Il suo segno è rappresentato dalla contaminazione tra generi figlia degli anni ‘80 che chi scrive conosce bene. Tvboy (alter ego di Salvatore Benintende) è del 1980 e in quest’epoca di nostalgia cancerosa porta il lato infantile - nell’accezione positiva del termine - di chi è cresciuto in compagnia, o solitudine, davanti allo schermo a tubo catodico. Riuscire a portare la tenerezza in opere che, molto spesso, parlano in modo tranchant dell’attualità politica e sociale, è una qualità di Tvboy che altri street artist non hanno. Che si tratti di abusi (Stop abuse vede un bambino sulle spalle del Papa) o Coronavirus (l’opera Cena per sei derideva il dpcm che regolava le cene in compagnia) lo spirito è sempre lo stesso: ‘uno sguardo ferito ma brillante’ che cela a fatica la malinconia di riproporre figure della sua infanzia (tra fumetti americani e manga) ed eroi personali.
Tvboy è in perfetta sintonia coi tempi e quando prende di mira qualcuno o qualcosa lo fa con la stessa compassione con cui si tratterebbe un amico in difficoltà, magari perché ha bevuto troppo e benché sia una palla al piede evitate di prenderlo a calci fino al primo taxi. Tra i pilastri della sua arte c’è anche l’amore, famosi sono i suoi baci come quello tra Messi e Ronaldo - Love is Blind - che ricordano la provocazione tutta pre-nuovo millennio, in fondo Tvboy è figlio della sua epoca, di Oliviero Toscani e le sue campagne per la Benetton.
Suo è il genere NeoPop che fa del postmoderno il suo cavallo di Troia per veicolare una critica alla società contemporanea, e nell’uso del mixed media (con Antony Morato ad agosto ha lanciato una capsule collection) l’artista siciliano si è dimostrato parecchio prolifico e verboso negli ultimi anni. Se nel 2018 il bacio tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini scandalizzava Roma, insieme a Chiara Ferragni santificata a Milano, oggi in quella stessa Milano in cui è cresciuto, Tvboy al Mudec ci rimarrà fino al 9 gennaio per una esposizione nata da un’opera di protesta, ossia la mostra/non mostra di Banksy.
Tvboy parla senza parlare e lo fa con una semplicità che è sempre frutto di un certo livello di sacrificio. È ancora lontano dal totale inaridimento che colpisce, prima o poi, ogni artista. Quando l’arte affronta situazioni umane è sempre difficile non rimanerne compromessi o non fare, di tanto in tanto, scelte sbagliate. Per quanto in questo periodo storico ci sia bisogno di relax interculturale, TvBoy fa sempre una chiamata alle ‘armi’, al pensiero, in modo pacifico e per nulla disincantato. Nell’esperienza di artista e uomo nato a cavallo tra l’analogico e il digitale porta un’ironia dilagante, e l’opera Divided we stand, united we fall’ sui muri della provincia di Barcellona ne è una prova, e per i passanti diventava difficile ignorare il personaggio dello Zio Sam che imponeva con l’indice accusatorio, per il loro bene, di stare a casa.
Se per dirla con lo stesso TvBoy (in una intervista fatta con Artribune) ‘la strada è un luogo di esposizione democratico’, il suo atteggiamento ‘punk’ è quel filo scoperto che ci ricorda che tutti noi dobbiamo fare qualcosa, lui lo fa e continua a farlo perché, forse, non c’è rimasto nient’altro da fare in un’epoca senza coordinate e dall’identità frammentata. Che sia l’arte la risposta?