È passato ormai più di un anno e mezzo dall’inizio della cosiddetta operazione speciale della Russia in Ucraina: molti si sono espressi al riguardo, molti hanno condannato l’invasione e altrettanti hanno invocato (e continuano a farlo) la pace. Ma se l’opinione dei politici sullo scacchiere internazionale è ormai nota ai più, cosa ne pensano gli artisti russi? In occasione del suo concerto a Milano, abbiamo incontrato Boris Grebenšikov, un gigante della musica russa, chiedendogli personalmente cosa ne pensasse lui. Sin dall’inizio del conflitto, a febbraio 2022, l’artista si è più volte schierato contro la guerra, tanto che le sue accese dichiarazioni contro l’invasione e contro lo Stato russo hanno fatto sì che a giugno di quest’anno venisse ufficialmente incluso nell’elenco degli “agenti stranieri” ritenuti ostili e pericolosi dalla Federazione russa. L’artista però non si è perso d’animo, e sta al momento svolgendo un nuovo tour internazionale chiamato “BG +” in giro per tutta Europa. Tra le tante tappe, tre sono state le date italiane (Roma, Milano e Venezia), prima di proseguire per Berlino, Stoccolma e altre città europee.
Se chiedessimo a un qualsiasi russo in Italia, in Russia o in qualunque altra parte del mondo, di dirci chi è per lui Boris Grebenšikov, la risposta sarebbe molto probabilmente “è una leggenda”. Boris Grebenšikov, classe 1953, è infatti considerato a pieno titolo il “padre del rock russo”, e uno degli esponenti più attivi della controcultura musicale russa e sovietica degli anni ’80, sulle scene da oltre 50 anni.
Fondatore della band Acquarium nel 1972, è stato tra i primi artisti rock dell’Unione Sovietica: in piena guerra fredda e in tempi in cui i contatti tra Occidente e blocco comunista erano più che mai risicati, è stato parte di quella giovane generazione che si è fatta strada tra la stagnazione brezhneviana e la promettente Perestroijka gorbačёviana. Boris Grebenšikov e gli Aquarium sono stati infatti tra i primi artisti a registrare un album musicale con apparecchiature professionali, quando nessun altro in Urss poteva permettersi di farlo. Sono stati anche tra i primi a esibirsi in un concerto vero, - e non in circoli clandestini come era comune all’epoca - sul palco del primo Rock Club di Leningrado (oggi San Pietroburgo) nel 1981, raggiungendo una fama tale da essere persino pubblicati in Occidente, nell’album Red Wave: Four Underground Bands from the Ussr, uscito negli Usa nel 1986 grazie alla mediazione dell’americana Joanna Stingray.
Dopo 50 anni di carriera, è tornato a esibirsi in un tour, eppure le date dei suoi concerti italiani non sono state molto pubblicizzate. Come mai?
Non sapevamo bene come fare per muoverci qui, in Italia, ma alla fine ogni concerto è pieno. Sono tempi strani. Ci muoviamo su un terreno incerto, ma d’altra parte… Io odio sapere esattamente cosa sto facendo.
Vista la situazione geopolitica, non è facile per i russi. Molti sono qui in Occidente, anche in Italia, alcuni però evitano di esprimersi sulle delicate questioni legate alla guerra della Russia, però il suo pubblico affezionato di lingua russa la segue.
I russi forse non vogliono essere troppo rumorosi, non vogliono farsi notare troppo ora, ma io faccio musica anche per dire che va tutto bene, e dire che è tutto ok”. Noi cerchiamo di supportare le persone, più persone possibili, anche se la situazione è tragica e imprevedibile. Attualmente, molte persone in Russia hanno timore a esprimersi liberamente, e questo (citando il brano The Sound Of Silence) si sviluppa e “cresce come un cancro”. Ma più tempo si rimane in silenzio e più corrotti si diventa. La situazione è che siamo in Europa. Uno Stato europeo ne attacca un altro. È una vera tragedia tra Russia e Ucraina, ma è anche una tragedia per la Russia stessa, all’interno e verso il resto del mondo, è come se le persone lì cercassero di non far caso a quello che sta succedendo…
Lei vive nel Regno Unito attualmente, da quanto tempo?
Stabilmente dal 2022, in realtà già dal 2019, ma sono 15 anni che mi sposto spesso a Londra, dove lavoro, dove ho lo studio di registrazione, dove faccio musica…
Ma la sua lingua, il russo, e la sua patria non le mancano?
Il russo è sempre dentro di me, è la mia lingua. Alla fine ci sono stati tanti altri artisti che sono andati via dalla Russia, pensate a Josif Brodskij, o a Solzhenicyn... Anche loro sono andati via, eppure hanno continuano comunque a scrivere in russo, e come loro tanti altri. Così anche io.
Cosa è importante per lei ora? Cosa vuole trasmettere con la sua musica?
Per me è importante comportarsi con onore. Di questi tempi è importante dire chi sono davvero e aiutare le persone, arrivare a loro, soprattutto aiutare più persone possibili.
Cosa ricorda degli anni della sua gioventù, quando ha iniziato a fare musica?
Allora c’era più bellezza nelle cose: ottimismo, luce, e così ero anche io. Ero felice, con mia madre e mio padre, non mi mancava niente. Noi da ragazzi in Unione Sovietica non potevano andare a vedere i Beatles live, o i Rolling Stones, ma ci accontentavamo di riuscire a sentirli in radio, di trovare delle stazioni radio che trasmettessero la loro musica… A 16 anni andava bene così. Dai 30 è diventato un’altra cosa, era diverso. A 30 anni vuoi di più: per fare musica serve uno studio, apparecchiature, microfoni professionali e non avendoli in Patria era difficile. Io volevo fare musica “per gli altri”, per il resto del Mondo, ma servivano soldi per andare all’estero, a Londra.
Però ci è riuscito…
Sì, oggi mi occupo di musica: ho una trasmissione in radio, suono, il punto è che vorrei creare musica che sia parte del “resto del mondo”, per questo mi sono dovuto spostare a un certo punto, perché non vorrei che la musica russa fosse estranea al resto del mondo, e fosse di secondo livello.
Ora si trova in Italia, che rapporti ha con l’Italia, o con la musica e la cultura italiana?
Mi piace l’Italia, anche se non la conosco bene. Sono già stato due volte a Roma, ora è la seconda volta anche a Milano. La sto scoprendo e conoscendo. Mi piacerebbe in futuro prendermi una casetta da qualche parte, al mare, sarebbe un sogno e vivere in pace, in un posto pieno di sole…
È il sogno un po’ di tutti gli italiani… Ma lei, oltre che di musica, si occupa anche di arte, di pittura. Dai suoi profili social vediamo che dipinge, quando è iniziata la sua passione per l’arte?
È iniziata negli anni ’70, ma in realtà io mi occupo di molte cose, mi piace fare molte cose: faccio musica, dipingo, traduco libri…
Che libri ha tradotto?
Traduco libri dal sanscrito. Ho sviluppato un forte interesse verso l’India a 12 anni e del resto anche i Beatles per un po’ hanno fatto musica ispirata all’India… Io traduco libri spirituali: ho notate che le traduzioni russe in circolazione spesso sono pessime e allora io provo a ritradurli, dall’inglese al russo, e lo faccio ormai da 15 anni. Mi piace farlo tra le 3 e le 5 del mattino, quando tutto è quieto e regna la pace.
Tornando alla musica, lei è considerato una leggenda in Russia, è stato uno dei padri fondatori del rock russo, come si sente al riguardo?
(sorride) Era difficile ai tempi, quando ero giovane. Noi suonavamo in clandestinità, ci vedevamo per provare, ma non avevamo i mezzi, gli strumenti, non c’era tutta un’industria dietro e noi ci siamo dovuti inventare tutto… Nel ’78 abbiamo ideato la prima rivista underground in Unione Sovietica, ma a quei tempi era anche difficile avere apparecchiature professionali per registrare un album. Noi piano piano abbiamo iniziato, ci abbiamo provato…
Prima ha citato i Beatles e i Rolling Stones che sono stati una leggenda in Occidente, ma anche in Unione Sovietica e in Russia, anche se c’era la cortina di ferro. Che rapporto ha con la loro musica? Sono stati fonti d’ispirazione per lei e gli Acquarium?
Quella musica ci ha ispirato, sì, ci ha indirizzato. Era illegale e impossibile ascoltarla in realtà, ma noi cercavamo di trovare un modo, una radio…
Certo, non dev’essere stato facile. Comunque lei si occupa di musica da tanti anni, com’è cambiato il suo stile nel tempo? Come definirebbe il suo genere?
Io non saprei dire bene che genere o che stile sia la mia musica. Io semplicemente faccio musica, per le persone. Ora il tour si chiama “BG +” e quel “più” comprende tante persone che suonano strumenti diversi. Per esempio, alcuni suonano flauti, o altri strumenti a fiato, come il duduk, ma l’orchestra è mista, variegata. Alcuni di loro vengono dalla Scozia, altri dalla Russia, quindi, sarebbe un tour di BG + “il Mondo”, perché vorrei che la musica russa fosse musica per tutti, che fosse fonte di ispirazione, che fosse una risposta alla cancel culture, perché cancellare la cultura, la musica, in nome di questioni politiche è assolutamente stupido.