Forbes – non il Corriere dei piccoli – scrive, parlando forse anche di colui/colei che sta leggendo l’articolo, che i fan degli Nsync “da anni pregano affinché il gruppo si riformi”. Ok, passiamo oltre il verbo “pregare”, che mi auguro sostituisca un più mite “sperare”, ma il concetto non cambia molto: gli Nsync non sono più un pop act dal lontano 2002, da quando Justin Timberlake giustamente se ne andò per provare a fare qualcosa di interessante da solo, lui che la stoffa l’aveva. Eppure esistono ancora dei fan (gente che, in più di 20 anni, potrebbe già aver cambiato vita tre volte) che li attendono spasmodicamente. Chi sono costoro? Dove vivono? E soprattutto: perché? Neppure la mucillagine si è riformata, in prossimità di alcune spiagge; perché dovrebbero necessariamente riformarsi gli Nsync? Dove si nasconde, silenziosa, la richiesta del pubblico? Forse il problema è il concetto di “coming out”. Ormai obbligatorio per confessare un’identità o un orientamento sessuale, è ancora considerato, giustamente, una mossa tabù se lo scenario che evoca è il seguente: donna stanca, sulla quarantina scarsa, rientra a casa, scambia due mugugni col figlio adolescente trappante e drillante, quindi dal partner/marito/compagno di giochi incassa giusto una lamentela sul crescente costo della vita. A lei, già piallata ma non ancora sconfitta, non rimane che sospirare: “Oh, come vorrei che gli Nsunc si riformassero”. Sì, forse tutto questo è semplicemente troppo da confessare. Però il bisogno evidentemente c’è, esiste. Altrimenti chi glielo farebbe fare, a tutti ‘sti ex ragazzi che in alcuni casi non si rivolgono la parola da un decennio, di rimettersi insieme per un nuovo giro di giostra?
Giusto per allontanarsi da facili ironie: nella seconda metà degli anni ’90 i gruppi appena citati macinarono una hit dopo l’altra. Oggi sarebbero stati miliardi di like a ogni sbadiglio di un membro del gruppo, e non oso pensare che Storie di Instagram c’avrebbero cavato fuori. Però erano prodotti per ragazze teen e le ragazze teen, si sa, sono fedeli finché strillano. Poi crescono e il più delle volte si guardano indietro e ridacchiano ripensando a ciò che erano. Agli Mtv Awards del 2013, gli Nsync si ritrovarono presentando uno spettacolo jacksoniano di imbarazzante inutilità. Mandarono in sollucchero giusto un pubblico di modelle e figuranti che probabilmente, solo all’idea di avere un riflettore puntato in faccia, erano già al settimo cielo e oltre. Riguardi il video su YouTube e preghi che intervenga il Glen Benton degli esordi. Munito di motosega. Ora, per il nuovo film “Trolls 3”, gli Nsync hanno pubblicato un nuovo brano, “Better place”.
I Blue, lo scorso anno, lo hanno annunciato/minacciato e poi lo hanno fatto sul serio: sono tornati con un album anche dignitoso, “Heart & soul”, che era tutta una sbrodolata hyper-pop alla ricerca della giusta sincronizzazione. Anche lì, però, un dubbio ti viene: quale diavolo di “bisogno” stanno intercettando? La risposta più accreditata abita in una cittadina satellite della provincia inglese, dove una gang (ce ne sono tantissime) di “ladies che furono girls”, alla notizia di una reunion dei Blue, crea subito un abnorme gruppo WhatsApp intitolato “Noi che ci strappavamo il reggiseno per XX” e pianifica una spedizione alla M&S Bank Arena di Liverpool per una “serata che non vi dimenticherete maaaaai!!!!!”.
Diversa la faccenda per i Take That, che dopo la prima uscita dal gruppo di Robbie Williams (1995) si sono ricompattati con assoluta calma (ci hanno impiegato quasi dieci anni), ma quando poi sono ripartiti hanno registrato numeri da capogiro offrendo ai fan una versione cresciuta dei Take That che furono, evitando di rimanere impantanati (la scappatoia è stata il buon songwriting di Gary Barlow) negli schemi che li resero celebri.
La questione, in ogni modo, rimane: se dopo due decenni si riforma anche chi non dovrebbe – ossia una boyband che è stata capace, quando erano boys sul serio, di cavalcare l’effimero e trionfare –, qual è la ragione, a parte i soldi e i contratti? Quale vuoto va a colmare una boyband? Fate coming out, voi che “pregate affinché gli NSYNC si riformino”. Uscite allo scoperto, fateci capire. Che il pop odierno, in balia della decima copia sbiadita di una Taylor Swift e dell’ennesima indistinguibile ninna nanna trap, non lasci più spazio a qualcosa che somigli a una tipica armonia vocale di stampo urban? E che quindi, pur di riappropriarsi, di quel profumo, un tempo così diffuso e avvolgente, ci si aggrappi addirittura agli Nsync o ai Blue?