Gli ultimi pellegrini sciamano verso Via dei Cerchi costeggiando Monte Caprino e la Bocca della Verità, perdono la via, incappano nelle transenne, "non si può entrare, fate il giro". La fila è lunga e sono quasi le 21. Entriamo prima e le guardie ci guardano bonariamente. Le luci all’ombra del Palatino rischiarano il grande "monumento per sterramento – il Circo Massimo - l’immenso stadio ove si svolgevano i Ludi romani che nella fredda notte di San Silvestro si prepara ad accogliere circa settantamila anime tra sconsolati, peccatori, festaioli, delusi in cerca di speranza e di un po’ di allegria. Maria Chiara Belardo al suo esordio con la grande responsabilità di presentare il Capodanno romano e Don Cash di Dimensione Suono Roma, con Dj Mandolesi al nuovo ordinamento della strada invitando a non bere – la serata festaiola si preannuncia mesta - presentano i Cosmonauti Borghesi e gli Origami Smiles, lei interrompe le emozioni del giovane cantante, giustamente incantato davanti a una folla a perdita d’occhio. Tra i buttafuori e gli addetti alla sicurezza anche Ivano Monzani, diventato famoso al concerto milanese del 5 luglio 2022 di Fedez e J-Ax per le facce che fece alle parolacce dei giovani rapper. O forse non era lui. L’erba è fresca, procediamo a spintoni, un cerbero in gonnella prende molto seriamente il suo compito di security e ci imbruttisce per farci spostare - se rinasco rinasco col pisello per colpa di quella là. Si comincia, Andrea Rivera sale sul palco con L’Orchestraccia, peccato che l’acustica sia pessima e il suono rimbalzi sul monastero dei Padri Benedettini Olivetani – l’edificio con il curioso indice che punta il cielo, conosciuto come dito di Cicerone. Un applauso a Paolo Benvegnù, che ci ha lasciato, strilla Andrea, chissà se questa bolgia ha capito. L’Orchestraccia di Marco Conidi lo accompagna mentre il sedere ci si gela sulla spalletta a nord ovest del Circo Massimo. Poi dici perché Roma non procede, Rivera invita a non spaventare i cani con i botti tradizionali e attacca il suo monologo rievocando i capisaldi dei migliori cantori italici e capitolini nel suo stile, da Aldo Fabrizi a Gabriella Ferri, passando per la solita Anna Magnani, Guccini, De André, Pino Daniele, noi capiamo l’antifona e posiamo il cappellino con gli strass, poi la canzone sui cani abbandonati, sì, vabbé, ma non dovevamo festeggiare a Capodanno? Segue la raccomandazione agli ‘omini’ sul rispetto delle donne, Rivera invita a comprare cani ai bambini invece di un Pc, con "meglio un cane amico che un amico cane" la serata continua.
Sarà che ci manca, ma nella voce del comico romano rivediamo il sorrisetto di Remo (Remotti). Dai che forse si balla va. L’Orchestraccia attacca Clandestino di Manu Chao, ma siamo al Primo Maggio o alla Festa dell’Unità? Ma questi sacrosanti contenuti di sinistra non dovevano passare nelle scorse edizioni del Concertone di Ambra, in Piazza San Giovanni? Che ci stiamo perdendo? Almeno un trenino, un cotillon, ‘na trombetta, ma suona il violino tzigano nella grande Babylon – cit.- e in una acustica di merda non si capisce cosa sia illegal ma di certo non è la marijuana perché no, Conidi non l'ha detto. Lui per la cronaca è responsabile di un inno della As Roma dal titolo melenso di Sola mai, che dovrebbe chiede scusa ad Antonello Venditti, mò ci ammoscia pure Capodanno. L’Orchestraccia si perde in un elenco delle strade consolari romane e in una ode al guanciale e al pecorino che, come un pifferaio magico che intorta i suoi topolini ebbri di SPQR, fa chiudere gli occhi dinanzi alle pecche quotidiane cittadine, con questo nostalgico orgoglione brainstorming che dura davvero da troppo, troppo tempo. Ma basta co sto guanciale. Se non fosse che il senso di identità romano dovrebbe appartenere al suo popolo da sempre, sarebbe cosa apprezzata, ma la coesione ed il senso di comunità che tanto si sono persi non si costruiscono a suon di pecorino e in una sera; e soprattutto non in questa sera, quella di Capodanno. Un pensiero va ai poveri turisti che di tutta questa immensa sagra di paese capiranno ben poco. Ma domani cercheranno una carbonara bangladina in qualche caro ristorante trasteverino. Certo è che su questo palco ci vedremmo bene Il Muro del Canto, se cantar di Roma si deve e anche un ottimo Enrico Capuano e la sua Tammurriata Rock. Arriva La notte della taranta, gruppo folk salentino di musicisti di pizzica, ed è sul serio la sagra della fusaja. Il popolo è attonito, aspettava una cassa dritta, un fischiabbotto, un Gabry Ponte, che arriverà solo dopo la mezzanotte. I tre quarti d’ora tarantolati ci stremano come se già fossimo arrivati a luglio, se non fosse che fa un freddo cane. Ad un certo punto al top del tamburello siamo tentati di mettere le lancette avanti come il Maestro Canello nel tragico cenone fantozziano, per andarcene al grido di ritmo ritmo.
All’ennesimo daje de tacco e daje de punta rimpiangiamo quasi la vacuità destrorsa di Tony Effe che sta cantando al PalaEur, all’altro Capodanno di Roma. Grazie agli dèi Franz Di Cioccio irrompe al grido di branca branca branca e Volta la carta esplode nel cielo. Il leader della Pfm è giustamente galvanizzato per essere stato chiamato all’ultimo dal sindaco Roberto Gualtieri, che per l’occasione ha mollato i suoi cesti per la mondezza con la sottovalutatissima campagna pubblicitaria "Io? Cestò!". Poi Bocca di rosa, seguita dalla splendida Impressioni di settembre, scendono finalmente le lacrime. È Festa, i pezzi sono belli e gli animi si accendono all’arrivo a sorpresa dell’ospite atteso di questa notte: Boy George e i suoi Culture Club. Eravamo certi che ci avesse dato il cratere e appare quando ormai nessuno se lo aspettava più in bianco e nero completo di maxi bombetta, che da solo vale la presenza sotto palco al gelo di gennaio, commuovendo le settantamila persone presenti con Purple rain, in un tripudio di luci viola. Poi Sympathy for the devil, It’s a miracle, Io che non vivo cantata in italiano, per chiudere alla grande con la sempiterna Karma chameleon, mentre la mezzanotte ci sorprende e nella bolgia sbocciamo il prosecco che ci siamo sapientemente incollati nello zaino insieme ai calici. Con la visione alquanto creepy di Gualtieri sul palco che abbraccia Boy George dimentichiamo la severità dei contenuti di stasera, in una notte in cui avremmo voluto dissipare ciò che restava delle amarezze di questo 2024 ormai andato. Buon anno, amici di MOW, che la fortuna vi arrida e grazie Boy George per aver risollevato le sorti di questa immensa sagra paesana, e averci portato, nonostante l’età che avanza pure per te, una ventata di leggerezza.