Perché il merlo sulla rivista satirica "Il Becco Giallo" aveva la bocca chiusa da un lucchetto? Ma il debutto in libreria de "i Gialli Mondadori", la collana dedicata ai thriller polizieschi e dall'iconica copertina cromatica, è davvero di 93 anni fa? E quali erano esattamente le differenze tra "surrogati" e prodotti "di marca", come le matite "Fila" o la frizzante "Idrolitina"? Se ignorate perché si diceva "Non ammazzate i gatti!", in Italia e sul Web c'è una donna che lo sa: si chiama Giovanna Giannini ed è l'autrice di www.cartolinedalventennio.it, dove pubblica articoli, approfondimenti e schede sulla quotidianità in cui vivevano gli italiani durante il Ventennio. Dalle foto d'epoca negli archivi privati o pubblici, alle risorse che sono disponibili online nei dipartimenti di storia delle università italiane, fino ad arrivare agli account sui social network e a due libri autopubblicati. La storica e ricercatrice, spiega in dettaglio a MOW perché non è solo il famoso critico e storico d'arte, Vittorio Sgarbi, con l'attuale mostra su Julius Evola al Mart, a ricevere: accuse, critiche e polemiche a causa del proprio lavoro di ricerca in favore della Storia e della Cultura.
Complimenti per il tuo sito: ci sono un sacco di informazioni interessanti e materiali storiografici esclusivi, che sono molto difficili da trovare online e sul Web, tra fonti universitarie e siti di dipartimenti di Storia o collezioni private.
Grazie per l’apprezzamento: è un difficile lavoro di ricerca. Sono lusingata dalle parole, anche perché la mia storia è molto singolare.
Raccontala ai lettori di MOW: come mai questa passione per la vita degli italiani durante il periodo storico di 100 anni fa, l'arcinoto e fascistissimo Ventennio?
Sono una persona molto curiosa, sono appassionata di storia del fascismo e soprattutto della quotidianità di tutte quelle persone che, loro malgrado, si sono trovate a vivere in quel particolare e complesso periodo storico. E mi sono detta: come fare a raccontare tutto questo? Analizzando e studiando quelle che erano le pubblicazioni del periodo, poteva essere la risposta.
Non sparate sulla Stampa: brava! Personalmente ho trovato le antiche copie di un rotocalco che esiste tutt'oggi: Novella, prima che aggiungesse il futuristico 2000 e la cui attuale ciurmaglia di redazione, di cui è "un membro" persino il sottoscritto, è capitanta da Roberto Alessi, mammasantissima del giornalismo e grande esperto di Costume e Cronaca Rosa del Belpaese. Hai letto molte riviste pubblicate 100 anni fa?
Sì, i miei articoli partono proprio dalla lettura dei quotidiani e delle riviste del ventennio. Ci sono un sacco di pubblicazioni dell'epoca, in Internet, tra le risorse bibliografiche e universitarie, ma anche altrove. E ci sono tante storie personali e interessanti, nascoste in quelle vecchie pagine ingiallite da oltre un secolo di storia. Ed io cerco, modestamente, di riportarle alla luce. Tutto questo tra mille difficoltà perché è difficile trasformare una passione in un lavoro vero e proprio.
In effetti il periodo fascista è un tema alquanto spinoso, almeno agli occhi dell'odierno conformismo della Cancel Culture: hai avuto molte difficoltà, la gente ti rema contro?
La mia storia personale e la mia ricerca è un percorso perennemente in salita: occupandomi di fascismo, le altre persone vedono in me una fascista. Un'equazione stupida, ignorante e superficiale. Che a me ferisce sempre profondamente. Mi colpisce la superficialità di giudizio delle persone, che oggi non ammette alcun contraddittorio. La superficialità di chi non prova neanche ad immaginare quanto lavoro di ricerca ci sia dietro alla stesura di uno degli articoli di poche battute che pubblico circa la vita degli italiani del tempo.
Ti accusano di voler "brindare al Duce", raccontando la vita degli italiani che sorseggiavano un Martini nei Caffé degli anni '20 del Novecento? Che teoria complottista. Ma ci sei solo tu "dietro" alle Cartoline dal Ventennio, giusto?
Sì! Dietro a tutto questo, nel bene e nel male, ci sono solo io. Il sito è stato realizzato interamente da me, come tesi finale di un master in comunicazione storica. Puoi immaginare le difficoltà di una laureata in materie umanistiche alle prese con il linguaggio HTML, gli script Java e il resto dell'informatica del Web. I miei due libri ("Un martini per il Duce" e "Vivere", ndr) sono pubblicazioni indipendenti: dalla copertina, all’impaginazione, alle correzioni... è tutta opera mia. Lo dico non per una falsa modestia, ma solo perché mi piacerebbe condividere le difficoltà di chi in Italia oggi vuole raccontare la storia di quell'Italia, degli italiani e del periodo del fascismo.
Ma come ti contattano per accusarti di essere una nostalgica?
Insieme a questi lavori, tra sito e libri, avevo creato anche dei profili su due famosi social network e un canale su YouTube. Parlavo solo ed esclusivamente di storia, ci tengo a sottolinearlo! Ovviamente è naturale che pubblicassi anche immagini e molto apprezzati erano i manifesti, sia pubblicitari che di propaganda dell'epoca. Quelle immagini erano uno strumento importante per raccontare quel determinato periodo storico che ha vissuto l'Italia. Evidentemente in questo Paese qualcuno pensa che non raccontando il ventennio lo si possa cancellare dalla storia.
Quindi via social, ti hanno segnalata come pericolosa fascista perché parlavi delle pubblicità della Motta e delle caramelle San Giuliano?
Eh sì: cominciarono le segnalazioni! E posso assicurare che fa malissimo riceverle, soprattutto se sai di non avere commesso nulla che possa causarle, tantomeno meritarle. L’immagine che provocò la chiusura del mio profilo social più seguito, fu un manifesto pubblicitario degli anni Trenta che pubblicizzava una località turistica italiana! Non era presente alcun riferimento grafico al fascismo. Di fronte ad una simile ingiustizia ho provato in tutti i modi a contattare alcuni organi di stampa. Anche chi in passato si era occupato delle mie ricerche. Ma non ho mai avuto risposta.
I soliti giornalisti che blablano. Ma noi di MOW siamo alquanto disturbanti e molto curiosi: che hai fatto allora?
Ho deciso di puntare tutto sul sito e sull’altro profilo social, ancora in vita, dove raccolgo immagini di tutto quello che a livello architettonico rimane del fascismo, in Italia e altrove: scuole, edifici pubblici, tombini, fontane, ogni pezzo d'architettura del periodo: è un archivio fotografico che supera le 1000 foto. Ma anche questo profilo è a rischio di chiusura: ho già ricevuto numerose segnalazioni. Mi accusano di fomentare odio e violenza sebbene pubblico solamente immagini di edifici pubblici ed evito anche che vengano commentate. Pensa che una volta mi accusarono di essere razzista e a favore dello sterminio degli ebrei, ma a scatenare simili offese fu l’immagine di copertina del mio libro "Un martini per il Duce", che parla solo ed esclusivamente di pubblicità.
Davvero l'ignoranza è spaventosa. Ma qui su MOW pubblichiamo volentieri i tuoi canali social, dove su Youtube si possono vedere contenuti audio e video dell'epoca, così come le immagini che pubblichi su Instagram. E a conclusione dell'intervista ci teniamo a segnalare, a chiunque lo legga e lo ignori, che il simbolo del "Fascio Romano", anche detto "Littorio", non è stato utilizzato dagli italiani solo nel periodo storico in cui indossavano le camice nere, ma anche prima: quando ai piedi portavano i calzari e facevano i bagni filosofeggiando nell'umidità delle terme. E nel 2022 è persino il logo della Guardia Civil: istituzione che si occupa dell'ordine pubblico in Spagna, che è equipollente della Polizia di Stato in Italia.
E MOW segnala anche che "Balilla" non è solo l'infanzia progettata dal regime totalitario che dominò il nostro Paese durante i primi venti anni del Novecento, ma non è nemmeno solamente il nome di un modello della casa automobilistica Fiat di quell'epoca. In realtà è il nomignolo di un ragazzino di 11 anni di Genova: Giovanni Battista Perasso, che si incazzò il 5 dicembre del 1746 e aizzò la rivolta popolare contro l'occupante Impero Asburgico, partendo dal quartiere genovese di Portoria, dove oggi è ricordato come patriota ed eroe nazionale, con tanto di statua mentre scaglia una pietra contro l'occupante invasore. Questa simbolica ribellione popolare contro le ingiustizie è anche nella quarta strofa del nostro inno nazionale: una di quelle che nessuno canta, perché in una nazione di calciatori tutti conosco solamente la prima: il ribelle ragazzino di Genova è elogiato a simbolo per l'intera collettività di confratelli tricolore, proprio ne "Il Canto degli Italiani" di Mameli, che esplicitamente ricorda a chiunque: «I bimbi d'Italia / si chiaman Balilla».