Il Vittoriale degli Italiani, dimora dannunziana sulla sponda bresciana del Lago di Garda, ha nelle radici della sua stessa costruzione il senso della grandezza e dell'esilio, della maestosità e del confinamento. Dalla Prioria alla nave Puglia, la grande residenza di Gabriele D'Annunzio appartiene a un tempo antico e contemporaneo insieme, un mondo fatto di libertà e censure, di viva modernità e antico patriottismo. Ogni volta che si capita lì, sopra alla piccola Gardone Riviera, nel parco che guarda la tranquillità del lago, non si può che respirare l'eccentricità di un uomo, la sfarzosità di uno degli italiani più discussi del nostro Novecento.
E da lì, dalle stradine che dal cimitero dei cani portano al roseto, non si può non pensare a quanto il Vittoriale sia la casa perfetta per una mostra temporanea come I Censurati, nudo e censura nell'arte italiana di oggi, un'esposizione presente a Villa Mirabella, all'interno del parco del Vittoriale, dal 16 settembre fino al 3 marzo 2024.
Villa Mirabella, pensata da D'Annunzio come foresteria per gli ospiti e gli artisti in visita a Gardone, riceve così i visitatori che, oltre alle più famose attrazioni del Vittoriale, si lasciano attirare da questa temporanea curata da Camillo Langone. Una raccolta di nudi recenti, censurati e censurabili, dei migliori artisti italiani viventi, in tre stanze che rivendicano la difesa della libertà. A spiegare le motivazioni dietro alla scelta del Vittoriale di ospitare la mostra arrivano, all'ingresso di Villa Mirabella, le parole del Presidente della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Giordano Bruno Guerri: "Abbiamo voluto questa mostra in difesa della libertà artistica e contro censure inammissibili nella nostra epoca. Consigliamo tuttavia, a chi potrebbe esserne disturbato (specialmente per i minori) di non varcare questa soglia".
Libertà con postilla, avvertimento e consiglio. Istinto irrefrenabile di varcarla, quella soglia, al solo leggere quelle parole. E così inizia il viaggio nella censura, tra corpi esposti e provocazioni artistiche di ogni forma. Inizia Roberto Ferri, artista tarantino che con la sua opera Le tentazioni di sant'Antonio unisce sacro e profano, corpi nudi e immagini bibliche. "Per simili virtuosismi carnali - si legge - Facebook un giorno chiuse a Ferri l'account". Facebook, Instagram, i social tutti: censura del nostro tempo che più volte si ripete nel corso della mostra. Anche Giuliano Guatta (in mostra con L'Isola), che come Ferri è un'esponente dell'arte sacra, perde la sua battaglia contro la censura dell'online e diventa martire di libertà, cattolico bannato dall'algoritmo.
Tra i più censurati spicca Riccardo Manelli "il bannato numero uno che oggi è come dire il nemico pubblico numero uno": tre, le sue opere esposte al Vittoriale, in una pittura su cotone che evidenzia il realismo anatomico dei suoi nudi femminili. Niente da censurare, verrebbe da dire, tutto censurabile però, nelle regole del mondo di oggi.
Mai bannato, perché mai esposto, è invece il grande quadro in matita e pastello su tavola di pioppo realizzato da Omar Galliani. Iokanaan spicca, attira verso di sé, divora l'attenzione di chi, entrando nella piccola stanza in cui è esposto, ne viene rapito: "Due metri e mezzo di fallo, ciclopica impresa resa fattibile dalla matita miracolosa del sommo disegnatore su tavola". Un'opera che si ispira a Salomè di Oscar Wilde censurato, a sua volta, in un'Inghilterra vittoriana fatta di divieti e bigottismo. Al centro della sala principale, lunga e scomposta, a rubare l'attenzione è invece una bambola, la Bambola, opera della giovane Silvia Paci che "mostra le connessioni tra gioco e rito", in quello che l'artista ripropone nella sua storia creativa con diverse forme, grandezze e materiali per trasformarsi in "musa ironica del mio universo femminile".
La mostra prosegue, si sradica e ritorna, coerente per chi la osserva e la sente, perfetta nel teatro della vita dannunziana di Gardone. Un viaggio nella censura da non perdere per capire qualcosa su di noi, sul passato e soprattutto sul presente di ciò che oggi abbiamo iniziato a considerare normale, impossibile da combattere, come le regole algoritmiche dei social che impongono un nuovo livello di impubblicabilità, un nemico con cui non è concesso dialogare, un mostro troppo grande per essere attaccato.