Arrivare al Castello di Milazzo nei giorni del Mish Mash Festival è un po’ come varcare la soglia di un luogo sospeso: non si entra solo in un’area concerti, ma in un universo in cui la musica si intreccia con la storia, le mura medievali e il mare che circonda tutto. Quest’anno, alla sua nona edizione, il Mish Mash ha confermato di essere molto più di un semplice evento estivo: è una di quelle poche occasioni in cui la Sicilia più periferica riesce a ospitare artisti di rilievo, nazionali e internazionali, e allo stesso tempo restare legata al territorio. Chi vive da queste parti lo sa bene: il Mish Mash è diventato una piccola istituzione. È il festival che, quando ancora era poco più di un sogno ambizioso, portò Calcutta al Castello durante il suo primo tour, e che qualche anno dopo fece salire sul palco Carl Brave e Franco126 ancora come duo. Negli anni, è cresciuto senza perdere quell’anima “artigianale” che lo rende così riconoscibile: organizzato con passione, capace di mescolare artisti locali con nomi di peso, e di trasformare ogni edizione in un momento unico. L’edizione 2025 ha presentato una line-up di spessore: Marco Castello, Giorgio Poi, Joan Thiele e Ok Giorgio. L’unica nota amara è stata l’assenza, annunciata all’ultimo, del collettivo Dov’è Liana. Un’assenza che si è fatta sentire tra i fan, ma che non ha intaccato l’energia generale del festival.

La prima serata, già sold out in prevendita, è stata un’esplosione grazie a Marco Castello, che ha portato sul palco un’energia travolgente, fatta di groove, ironia e suoni che profumano di Mediterraneo. La sua musica sembra uscire direttamente dall’aria salmastra di Milazzo: allegra, sfaccettata, capace di far ballare ma anche di far sorridere a metà, come in quelle sere d’estate in cui si sa che si sta vivendo qualcosa di speciale. Joan Thiele ha portato classe e solidità, con un live elegante e denso di sfumature. La sua voce, che sa essere allo stesso tempo morbida e incisiva, ha trovato spazio tra brani dal respiro internazionale e momenti più intimi. Poi è arrivata la sorpresa: Frah Quintale è salito sul palco per unirsi a lei in Occhi da gangster. Un momento da fotografare non tanto con lo smartphone, quanto con la memoria emotiva: due artisti affiatati, una complicità evidente, il pubblico in delirio. Giorgio Poi, invece, è stato un ritorno a casa. Uno dei protagonisti delle prime edizioni del Mish, ha portato con sé quella sua malinconia solare, fatta di canzoni che si muovono tra pop raffinato e piccoli racconti generazionali. Vederlo suonare al Castello, dopo anni, ha avuto il sapore di un cerchio che si chiude: non solo un live, ma un dialogo con un luogo e con un pubblico che lo ha visto crescere artisticamente. La chiusura è stata affidata a Ok Giorgio, che ha trasformato la serata in una festa collettiva. Luci, ritmo, gente che ballava abbracciata o con le mani al cielo: una di quelle atmosfere in cui il confine tra palco e platea si dissolve, e si ha la sensazione di far parte di un’unica, grande comunità temporanea.

Ma il Mish Mash non vive solo di musica. Passeggiando tra un palco e l’altro, ci si imbatte in installazioni artistiche che rendono ancora più suggestivo il contesto del Castello, e in un’area dedicata all’abbigliamento vintage, curata dal “Prima o Poi Vintage” una ormai solida realtà locale. Non è un dettaglio marginale: qui si trovano pezzi unici a prezzi accessibili, ed è facile uscire con un capo che diventerà parte dei ricordi materiali di questa edizione, proprio come un vinile comprato dopo un concerto. Il Castello di Milazzo è già di per sé un luogo che vale il viaggio: mura millenarie che si affacciano su panorami mozzafiato, un mix di pietra e vento che racconta storie antiche. Farlo vivere attraverso un festival come il Mish Mash significa amplificarne la magia. Le note si arrampicano sulle torri, il suono rimbalza tra i cortili e le luci artificiali dialogano con le stelle sopra lo Stretto. È un’esperienza che colpisce tutti i sensi: l’orecchio, per la qualità della musica; gli occhi, per la bellezza del contesto; il palato, per la cucina locale che si trova sparsa tra i vari stand. In un’estate in cui i festival tendono a somigliarsi tutti un po’ troppo, il Mish Mash riesce ancora a distinguersi. Lo fa con un’identità forte, con la capacità di sorprendere e con la volontà di dare spazio sia ai grandi nomi sia agli artisti emergenti. Anche quest’anno, chi ha avuto la fortuna di esserci non ha assistito semplicemente a un concerto, ma ha vissuto un’esperienza. E forse è proprio questo il segreto del Mish Mash: non si limita a portare musica in un luogo suggestivo, ma crea un legame tra quel luogo, la musica e le persone che lo abitano, anche solo per qualche ora. Un legame che dura ben oltre la fine dell’ultima canzone, quando le luci si spengono e resta solo il rumore del mare, lì sotto, a ricordarti che sei in Sicilia, e che certe sere d’agosto non si dimenticano mai.

