I numeri in estrema sintesi sono questi. A ogni ascolto su Spotify il suo creatore riceve solo 0,003 dollari, a fronte di 320 milioni di utenti iscritti alla piattaforma dei quali 144 milioni Premium. Forse solo Dua Lipa, campionessa di incassi che nel 2020 ha totalizzato 3,8 miliardi di stream, può ritenersi soddisfatta e pochi altri. In questi giorni è tempo di Wrapped, cioè della sintesi di un anno di ascolti in streaming sulla piattaforma Spotify, nata in Svezia nel 2006 e leader globale dell’ascolto della musica contemporanea e c’è chi, guardando il conto corrente, vede che qualcosa non torna.
Come il violinista e collaboratore dei Coldplay Davide Rossi che ha postato un meme polemico: “Date agli artisti queste fottute royalties” o come il leggendario David Crosby che è sfogato su Twitter accusando Spotify “di rubare i miei soldi”.
A rispondere, sul Fatto quotidiano, ci ha provato la Managing director italiana – e del Sud Europa – Federica Tremolada: “Spotify non paga gli artisti direttamente ma chi li rappresenta, ovvero le etichette discografiche che hanno un accordo con noi. A oggi abbiamo condiviso 19,1 miliardi di dollari con l’industria musicale. E quest’ultima ha tutti gli strumenti per poter rendicontare”.
Insomma, ora il cerino passa nelle mani delle etichette e vedremo se le pressioni di tanti artisti in difficoltà le convincerà a sganciare qualcosa in più. Nel frattempo, causa pandemia e blocco dei live, molti artisti stanno facendo cassa con i diritti sui loro brani. Il caso più eclatante è stato Bob Dylan che ha venduto l’intero catalogo per 300 milioni di dollari, ma certo sono sempre pochi coloro che possono vantare dei capolavori nel loro repertorio in grado di farli vivere di rendita per il resto della vita.
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