Siamo stati al Base di Milano per l’ultima tappa del Suona! Tour di Motta (due le repliche), un progetto nato durante la composizione dell’album omonimo, Suona Vol.1 che è diventato realtà grazie al sostegno di Dr. Martens. L’intenzione del cantautore era quella di riportare la musica live in uno studio di registrazione e non il contrario, come accade di solito. Nel gergo teatrale, la quarta parete è quel muro immaginario che separa il pubblico dal palcoscenico, rendendo lo spazio scenico un regno a sé dove gli attori si dimenticano di essere osservati. Motta non solo abbatte la quarta parete, ma anche tutte le altre tre, nella totale consapevolezza di essere visto da una platea che è lì solo per lui. Il palco non è un palco, ma una distesa circolare di tappeti cosparsa di strumenti di ogni tipo, dalle percussioni alle chitarre, delimitata da un anello di luci e amplificatori. Appena comincia, invita subito le prime file ad accomodarsi dove preferiscono e chi ne ha voglia a suonare insieme alla band, per poi avanzare lui stesso in mezzo alla folla in un rapporto osmotico costante.
Un concerto, nel senso più classico del termine, con un insieme di musicisti allenati a suonare insieme impone uno sforzo non solo da parte di chi lo esegue, ma anche da chi ascolta, soprattutto se lo spirito che lo caratterizza è quello punk e psichedelico di Francesco Motta. Quando sulle note di “La fine dei vent’anni” con Ginevra, una delle ospiti della serata, chiede di sedersi, le persone sorprese si impegnano a ritagliarsi uno spazio del pavimento per accomodarsi, non senza scomodità, ma la musica è anche fatica e collaborazione e alla fine per un paio di canzoni la platea resta appiattita a terra. Tra un pezzo e l’altro si creano dei momenti di improvvisazione in cui Motta e i suoi fidati musicisti, Roberta Sammarelli al basso (non esiste solo Victoria dei Måneskin!), Cesare Petulicchio alla batteria e Giorgio Maria Condemi alla chitarra, si abbandonano dionisiacamente alle note mettendo in scena quello che accade realmente in uno studio, tanto che a un certo punto Motta si accende anche una sigaretta.
Dopo varie battute da cui si capisce tutto il disagio di un romano (anche se acquisito) in trasferta a Milano, arriva il rapper Danno a far sentire a casa il cantante e i componenti della band, con le sue barre e il suo accento romanesco, dimostrando che musica suonata e hip hop possono amabilmente coesistere. Da Roma lo segue anche la moglie Carolina Crescentini, che, lungi dal barricarsi nello spazio dedicato alla stampa, si piazza fronte palco come una perfetta sconosciuta a cantare e applaudire il suo compagno, in sintonia col resto della gente. Non mancano momenti di autopromozione che sanno di novità per Motta, adesso che è discografico di sé stesso, dice, gli è venuta la voglia di vendersi. Infatti, Suona Vol.1 è il primo album uscito sotto la neonata etichetta Sona Records, che prende il nome dal monito con cui da giovane era solito venire zittito in sala prove, quando si dilungava troppo nelle chiacchiere, come avviene anche questa sera.
Così si appella agli “amici accrediti” per stimolarli ad acquistare almeno qualche pezzo del suo merchandising, visto che a sua detta sono quelli che “non cantano, non applaudono e non pagano” e spesso ha ragione, perché tra tutti gli accreditati la percentuale di scroccatori è sempre più alta di quella dei lavoratori. Dopo “Prenditi quello che vuoi”, dove si completa la fusione tra pubblico e band, facendo svanire definitivamente l’idea di palcoscenico, passando davanti al banchetto del merchandising, l’occhio cade sul vinile di Suona Vol.1 e forse perché Motta è stato un bravo venditore o per riconoscenza per la serata indimenticabile, uno viene a casa con me, perché è giusto dare valore all’arte. Se pretendiamo artisti di valore.