I casi di ingiustizie verso gli artisti sono innumerevoli e, nemmeno a dirlo, i più eclatanti hanno luogo quasi sempre in America e nel settore discografico. Sono passati alla storia casi noti di ingiustizie legate ai diritti sui master da parte delle etichette nei confronti degli artisti, ma non ci serve guardare oltreoceano per poter riscontrare le stesse ingiustizie, proporzionali alla dimensione Italiana e alle proposte del territorio stesso. Ecco perchè, punto per punto, come una scheda tecnica da imprimere nella mente andiamo ad elencare cause, esempi, nomi e dinamiche relative al settore musicale. Quindi elenchiamo punto per punto le principali 5 cause di ingiustizie e di abusi di potere che subiscono gli artisti nel mondo:
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Contratti svantaggiosi: Molti artisti, specialmente quelli emergenti, firmano contratti senza comprenderne appieno le clausole ( o senza comprenderle affatto ). Le etichette spesso trattengono i diritti sui master o abusano delle 'licenze' per distribuirli, pretendono punti editoriali ed edizioni in modo esclisivo e vincolando i brani stessi, limitando così le possibilità degli artisti di monetizzare dalle loro stesse opere o di poterle gestire con 'competitors' con promesse più vantaggiose.
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False promesse: spesso le etichette discografiche ( partendo dalle più piccole fino alle vere e proprie major ) fanno promesse per accaparrarsi artisti e ampliare il proprio catalogo, ma la maggior parte delle volte queste stesse 'promesse di successo' restano solo parole di bravi oratori e non vengono mai messe nero su bianco, così da non poterle reclamare in futuro. Così gli artisti hanno l'illusione di essere accolti e compresi e di poter ottenere qualcosa, mentre non fanno altro che accontentarsi di anticipi bassissimi perdendo ogni diritto con la vendita del proprio repertorio musicale ( ovvero i famigerati master ). E naturalmente se l'artista o chi per lui investe nel progetto è di talento, non esiste dire ad un potenziale “cliente” che magari non è la sua strata, no, tutti grandi artisti.
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Mancanza di trasparenza: Le etichette non sempre forniscono informazioni chiare sulle vendite e i proventi, lasciando gli artisti all'oscuro di quanto effettivamente guadagnano. Inoltre i contratti non sono mai realmente comprensibili e nascondono numerose insidie, gli artisti più preparati e più furbi si avvalgono di consulenti specializzati e del settore, e nonostante questo non sempre si riesce ad ottenere qualcosa, anzi, l'artista finisce per valutare il “meglio poco che niente”. Che in realtà è solo niente ben servito.
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Potere economico e di visibilità delle etichette: Le grandi etichette discografiche detengono un notevole potere e influenza nel settore musicale, partendo dalle piattaforme di streaming alle radio e alla televisione, il che può portare a decisioni che privilegiano i loro interessi a discapito degli artisti. Partnership tra tv e radio o suddividere in più parti i punti d'autore, le royalties e le edizioni dei brani aiuta molto a favorire questo meccanismo spiegando all'artista che “è la normale procedura, queste sono le percentuali, tutti fanno così”. Sì, difatti, tutti i disonesti lo fanno senza spiegare davvero il perchè, sempre che ci sia.
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I compromessi: Un'etichetta o anche solo un manager o sedicente tale, può 'convincere' gli artisti ad avere concrete possibilità se si 'piegheranno al meccanismo'. Per esempio partecipare ad un talent per avere più visibilità, fare un video costosissimo perchè è importante investire per primi sui propri progetti, iscriversi a concorsi pilotati che però 'fanno curriculum' e così via... insomma tanto fumo negli occhi e tutti gli artisti vanno bene e sono unici e possono sfondare “se solo.......” se solo cosa? Non è il sé già un compromesso?
Ed ecco alcuni casi emblematici e ormai famosi che riguardano il panorama internazionale prima di passare all'Italia:
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Taylor Swift: Uno dei casi più noti è quello di Taylor Swift, che ha lottato per riottenere i diritti sui suoi master dopo averne completamente perso il controllo a causa di alcuni vincoli contrattuali e alla vendita della sua vecchia etichetta ad un nuovo investitore, la Big Machine. A causa di questi eventi e di altri dettagli (che vi risparmio poiché richiederebbero un libro quantomento) Taylor Swift ha definitivamente perso i diritti sui suoi brani e i diritti connessi che ne derivavano, e ha così registrato nuove versioni di tutti i suoi stessi album precedentemente pubblicati.
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Prince: Prince ha avuto una lunga battaglia con la sua etichetta, la Warner Bros, riguardo al controllo della sua musica, tanto da arrivare anche a modificare il suo nome in un simbolo grafico ( e non più con il suo nome d'arte per le pubblicazioni) per protestare contro le restrizioni imposte dal contratto e rendergli difficile inserirlo in documenti o contesti in cui figurava il nome dell'artista. Questa è probabilmente una delle mosse più furbe mai viste.
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The Beatles: Anche i Beatles hanno affrontato difficoltà con i diritti sui loro master, e non poche, soprattutto dopo la separazione dalla loro etichetta, Apple Corps. La questione dei diritti d'autore ha continuato a creare conflitti anche decenni dopo la loro separazione, e le motivazioni sono molto più intricate di quanto si possa pensare, i contratti molto più vincolanti di altri, e no, non è di certo colpa di Michael Jackson che ne ha acquisito le royalties e il catalogo musicale, anzi, forse lui gli ha fatto un favore.
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Mariah Carey: Mariah ha avuto controversie non solo riguardo ai suoi master ma anche riguardo alla sua stessa immagine, specialmente durante i suoi primi anni con Columbia Records. Ha dovuto affrontare limitazioni nel controllo delle sue registrazioni e delle scelte imposte dalla sua etichetta su quello che 'il mercato discografico' volesse da lei.
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Britney Spears: Britney Spears ha avuto diversi problemi con la sua etichetta discografica, Jive Records, durante e dopo il culmine della sua carriera pop nei primi anni 2000. Le difficoltà sono emerse principalmente a causa di conflitti creati dalla gestione della sua carriera, dalle pressioni mediatiche e dalla sua situazione personale. La situazione è peggiorata quando Britney è stata messa sotto tutela legale dal padre, James Spears, nel 2008, un fatto che ha portato a una forte separazione tra l'artista e le sue scelte professionali. Ma meglio non dilungarsi su di lei, per questo se volete scriverò un articolo a parte.
Questi esempi, scelti un po' a caso tra le epoche per far comprendere che questi sono problemi di sempre, e scelti anche perchè sembrano 'intoccabili' evidenziano come la lotta per il controllo dei master sia un tema ricorrente nel mondo della musica, spesso a scapito degli artisti stessi. Quanto tutto questo è ancora oggi un problema e quanto questo continua ad influire sul mercato musicale e sui fan? Moltissimo. E quanto i fan sono dell'artista o quanto del 'prodotto' creato per le masse? Oggi, esattamente nel 2024, i casi di plagi, di limitazioni sulle opere degli stessi artisti, le restrizioni sui contratti, le truffe, i compromessi, le finte garanzie, i vincoli sulla creatività, la censura e la perdita dei diritti degli artisti sui propri masters restano ancora sconvolgenti e sempre più comuni. Anzi, a questi anni dobbiamo aggiungere l'aggravante del “politically correct” che di certo non aiuta i cantautori e i liberi pensatori ad esprimersi, anzi, questo concetto di essere sempre corretti verso ogni 'categoria' o dinamica di buone maniere è diventato quasi un mix tra una censura e una vera e propria dittatura di pensiero. E se gli artisti non sono la 'nostra voce', e non servono a dare voce a chi non ha la stessa vetrina, e non possono nemmeno usare termini 'politicamente scorretti' allora che artisti sono? Ed esattamente a chi stanno dando voce se non al meccaniscmo stesso che li vuole esattamente così? Qui noi artisti vorremmo tanto che Luigi Tenco ci parlasse dall'aldilà per dirci qualcosa di davvero utile al mondo musicale e che purtroppo non ha avuto il tempo di svelarci. E qui continuerei a farmi sempre la stessa domanda, se ormai è così che va il mondo perchè continiuamo consciamente o inconsciamente ad incrementare un meccanismo malato che pensa solo allo show-buisness e che non tutela davvero gli artisti?
Restiamo sempre con uno sguardo oltre-oceano ma ci dimentichiamo che per guardare la pagliuzza nell occhio degli americani trascuriamo la trave ancora nei nostri occhi. Infatti anche in Italia ci sono stati diversi casi noti di controversie tra artisti e case discografiche riguardo ai diritti sui master, anche qui, come spiegato prima, prendiamone solo 3 di esempi davvero eclatanti che possono dare un'idea complessiva e riprendere i punti sopracitati:
1. Fabrizio De André: De André ha avuto conflitti con le etichette riguardo alla gestione dei suoi diritti e subito moltissime censure sui suoi testi. Negli anni, ha cercato di ottenere un maggiore controllo sulla sua musica, ma molte delle sue opere sono state oggetto di dispute legali, non sempre risolte in suo favore. Nonostante fosse un artista di grande valore, l'aspetto economico e la gestione commerciale della sua musica erano nelle mani delle etichette, che ne decidevano le sorti. A un certo punto, De André decise di cambiare etichetta e passò alla Fonit Cetra negli anni '70. Questo passaggio non fu solo una scelta artistica, ma anche una strategia per cercare di avere maggiori opportunità di distribuzione e visibilità. Tuttavia, i contratti con le etichette discografiche in quel periodo non includevano la cessione dei diritti sui masters. Nel 1984, infatti, l'artista fondò una propria etichetta discografica, la Squillo (che tra l'altro era legata al nome di una delle sue canzoni), con l'intenzione di gestire in modo autonomo la sua musica e i diritti che ne derivavano. Questa mossa aveva lo scopo di mettere un freno alle difficoltà derivanti dalla gestione dei diritti musicali e dalla pubblicazione dei suoi album sotto altre etichette. Il suo passaggio all'indipendenza e il tentativo di evitare conflitti legati ai contratti e ai diritti su i masters ha avuto un grande valore simbolico, ma non ha risolto in maniera definitiva i conflitti legati ai diritti d'autore e alla gestione dei suoi masters passati. Questo processo di autodeterminazione lo portò a gestire direttamente i propri dischi e a controllare la distribuzione della sua musica. Anche se i grandi problemi arriveranno dopo la sua morte, così come per Battisti. Anche De André si è dovuto piegare, o quantomeno, ha finto di farlo per continuare ad esprimersi.
2. Mina: Perfino la leggendaria cantante italiana, con una carriera lunga e piena di successi, ha avuto momenti di conflitto con la sua etichetta discografica storica, la PDU (Produzioni Discografiche Unitalsi), fondata dal marito e manager di Mina, Corrado Pani. La sua relazione con l’etichetta e la gestione della sua carriera hanno visto alcuni episodi di tensione, ma anche un cambio significativo di approccio che ha definito la sua carriera negli anni successivi. Il conflitto culminò con un cambiamento significativo: Mina decise di prendere in mano direttamente la gestione della sua carriera, e la sua etichetta discografica PDU fu di fatto "trasformata" in una sua società indipendente. Cominciò a produrre la propria musica e a gestire autonomamente la distribuzione dei suoi dischi. In pratica, divenne una "self-made artist", potendo decidere non solo la sua musica, ma anche come diffonderla. In questo periodo, pur non recando più l'etichetta PDU sugli album, continuò a lavorare con la stessa casa di produzione, ma con un livello di autonomia che non aveva mai avuto prima. La sua scelta di allontanarsi dalle scene pubbliche e di creare un proprio sistema gestionale è stata una mossa vincente che le ha permesso di continuare a dominare il panorama musicale italiano ancora oggi.
3. Lucio Battisti: Anche la questione dei diritti sui master è stata rilevante nel caso di Lucio Battisti, i primi problemi relativi alla proprietà dei masters infatti sono emersi quando firmò il suo primo contratto discografico con la Dischi Ricordi, una delle etichette più importanti in Italia. Inizialmente, come era comune all'epoca, Battisti non possedeva i diritti sui masters delle sue registrazioni. Questi diritti erano detenuti dalla casa discografica, che li usava per la distribuzione, la vendita e la promozione delle sue opere. Questo condizionò inevitabilmente anche Mogol, autore dei testi di Battisti, uno dei pochi casi di amicizia e collaborazione artistica, come Elton John e Bernie Taupin, è stato un altro elemento fondamentale nella gestione dei suoi diritti. Il duo Battisti-Mogol ha prodotto alcuni dei dischi più significativi della musica italiana, ma il fatto che la proprietà dei masters fosse nelle mani della casa discografica e non dell'artista stesso, limitava notevolmente le loro possibilità, così nel 1972, Battisti, dopo aver raggiunto un successo straordinario con la Ricordi, decise di cambiare etichetta e passò alla EMI Italiana. Questo passaggio è stato controverso per diversi motivi, ma il problema della proprietà dei masters persisteva. L’etichetta discografica continuava a detenere i diritti esclusivi sui master originali. Questo significava che, anche dopo il termine del contratto con una casa discografica, l'artista non aveva il controllo completo sulle sue registrazioni passate. Lucio Battisti morì nel 1998, e la questione della proprietà dei masters divenne ancora più rilevante. Dopo la sua morte, emerse un contenzioso legale tra gli eredi di Battisti e le etichette discografiche riguardo alla gestione dei suoi diritti. La situazione è stata complicata dal fatto che, come accadeva con molti artisti dell'epoca, i contratti stipulati non sempre riflettevano gli interessi degli artisti in termini di diritti sui masters. Questo contenzioso ha riguardato anche la possibilità di distribuire in formato digitale la sua musica, e nel corso degli anni si sono verificati numerosi scontri tra la famiglia di Battisti, i suoi eredi e le etichette discografiche riguardo ai diritti di sfruttamento delle registrazioni. Nel caso di Battisti, il suo rifiuto di essere associato a pratiche promozionali tradizionali e la sua scelta di non curarsi direttamente delle sue pubblicazioni hanno alimentato ulteriormente il mistero e le difficoltà legate alla gestione della sua musica, creando problemi non solo per lui, ma anche per i suoi eredi e per gli amanti della sua musica che per anni non hanno avuto accesso completo a tutte le sue opere. Perchè in caso non lo sapeste, sì, i diritti d'autore vengono ereditati e continuano ad essere validi fino a 70 anni dopo la morte dell'artista prima di diventare di pubblico dominio, e se il deposito Siae è firmato da più autori si terrà in conto dalla morte dell'ultimo firmatario in vita. Questi casi dimostrano che anche in Italia gli artisti affrontano sfide significative per mantenere il controllo sui propri diritti e sulle proprie opere ( e sui la Siae ci aiuta e ci vincola al tempo stesso ), simili a quelle che si vedono a livello internazionale. In pratica che l'artista sia vivo o meno deve sempre esserci qualcunuo che in qualche modo ci guardagna. Tutto dipende esclusivamente da questo; dal numero degli streams, dalle royalties, dai diritti connessi, dalle esclusive discografiche e manageriali e così via...In Italia, i discografici guadagnano principalmente da diverse fonti.
Proviamo a fare un'analisi semplificativa di come si struttura il loro guadagno:
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Vendite di dischi: Le vendite di CD, vinili rappresentano una fonte tradizionale di guadagno. Anche se le vendite fisiche sono diminuite, i vinili hanno visto una rinascita, contribuendo a questa fetta di mercato.
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Streaming: Negli ultimi anni, il guadagno da piattaforme di streaming (come Spotify, Apple Music, ecc.) è diventato predominante. Le etichette ricevono una parte dei ricavi generati dagli abbonamenti e dalle pubblicità delle piattaforme di streaming. Questo rappresenta una delle fonti di profitto più importanti, la 'musica liquida'.
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Diritti d'autore: Le etichette discografiche guadagnano anche dai diritti d'autore, attraverso la raccolta di compensi per l'esecuzione pubblica delle canzoni, concerti, passaggi radiofonici e utilizzo in film o pubblicità.
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Licenze e sincronizzazioni: Le etichette guadagnano attraverso licenze per l'uso delle loro canzoni in film, serie TV e pubblicità. Questa è una fonte di profitto significativa e in crescita, poiché le produzioni cercano costantemente nuove musiche in esclusiva.
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Merchandising: Alcune etichette discografiche collaborano con gli artisti per la vendita di merchandising. Questa è una fonte di guadagno aggiuntiva, specialmente per artisti popolari e con un'immagine molto forte da poter sfruttare.
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Concerti e tour: Sebbene i proventi dai concerti vadano principalmente agli artisti, le etichette possono guadagnare attraverso accordi di management o collaborazioni che partono da un minimo del 20% anche fino al 60% sia dai veri e propri cachet degli artisti sia dalle partnership o dalla percentuale sulle singole vendite di biglietti.
E quindi alla fine chi trae maggiore profitto?
Le etichette discografiche più grandi tendono a trarre profitto principalmente dalle vendite di musica e dai diritti di streaming, grazie alla loro capacità di negoziare contratti vantaggiosi con le piattaforme. Gli artisti di maggior successo e quelli con un ampio catalogo musicale tendono a generare i profitti più elevati per le etichette. In sintesi, il profitto delle etichette discografiche in Italia deriva da un mix di vendite fisiche, streaming, diritti d'autore e licenze, con un aumento dell'importanza delle piattaforme digitali negli ultimi anni. E per sintetizzare ulteriormente la conclusione è che non c'è spazio per tutti perchè predilegiamo già chi è noto, uscito da un talent possibilmente, e chi ci porterà concretamente più guadagano nel tempo. Ma sopratutto, chi accetterà il maggior numero di compromessi e possibilmente non alzerà mai la testa, o la voce, anzi, meglio non usarla per dire nulla di troppo rilevante se possibile. Gli artisti non sono più la voce del popolo ma sono lo strumento delle major e delle indipendenti che li incanalano in situazioni all'apparenza luminose e di successo, ma che di fatto li sfruttano e li spremono fino all'ultima goccia per trarne ciò che davver per loro conta: i profitti e il potere. Se volete approfondire più casi di artisti Italiani morti o risorti dalla discografia Italiana sono a vostra disposizione, dal passato e dai nostri diritti dovremmo solo imparare per evolverci, non nutrirci di vecchie glorie e luci riflesse che non potranno mai nemmeno sfiorarci.