Siamo alle solite. Quando capita di scrivere su questioni che direttamente con la musica hanno poco a che fare, vedi caso “Fedez vs Tony Effe”, o di musica che un mondo giusto non dovrebbe prevedere, come appunto le canzoni di due come loro, sui social c'è sempre una corsa al commento sagace, tipo “ma cosa c'entra la musica?”, o peggio piccato, “si dà loro troppa attenzione e non se ne dà a chi meriterebbe”. Il tutto per altro commentando questi articoli, quindi contribuendo a creare quell'hype per cui poi, dovendo decidere di cosa occuparsi, si finisce sempre per occuparsi di loro, perché va bene essere duri e puri, ma tocca pure far quadrare i conti. Tutto molto bello, intendiamoci. Ma vi siete mai chiesti perché alla fine si scrive sempre e con una certa metodicità di questi argomenti apparentemente futili, se non addirittura dannosi? Semplice, perché questi sono gli argomenti che poi chi è solito leggere va a ricercare, creando quel circolo poco virtuoso di trend e quindi di click, o di click e quindi di trend, che in qualche modo tiene in piedi il sistema.
Del resto, quando però capita di scrivere di artisti talentuosi ma non noti, o anche talentuosi e noti, ma non in hype, i lettori scendono e quindi chi lavora per i magazine che quegli articoli pubblicano - siete qui, non è necessario fare nomi - ti fanno notare che l'argomento non è evidentemente di interesse. E non lo è davvero. I numeri, ahinoi, non qualificano mai la qualità, ma la quantità sì, e se chi legge sceglie di leggere di Tony Effe e non, per dire, di Patrizia Laquidara, è normale, anche se forse un po’ tossico, che ci siano più articoli su Tony Effe che su Patrizia Laquidara e il suo bellissimo nuovo singolo “Ti ho vista ieri”. È la storia della gallina e dell’uovo, forse, ma se trovandovi di fronte gallina e uovo scegliete sempre l’uovo, poi non lamentatevi se di galline non ne vedete più. Esemplifico. Quando pubblico sui miei social, quindi non su un magazine generalista - e immagino che chi segue i miei social li segua perché sono miei, quindi aspettandosi qualcosa di coerente con me - ecco, quando pubblico sui miei social video inediti di giovani artiste, come succede tutte le estati durante il Festivalino di Anatomia Femminile (kermesse virtuale alle giovani cantautrici indipendenti dedicato), i numeri non è che siano più alti di quando scrivo articoli dedicati a Laura Pausini o a Lazza. Anzi, sono decisamente meno. Però poi se scrivo un articolo dedicato, che so? ad Angelina Mango, ecco che arrivano le armate della notte a dirmi che dedico troppo spazio a chi è spinto dalle multinazionali, che il mondo è pieno di talenti di cui nessuno, io soprattutto, si occupa. Oh mondo infame, o tempora o mores, come se esistesse una “agenda” dettata da un potere forte cui anche io non posso sottrarmi.
Ecco, se quella agenda esiste, e tecnicamente non esiste, siete voi che leggete che la state scrivendo, non certo chi poi si trova a doversi adeguare al gusto imperante, magari provando a far notare che è un gusto di m*rda. Discorso che vale anche per le radio, suppongo. Hanno playlist che fanno cagare, convengo, sempre le solite venti canzoni dei soliti dieci nomi, dieci perché alla fin fine duettano sempre tra di loro, per altro dando vita al medesimo fenomeno di certi villaggi dove tutti erano parenti e le nuove generazioni finivano per soffrire tutte di cretinismo. A mescolarsi coi consanguinei succede così. Hanno playlist che fanno cagare, ma la gente le ascolta, senza cercare altro, quindi vincono loro, il male, inutile star lì a lamentarsene, quando si è parte del problema. Per altro, detta così en passant, andare in coda a un post che presenta un articolo su Tony Effe e Fedez a dire che quella non è musica e che parlandone si dà loro troppa importanza, è un controsenso palese, perché si è lì a parlare di loro e si dà loro troppa importanza, contribuendo a genere quell’hype per cui poi si tornerà a scrivere di loro e non di Patrizia Laquidara e il suo bellissimo nuovo singolo “Ti ho vista ieri”. È un loop, verrebbe da dire, ma probabilmente citassi ora la parola loop arriverebbe qualcuno a dire che i loop sono la decadenza, e che è appena uscito il nuovo album di David Gilmour, ma nessuno ne parla, come se le due cose non potessero coesistere, o peggio, come se il povero David Gilmour fosse uno mai cagato da chi scrive articoli, povero cucciolo.
Che sia uscito un nuovo disco di David Gilmour, bellissimo e tutto, è tecnicamente meno una notizia dell’uscita di “Chiara” di Tony Effe, canzone orribile che però è al centro dell’attenzione un po’ di tutti, e lo è perché se un qualsiasi giornale o magazine parlasse solo del nuovo disco di David Gilmour, bellissimo e tutto, nessuno lo leggerebbe, il giornale o magazine chiuderebbe, e il mondo sarebbe comunque più povero, perché nessuno infilerebbe mai, neanche con questi trucchetti da quattro soldi, la notizia che è uscito un nuovo bellissimo singolo di Patrizia Laquaidra, “Ti ho vista ieri”, da nessuna parte, e la notizia non circolerebbe che tra pochi carbonari. Detto che mi piacerebbe decisamente vivere in un mondo migliore, dove la mia idea di mondo migliore non è certo qualcosa di vicina alla precisione e alla perfezione o all’ordine, ma piuttosto alla bellezza e alla libertà, e sfido io chi invece ambisca a starsene in mezzo alla m*rda tutto il giorno, fatta eccezione per chi ama stare in mezzo alla m*rda tutto il giorno, de gustibus eccetera eccetera, sono anche io uno come voi. Mi chiedo e vi chiedo, però, se non sarebbe meglio evitare di fare i fenomeni e ammettere che oggi questo passa il convento e che parlarne, tentando di abbattere questi ecomostri, è comunque meglio che fare i fenomeni alzando i sopraccigli, ma restando comunque immobili, perché questo state facendo, e avete onestamente un po’ rotto i c*glioni.