E allora chiudeteci tutti. Mandateci tutti in una Rsa e finiamola qui. Se può essere anche solo ventilata la chiusura di Striscia la Notizia niente ha più senso. Resteranno solo i poveri, gli schiavi, quelli che dopo una giornata di lavoro vuota e senza senso muoiono sul divano a sognare i pacchi della svolta, la ricchezza che arriva per un colpo di fortuna donata dalla Rai. Bisognerebbe farla, una lotta, bisognerebbe scendere in piazza, contro lo scandalo dei pacchi di Affari tuoi che non sono “tuoi” ma nostri. Questa forma di ludopatia riflessa all’odore di cavoli. Questa tecnica di dominio delle masse. Perché non si coglie l’intima essenza della “tecnica” e il suo subdolo lavorìo, alimentato all’inverosimile, come ha fatto giustamente notare Dagospia, dall’aumento dell’argent? I premi che aumentano all’inverosimile come i jackpot del Superenalotto. Noi siamo cresciuti con Drive-In e Striscia la Notizia, in qualche maniera, è il suo braccio armato, è la vita palpitante che si rivolta contro quello che Manlio Sgalambro definì “il nirvana occidentale”, l’uomo che mangia e digerisce, e guarda i pacchi. Ascoltate: “L’orientamento dell’uomo neotecnico sulle cose non è un semplice accidente che si potrebbe mutare a piacere, ma il frutto appassionato di un essere che ricerca il riposo. Nelle cose si specchia il suo volto che poco a poco si disfa come se l’attenzione animante venisse meno rapidamente. L’assimilarsi alle cose realizza la nolontà, fallita sul piano individuale. Le cose sono nolontà coagulata”. Queste sono le “cose”, questo sono i “pacchi”, nolontà coagulata. Fallito nella vita il sogno della ricchezza, rinnegata la volontà che non ha dato i frutti sperati, l’umano regredisce alla condizione dell’infante, aspetta una mammella e non a caso la chiamano “mamma Rai”.
Non le splendide mammellone dionisiache che negli anni ci ha regalato Antonio Ricci (che non so perché vuole sempre fare passare come critica alla società mammellonistica). Antonio Ricci si sbatte, trova le notizie, smaschera soprusi e, cosa più importante, lo fa con l’arma dell’ironia, non con la pancia pesante e avvelenata, de Le Iene, programma che non a caso ha fornito materiale umano buono per i Cinquestelle. Antonio Ricci è vivo, non so se lotti insieme a noi, ma ha la “grazia” (quella sì, un dono del e dall’Alto). In un’epoca in cui sembrano vincere (ma siamo a un passo dalla spallata definitiva) i professionisti dell’indignazione Antonio Ricci e Striscia La Notizia (e Dagospia) sono il futuro, un futuro in cui Roberto D’Agostino diventa direttore generale della Rai e Antonio Ricci dirigente generale di Mediaset. L’Italia di Aristofane e di Plauto. Fateci sognare. Pier Silvio Berlusconi ha fatto il suo lavoro, il suo dovere, rassicurare gli azionisti: il profitto – ha detto – sta sopra ogni cosa. Nessuno è intoccabile. Ma sa che dietro Antonio Ricci c’è di più, c’è una visione del mondo, una Weltanshauung. Non che non l’abbiano anche alla Rai, ma quella fa rabbrividire. Intanto Antonio Ricci sta risalendo negli ascolti.
Certo, l’aumento dei premi di Affari Tuoi, sommato alle difficoltà economiche in cui versano le famiglie italiane, fa passare la voglia di vivere e di ridere, fa venire voglia di morire (i telemorenti, Dago Dixit) sognando pacchi ripieni di denaro che ci accompagnino in un sonno tranquillo, almeno quello. Striscia è una iniezione di adrenalina. Vogliamo dare un consiglio ad Antonio Ricci? Ma si, diamoglielo. Alcuni conduttori sono troppo tronfi. Togliamo il tronfio che al momento disturba. Lasciamo la grazia senza la tronfietà. E sarà come se i Santi tornassero a passeggiare. Come le arabe fenice. Non a caso tornano alla conduzione Ezio Greggio e Enzo Iacchetti. Ma ascoltiamo ancora Sgalambro: "Il comico è la critica provvisoria dell’azione (gli venne improvviso questo pensiero, nda). Solo chi non riesce a pensare, agisce. Immagine artefatta della possibilità, l’azione la ridicolizza. L’uomo d’azione e buffo. Egli imita l’agire come sarebbe se fosse. Perciò il senso del comico ne sprigiona irresistibile. Tagliati fuori da ogni scopo, i suoi atti penzolano nel vuoto. Il tragico suppone la serietà dell’agire mentre ormai abbiamo solo un agire che si prende sul serio, dice il filosofo". Amen!