De Carlo ha creato per il pubblico. La sala del teatro ride: applaude persino Mauro della prima fila, lui che nemmeno voleva venire. Le battute sono il collante tra le varie parti dello spettacolo: vengono lasciate cadere con noncuranza, ma hanno senso solo in relazione al racconto nella sua interezza. Dunque, nessuna gag o sketch da estrapolare in reel malefici che intasano l'algoritmo: il Mortacci Tour va visto live. Se la contemporaneità fa paura, allora bisogna cercare di capire da dove veniamo, cosa abbiamo ereditato nei secoli. Così, mentre molte delle nuove leve si avvicinano alla stand up comedy infarcendo i pezzi di cattiverie gratuite e volgarità, De Carlo fa un orgoglioso passo indietro: no parolacce, pochissimi i riferimenti alla sfera sessuale.
La sua trasgressione è la creatività: la corporeità sul palco, il nonsense che irrompe nel mezzo della storia, la religione che viene depotenziata in maniera imprevedibile. Se qualcuno dovesse offendersi, spoiler: poi passa. Parentesi personale: di Francesco De Carlo qui si è vista l'intera parabola professionale. L'inizio al Cinema Palazzo occupato a San Lorenzo, i monologhi su La7 nel programma Un due tre stella di Sabina Guzzanti, le serate organizzate con Saverio Raimondo ed Edoardo Ferrario in un cafè vicino al Colosseo, i monologhi in un ex magazzino riconvertito a locale per la musica dal vivo. E qui, seconda parentesi personale: ai tempi dell'ex magazzino riconvertito, quando si esibiva insieme ai colleghi del collettivo di Satiriasi, Francesco De Carlo era il personalissimo momento degli occhi all'insù, quello che “oddio no, mo' tocca a questo”. Ecco, a distanza di parecchi anni, lui è passato al Bracaccio e io non solo ho pagato un biglietto per andarlo a vedere, ma per andare a teatro ci sono pure partita dalle Marche. Cos'è cambiato? Che nel frattempo ci sono stati la partenza per Londra, i live in inglese, il Festival di Edimburgo e da lì, spettacoli in tutto il mondo, dal Sud Africa alla Corea del Sud passando per New York. Al ritorno da Londra, Francesco De Carlo non era un comico che parla inglese con l'accento romano, ma un comico che aveva trovato la sua cifra. La sintesi perfetta tra il nonsense totale dei primi anni di carriera e il racconto strutturato. L'esperienza internazionale gli ha dato linfa artistica, oltre ad averlo spinto in questa direzione: del resto, difficile il nonsense quando devi ricordarti il pezzo in una lingua che non è la tua. Oggi De Carlo fa sold out al Teatro Brancaccio con ben sei date, mentre ne annuncia altre due per luglio, una a Milano e una al Teatro di Ostia antica. A settembre invece, lo aspetta un tour americano dell'east coast: un italiano che porta uno spettacolo in inglese negli Usa, un fatto più unico che raro. Mortacci, Francé.
