Per il secondo anno consecutivo Emis Killa ha organizzato il suo festival personale, stavolta per celebrare i sedici anni di carriera. EM16 si è tenuto ieri sera alla Fiera Milano Live di Rho è stato un omaggio alla cultura hip hop milanese, a cui hanno partecipato artisti della vecchia e nuova scena rap italiana. Se il palco è quel luogo magico dove ogni artista può rendere reale una fantasia, Emis Killa, invece, rende fantastica la realtà, trasformando in scenografia un treno della metropolitana, che diventa così il capolinea immaginario della M1. A precedere l’ingresso del rapper, un video lo mostra impegnato in una rissa violenta tra bande di periferia, da cui si salva rifugiandosi nel vagone della stessa metro che fa da sfondo. Un modo per indicare la via che gli ha salvato la vita, ieri ben illustrata in tutte le sue facce: l’hip-hop. Prima del concerto, infatti, si è tenuta la grande finale di Cypha Killa, la battle freestyle organizzata da Emis Killa e Mastafive con freestyler selezionati in dieci diverse Regioni italiane e al muretto di San Babila, dove Emis ha mosso i suoi primi passi ancora adolescente e che continua a essere un vivaio di talenti.

Dei i tanti ospiti annunciati, fa clamore l’assenza di Guè che, stando alle frecciatine non troppo velate di Emis, avrebbe dato forfait all’ultimo, così come uno dei due ospiti top secret che erano attesi, l’altro è stato Baby Gang (che poi è stato arrestato). Primo in ordine di scaletta è arrivato Vegas Jones, che rivendica la sua essenza etichettandosi “rapper da Amnesia”, alludendo probabilmente alla famosa discoteca milanese, “noi siamo rapper zarri”, conclude. Proprio lo stile non esattamente elegante, né tanto meno raffinato, tipico di chi viene da una certa provincia, accomuna tanti degli artisti che si susseguono sul palco, indistintamente dall’età. Allo stesso modo di Emis, infatti, anche Promessa e 22 Simba, che ieri sera rappresentavano la scena hip hop emergente, venivano rimbalzati dai buttafuori delle discoteche, come hanno cantato in “Old Fashion” (“Veniamo dal niente, non entravo all'Old Fashion, Da Saronno, la mia gente non conosce l'Old Fashion”). Rincara la dose anche Gemitaiz che ci tiene a dire “Eravamo veramente brutti, tu con i piercing, io con i capelli lunghi. Siamo migliorati poi” con la lodevole intenzione di ricordare l’antica amicizia con Emis.

Se nella prima ora il tono della platea non è alle stelle, complice anche un problema tecnico che avrà teso i nervi al protagonista, con l’arrivo di Lazza la folla si scalda, toccando il culmine nel momento in cui Lazza sfodera il cd di Keta music, primo mixtape in assoluto di Emis. Glielo autografa in diretta con la dedica: “Al mio unico erede”. Un passaggio del testimone che disegna una genealogia a cui si unirà poco dopo anche Jake la Furia, che invece Emis riconosce come suo padre artistico. Lui replica: “Se sono tuo padre allora sono suo nonno”, riferendosi a Lazza. Dopo “Morto mai”, Emis si fa da parte per lasciare la scena a Lazza e Baby Gang, arrivato a sorpresa. In tutta la serata, infatti, si sono alternati momenti in cui c’era Emis da solo a momenti in cui erano gli ospiti i protagonisti, in duetto con lui o in solitaria. Mentre cantano insieme “Restare”, Emis si mette a fare i graffiti sulla metro che fa da fondale coinvolgendo anche Jake nella pratica, in un perfetto quadretto hip hop. Per finire la carrellata di ospiti, oltre ai già citati, ci sono stati Niky Savage, Neima Ezza, Nerissima Serpe e Papa V, Paky e ultimo Massimo Pericolo, con cui canta tra le tante “Nino Nino”, un brano che, stando ai racconti dei rispettivi amici reclusi, sarebbe diventato una hit nelle carceri italiane. Poi la dichiarazione di amicizia: “Ti voglio bene e voglio che tutti lo sappiano”, dice Emis, a cui Massimo Pericolo risponde “Ti voglio bene anche io e voglio che tutti lo sappiano, soprattutto tu”. A chiusura dello show la consolle con Dj Telaviv lascia spazio ai musicisti Andrea Baroldi, alla tromba su “Notte Gialla” e Aleksander Zieliski, già maestro di piano di Lazza, da cui si fa accompagnare su “Parole di ghiaccio”. Per introdurlo manifesta la sua passione per la musica classica, che ascolta più del rap, “Chopin è il mio musicista preferito, non un rapper” e poi ricorda il padre, pianista di jazz, da cui ha ereditato l’amore per la musica. Un pensiero ben distante dalle immagini iniziali di violenza, che fa ben pensare sulla funzione sociale di questa cultura.