“Fuori contesto”. Due parole, solo due parole, e cambia tutto. Il primo e unico album di Ilona Staller, in arte Cicciolina, risale al 1979. E ciò che all’epoca venne accolto come un dozzinale padellone di sub-disco music figlia de “La febbre del sabato sera” e pigramente devota a ogni intuizione transitasse sull’autostrada Cerrone-Moroder, oggi, nella sua ultima ristampa in vinile rosa, somiglia più a un esotico meteorite caduto da qualche pianeta sconosciuto. Ci ha pensato Saifam Group (all’epoca il disco uscì per la RCA Italiana) a rimettere in circolo questo reperto della Staller pre-porno, un vinile che fotografa un importante passaggio verso la popolarità di questa pallida ragazza ungherese che, qualche anno più tardi, avrebbe scandalizzato tre quarti di Belpaese accarezzando pitoni (il fidato Pito Pito) e autopenetrandosi con falli di cristallo (di Murano, si intende).
“Ilona Staller”, “fuori contesto” appunto, assume oggi un aspetto diverso. Intanto, fra i crediti, spiccano un paio di nomi che non t’aspetti: quello di Michael “Let’s all chant” Zager, arrangiatore di due pezzi (entrambi cover), ma soprattutto quello di Ennio Morricone, arrangiatore di “Cavallina cavallo”, cover della quasi omonima “Cavallina a cavallo”, tratta dalla colonna sonora di “Dedicato al mare Egeo”, film sempre del 1979 diretto da Masuo Ikeda.
La sorpresa del disco non arriva dai brani disco (“I was made for dancing”, ad esempio) già triti all’epoca, bensì da una lounge-ballad come “Labbra”, che oltre a condividere i quattro secondi d’apertura con “Everybody hurts” dei R.E.M. (ebbene sì), suggerisce un erotismo quasi timido se ascoltato con le orecchie di oggi. Prendetevi in mano qualsiasi testo dell’ultimo album di Madame (ragazza poco più che ventenne contro la ventottenne Ilona del 1979) e vi accorgerete quanto abbia mutato forma e aspetto il diario segreto di una giovane donna negli ultimi 45 anni.
Pressoché inutile analizzare la tracklist con la stessa furia indagatrice che dedicheremmo a un ipotetico disco-reunion dei Pink Floyd. Non è il caso. Però se poggiate questo vinile sul piatto potreste concedervi un’esperienza alquanto bizzarra. In un inglese tenuto insieme con lo scotch ascolterete i sospiri e le moine lolitesche di una donna quasi candida nell’alludere, nel suggerire, nel cantare di mani perlustranti che con semplici tocchi, ben modulati, possono dare il piacere.
Un po’ Donna Summer, un po’ Jane Birkin, Ilona canta come se fosse sul set dei film che l’avrebbero resa un’icona del porno. Più che cantare, gode. Era una giovane donna, allora, e il suo godimento era già la sua arte. Quando provava a cantare invece tornava (sia naturalmente che forzatamente) bambina, quasi il canto, per lei, potesse essere poco più che un giocoso capriccio. Dalla continua collisione di quel godere scabroso, a tratti irridente, e quel tentativo infantile di “gestire” una canzone, nasce un album che vive di furbizie, artifici, strane estrosità (“Cavallina cavallo”) pur adagiandosi, da contratto, sulle dune di ritmi e suoni risaputi. All’epoca questo 33 giri vizioso ma stranamente composto fu, alla meglio, ignorato. Oggi, forse, verrà di nuovo ignorato, ma il vinile c’è. Gira ancora. Ed è qui per dirci, se mai lo volessimo ascoltare, che la Staller del 1979 era una creatura rara, una bionda ninfetta maliziosamente pencolante fra innocenza e turbamento.
In copertina, il suo sguardo basso, quasi ingenuo (la Staller girò “L’ingenua”, film di Baldanello, nell’aprile del 1975, poi, nell’ottobre dello stesso anno – ecco di nuovo il conflitto – partì con “Voulez-vous coucher avec moi”, piccantissimo programma radiofonico su Radio Luna). Con la testa cinta dall’inconfondibile coronicina di fiori carezza il suo orsacchiotto di pezza (che pare gradire le attenzioni). Il fatto è che questo antico rapporto fra innocenza e turbamento, in quegli anni, attraverso la voce della Staller, non suonava solo peccaminoso. Era anche allegro, intrigante. Nel 2023, questo stretto rapporto – nonostante conquiste identitarie, liberazioni di varia specie e tabù crollati come tessere del domino – suona più doloroso e problematico (quando qualcuno lo indaga sul serio) oppure, addirittura, svalutato (i trapper che parlano di fica come se parlassero di mandarini da sbucciare non si contano). Ilona credeva che il sesso libero fosse la migliore rivoluzione per uscire da un’infanzia di sofferenze e privazioni (diceva: “La casa in cui sono nata assomigliava piuttosto a un inferno con tutte quelle persone che vi abitavano ammassate come sardine, con quelle mogli dal grosso sedere, quei mariti dalla grossa pancia, sporchi e unti di grasso, con quei bambini che correvano piangenti su e giù per le scale [...] Per non parlare dei gabinetti puzzolenti, dello sciacquone gocciolante che allagava la casa…”). Oggi pare più probabile il contrario: magari non cresci nell’oppressione che, ai tempi, conobbe Ilona, ma quando arrivi al sesso, alla relazione, tutto si fa più oscuro, più nevrotico. Riascoltiamo allora “Più sempre più su” e riscopriamolo come brano-tutorial, sorta di tranquillizzante “andrà tutto bene” in salsa sexy.