Per arrivare in piazza Duomo prendi la metro M3 dalla Stazione centrale ed eventi così la piazza della stazione e annessi maranza e soldati. Sono tredici minuti, tre fermate intermedie, esci in piazza Duomo, giri la testa a destra e sei alla libreria Mondadori. Il contesto conta, l’editore pure. L’idea di fondo del libro è una critica al capitalismo dei social, dall’uso dei minori all’abuso della narrazione della propria malattia o della morte. Il libro, però, di spirito anticapitalista, viene presentato in una libreria nel cuore di Milano, a pochi metri dalla Galleria simbolo dei beni di Veblen. E a qualcuno potrebbe anche non andare bene. Comunque questo qualcuno non si è presentato, al contrario delle decine (centinaia?) di persone che hanno riempito totalmente, con un’ora di anticipo, l’intera libreria, primo piano e anche secondo piano, tutta l’arena, le scale, la balconata. È la prima presentazione de Il lato oscuro dei social (Rizzoli, 2025), un libro serissimo scritto da un’autrice serissima, Serena Mazzini, esperta di strategie social e da tempo un riferimento – sui social – per chi vuole capirci qualcosa di privacy, di algoritmi e trend, del next step della società dello spettacolo.
Arrivo con un’ora e mezza di anticipo, non c’è posto. Chiedo alla guardia se posso mettermi all’angolo, vicino agli altri fotografi, ma mi dice di no, anche se sono un giornalista. Dice che lì ci sono i fotografi pagati per la presentazione, non so se sia davvero così o se semplicemente non crede a un tipo con un telefono in mano, mentre gli altri hanno macchine fotografiche professionali e microfoni panoramici. Chi è arrivato un’ora e mezza prima come me deve aspettare due ore per la presentazione, perché qualcuno, si annuncia al microfono, è in ritardo. Indovinate chi? Selvaggia Lucarelli. Ai fotografi professionali dicono che sarebbe passata dalla porta principale e poi sarebbe entrata nel backstage dai cartelloni messi a metà sala per l’occasione. Loro aspettano lì e per un attimo perdono il posto in prima fila. Vado vicino a loro e aspettiamo. Dopo mezz’ora sentiamo un applauso dal lato dell’arena, torniamo lì e vediamo Selvaggia Lucarelli e Serena Doe in posa per le foto. Lucarelli fa una battuta: “Per me non ci sono mai tutti questi fotografi” e uno dei fotografi risponde: “Perché non ci paghi”. Lei: “Ah, pure…”


A Lucarelli non piacciono i moderatori che rubano la scena a chi presenta, dice, quindi fa di tutto per… rubare la scena a Serena Mazzini. È decisamente più esperta dell’autrice del libro e introduce il libro parlando di sé della sua esperienza con i social. Il termine capitalismo non viene usato mai durante la presentazione, ma tutto puzza un po’ di anticapitalismo dei capitalisti: la critica è a un sistema che storpia tutto, relazioni, tragedia, lutti, e trasforma in arma di profitto individuale la vita vera. Ma di questo parlerò nella recensione al libro, perché è molto bello, più di questa prima presentazione. Ovviamente Lucarelli, tempo due secondi, cita Chiara Ferragni, come esempio di quella prima ondata di imprenditori digitali che dicono di essersi fatti da soli ma che avrebbero alle spalle, invece, una condizione di privilegio. Forse spera che Mazzini tiri fuori il loro nome anche parlando di chi ha abusato di contenuti con minori sui suoi social, ma lei risponde con i “Papà per scelta” (Christian De Florio e Carlo Tumino). Il punto, comunque, non è attaccare i singoli, ripetono, il problema è il sistema, la grande lavatrice social.
Serena Mazzini ha scritto un libro diretto e molto chiaro, allo stesso modo espone anche durante la presentazione. Peccato però che Selvaggia Lucarelli ogni tanto la interrompa con qualche battuta che fa sorridere la platea ma fa buggare l’autrice che sta presentando il libro. Durante una delle prime risposte, forse accorgendosi che Mazzini stava andando troppo per le lunghe, praticamente la blocca. Così almeno un’altra volta. Forse sta aiutando l’amica a gestire i tempi, forse non riesce a resistere alla tentazione con un microfono in mano. Quando si passa a parlare del modo in cui l’algoritmo ti costringe a vedere solo contenuti di un certo tipo, Lucarelli fa un’altra mezza battuta: “Perché io vedo solo video di predatori che lottano?” Il riferimento è a lei contro Fabrizio Corona? L’associazione di idee ci sta tutta.

Questa è una classica presentazione in libreria. Toni rilassati, platea moderata, un’ora e mezza di spiegazione del libro. Fino a pochi minuti dalla fine. Prima del firmacopie, infatti, c’è il cosiddetto “question time”, lo spazio per le domande all’autrice. Dagli spalti una persona alza la mano. È Massimiliano Zossolo di Welcome to Favelas che chiede a Serena Doe un commento sul caso di Giovanna Pedretti, la ristoratrice che si è uccisa dopo essere stata smascherata da Selvaggia Lucarelli e il compagno, Lorenzo Biagiarelli (che è in prima fila durante la presentazione e si paralizza al momento della domanda). Breve recap: Giovanna Pedretti aveva pubblicato sui social una storia, forse inventata, in cui parlava di come nel suo ristorante avesse difeso da commenti discriminatori gay e disabili. Lucarelli e Biagiarelli scoprono che la storia è, probabilmente, inventata. Lei finisce in mezzo a una shitstorm sui social e alla fine si toglie la vita. Quindi la domanda di Zossolo era pertinente. Anzi, era fondamentale. Il problema? Ovviamente Selvaggia Lucarelli che stoppa subito la domanda e fa togliere il microfono a Zossolo, impedendo nel frattempo a Serena Mazzini di rispondere. Serena Mazzini che, in effetti, sembra vivere la presentazione un po’ nel cono d’ombra di Lucarelli, che prima si fa attendere per venti minuti, poi smorza con battute le risposte serie dell’autrice del libro, poi interrompe il q&a perché la domanda la riguarda. Anzi, peggio, accusa Zossolo di essere un suo stalker: “Capite a che livello di stalking siamo arrivati? È la presentazione del libro di Serena Mazzini, non ho nessuna voglia di togliere spazio alla sua presentazione, perché non lo merita. Chiunque voglia tormentarmi, stalkerizzarmi, lo può fare alla fine della presentazione”. Ma lo pensa davvero?
A voler essere cattivi si potrebbe pensare che una parte della platea fosse lì per lei, Selvaggia Lucarelli. I fotografi hanno aspettato e hanno cercato di avvicinarsi più a lei che a Serena Mazzini. La domanda pertinente era prevedibile e Lucarelli se l'aspettava così tanto che, dice, aveva portato l’avvocato (non vi ricorda un’altra persona? Per dirla con le sue parole, un altro predatore?). Ha voluto fare un piacere all’amica e partecipare alla prima presentazione a Milano? Pur sapendo cosa sarebbe accaduto? A fine presentazione si alza e alza anche il dito medio verso Zossolo, lo manda a fanculo e esce dal lato del backstage. In pochi minuti una domanda precisa e giustissima ha distrutto un’ora di battute, sorrisi, di scioltezza. La faccia di Lucarelli è cambiata, qualcuno ha gridato dagli spalti “Vergonati” a Zossolo, cioè a chi ha fatto la domanda, non a chi ha impedito a Serena Mazzini, che non ha detto una sola parola, di rispondere. Non crede, Selvaggia, che aver impedito a Serena Mazzini di rispondere abbia messo in cattiva luca anche Serena Mazzini e il suo lavoro serissimo? Cosa si dovrebbe pensare, che Serena Mazzini critica i nemici ma non gli amici? Magari avrebbe spiegato la differenza tra i temi trattati nel libro e il caso della ristoratrice, si sarebbe beccata un applauso senza aizzare la folla contro una persona che ha posto, com’era libero di fare, una domanda nel merito, e avrebbe potuto essere lei di aiuto (o forse no) a Lucarelli. Ma in quel caso Selvaggia avrebbe dovuto cedere parte del suo potere e del suo dominio assoluto che, in modo evidente, si è esteso a tutto l’evento, sostanzialmente riproducendo nella realtà un fenomeno che spesso si vede nei social, quello della sovraesposizione a scapito di contenuti di maggior interesse. Ed è questa, non lei che sbrocca, la cosa più grave.
