Premetto che la rubrica "Dalla parte del cattivo" - dove troverete l'intervista integrale a Baby Touché - non vuole santificare o giustificare chi non rispetta la legge, ma solo analizzare da un diverso punto di vista la realtà fraintesa e spesso strumentalizzata che ruota intorno alla musica trap. Nasce dal mio sincero interesse per le periferie del mondo, spesso discriminate ghettizzate e poco conosciute nella loro vera essenza. Non cerco al contrario di altri "la strega da mettere al rogo", racconto quello che in prima persona vivo e ho vissuto, cercando il bello che esiste nella cultura di strada, artisti che con onestà parlano di ciò che hanno visto e provato. Provo a valorizzare realtà creative e indipendenti, storie vissute sulla propria pelle, ridotte a elogio alla violenza fine a sé stessa. Parlo anche di un desiderio di emergere, un rifiuto nel rassegnarsi a essere "uno qualunque", la voglia leggittima di migliorare la propria condizione di vita e quella di chi ti ha messo al mondo. Racconto chi combatte e si difende in trincea, passando da un problema all'altro confondendo spesso la vita con un gangster movie troppo violento di cui nessuno ti autorizza mai a scrivere la parola fine. E analizzo il problema "sociale" che tutti vorrebbero ignorare, nascosto dietro la realtà dell'emarginazione e della delinquenza rispettando il fatto che ognuno di noi è figlio della propria storia, di ciò che ha visto e vissuto e che "la colpa" non può sostituire l'analisi più approfondita di un passato difficile, una mancanza di istruzione e di valori, di cui non si è mai responsabili, ma casomai vittime. Credo in una reale riabilitazione e mai nella punizione e nell'umiliazione continue a cui il "perfetto" sistema giudiziario sembra non voler rinunciare. E invito a riflettere su chi sono i colpevoli e gli innocenti, concetto estremamente relativo in questa società imperfetta e spesso ingiusta fatta di regole stabilite dagli uomini e non certo da Dio. Così inizio questo racconto di storie dei i "ragazzi di vita" - come li chiamerebbe Pier Paolo Pasolini - dal rapper Baby Touché, vero nome Amin. Ultimamente Touché è finito nelle cronache per aver osato rispondere male al giornalista Paolo Del Debbio durante il programma tv Dritto e rovescio il quale, senza neanche conoscerlo, lo ha definito "un troglodita". Il grande giornalista ha abilmente e diabolicamente tirato fuori da lui il peggio in seguito a offese, provocazioni e descrizioni che non hanno niente a che fare con Touché, che conosco. Infatti l'ho incontrato la prima volta quando aveva 16 anni (oggi ne ha 21). Avevamo un amico in comune, un trapper calabrese di nome Tonino, che in realtà era a sua volta l'amico del mio fidanzato di allora Jeda, di origini marocchine come Touché. Già a 16 anni Touché aveva qualcosa di speciale, si capiva che era "diverso", che aveva una marcia in più. Aspetto esile da bambino troppo magro e sguardo da cerbiatto sognatore, che di improvviso cambiava e diventava estremamente serio. M aanche occhi da uomo vissuto che aveva già visto troppo per la sua età. Ci siamo incontrati in più di un'occasione. Un pomeriggio avevo ospitato lui, Jeda e Tonino nel mio residence a Milano per guardarci "Quei bravi ragazzi "di Martin Scorsese e fumare qualche canna in pace. Un'altra sera ci eravamo cimentati in una cena al caffè Dolce e Gabbana, giocando a fare i vip. E io, rassegnata all'idea di pagare per tutti, mi dovetti stupire del fatto che la cena me la offrirono loro. Poco dopo venimmo cacciati all'entrata del caffè Just Cavalli" che non ci riconosceva degni dei proori divani zebrati e leopardati. Finiti il giro per il centro di Milano, stanchi morti, in piena notte e seduti su un muretto senza meta e senza legge, io e Touché iniziammo a parlare. Mi piaceva confrontarmi con lui. Il tono era timido e rispettoso, verso di me che ero molto piu grande, ma aveva già la determinazione per affermare una chiara ambizione nella musica, quella sicurezza di uno nato "diverso" e destinato a combinare "qualcosa di grosso". Era maggio. Mesi dopo avrei dovuto iniziare a girare il mio film da protagonista "Vera" e gli dissi: "Preparati Touché, io sto per fare un film e spaccherò tutto, vincerò tutti i premi e diventerò una star internazionale". Quando lancio queste bombe un po' è perché ci credo realmente in quello che dico, ma principalmente lo faccio per "responsabilizzarmi". Di qualunque affermazione esagerata infatti devi esserne all' altezza, perché le persone non se la dimenticheranno facilmente e a quel punto la tua reputazione sarà "a rischio". Quella sera rischiai con tutta la voglia di dimostrare che quello che dico non è mai uno scherzo, che lo avrei fatto a costo di morire. Per me in fondo tutto è "una questione di vita o di morte" e a volte devi vincere per forza, non hai scelta. Io non ce l'avevo più, dovevo prendermi la mia opportunità. Salire su quel treno che non sarebbe passato di nuovo facilmente. Touché è stata la mia sfida, la mia promessa notturna sotto le luci delle insegne pubblicitarie di Milano, tutto quello che avrei ottenuto per arrivare a quella promessa mantenuta, di ogni fatto avrei reso partecipe anche lui. A modo mio lo stimavo.
Sapeva cosa significasse volercela fare, lottare, avere porte chiuse in faccia ed altre troppo aperte sbagliate, essere frainteso, preso di mira, giudicato, odiato. Pur essendo diversi ci somigliavamo, per quella "rabbia di vita" che si annusa e su cui non si puo sbagliare mai perché è istintivo riconoscerla. Negli ultimi tre anni ci siamo sempre inviati messaggi su whatsapp ed il suo più bello per me è stato questo: "Grande zia, hai dimostrato che quello che dici lo fai. Un anno fa l'hai detto e oggi l'hai fatto. Congratulazioni!....no non congratulazioni, vabbè, come si dice? Non mi viene una parola, ma comunque brava, davvero grande". L'ho invitato alla prima di "Vera" a Milano, è venuto a vedere il mio film e ci siamo fatti le foto insieme con dietro la locandina. Ho seguito i suoi video le uscite dei pezzi nuovi, le varie vicende, belle e brutte. La storia di lui sequestrato e ripreso in video (diffuso poi sui social) da un altro rapper, Simba La Rue, per averlo sfidato o offeso. Mi ha straziata e riempita di rabbia, un sequestro è un fatto molto triste e violento che non sarebbe probabilmente piaciuto nemmeno a Quentin Tarantino per un film. Un gioco fin troppo pesante, dove la vittima alla fine ne esce più forte del carnefice. Perché non si fa spettacolo con le rese dei conti ma con la musica, e perché più forte è sempre chi si sa controllare senza esibire un odio ed una rabbia personali che non sono un esempio né uno strumento di identificazione o ispirazione. Non credo nessuno si sia identificato o sentito ispirato da questa storia. Né che abbia insegnato niente a nessuno, perlomeno a me no. Quindi, qualora Simba La Rue mi volesse sequestrare per aver detto queste cose o per il mio affetto per i suoi rivali, io non ho paura né di lui né di nessuno, così come non c'è l'ha Touché. Casomai adesso è molto più incazzato, umiliato e sulla difensiva, il che non migliora la vita di nessuno. Alimentare paura, rabbia e desidero di vendetta nella storia del rap ha portato a distruzione e morte, non ha fatto guadagnare soldi né stima in più a nessuno. Anche chi ha esaltato o fomentato questo gesto di Simba La Rue lo ha fatto per interessi personali, per "leccargli il cu*o", per paura di opporsi per mancanza di ideali o addirittura di personalità, perché questa storia non è e non sara' mai "una figata". Detto questo Touché entra nella cronaca con questo sequestro di cui nel mondo del rap parlano tutti fino a incappare, o meglio, inciampare direi, nel famosissimo programma contro tutti i trapper del mondo: "Dritto e rovescio". Il noto rotocalco di Rete 4 mira a terrorizzare un pubblico poco colto e facilmente influenzabile sul concetto razzista che i magrebini, gli arabi e i mussulmani sono delle bestie cattive pronte a scipparti in ogni angolo della strada, a farti violenza e a obbligarti a indossare il burqa per poi ricominciare a delinquere dalla mattina alla sera organizzando baby gang fatte di violenza gratuita per il puro gusto di farla. Violenza che poi dovrebbe ispirare testi e vergognose rime diseducative e da censurare. Ma la violenza non è mai gratuita, viene da un profondo disagio esistenziale, da un problema sociale che si ignora e di cui non gliene frega niente a nessuno. Inoltre, se raccontando la violenza si volesse incitare alla violenza e basta, Quentin Tarantino sarebbe un criminale e non un grande regista. Questi ragazzi non vanno a lavorare perché quasi sempre a loro sono destinati "lavori di mer*a". E specifico che, sebbene il lavoro nobiliti sempre e comunque l'uomo, l'uomo ha il diritto di essere nobilitato anche da un sacrosanto e legittimo diesiderio di avere di più dalla vita che pulire i cessi o andare a caricare pesi facendo traslochi, sopratutto se l'uomo di cui parliamo è un ragazzo con un talento indiscutibile, una voce bellissima e una capacità reale di scrivere bei pezzi e di conoscere e capire la musica. Ma Touché e tutti quelli come lui non devono avere il diritto di sognare. La speranza di essere famosi sembra appartenere in Italia a personaggi improbabili senza arte né parte come i tronisti, starlette mascherate da dive, influencer ignoranti, figure di una banalità senza pari che blaterano frasi politically correct e versano lacrime ricordando la mamma defunta o non so cosa pur di fare audience.
Il mondo dell'arte e dello spettacolo è ad oggi un mondo dove chiunque può diventare qualcuno. Siano oppressi da vestiti troppo costosi, o troppo poco costosi, che sfruttano il lavoro di veri e propri schiavi, trucchi cosmetici e lifestyle che spostano l'attenzione da ciò per cui si dovrebbe combattere, con lo scopo di rendere l'intero universo un mondo di lobotomizzati dai social dove diventiamo tutti stupidi e non facciano nessuna rivoluzione. Ma la vergogna è un ragazzo di periferia che vuole migliorarsi attraverso la sua musica? D'altronde ha osato dire a Del Debbio "non mi toccare". E ha fatto bene. A nessuno consentirei di spingermi e provare a cacciarmin da uno studio dove tu mi hai invitato! Se lo avesse fatto con me avrei reagito esattamente allo stesso modo. "Non mi toccare, bello, non sono tua sorella", avrei risposto. E sono colta, laureata e figlia di Giuliano Gemma. Non faccio parte di nessuna baby gang, altrimenti vi farei un cu*o così. Ma ci provo comunque scrivendo, perché ognuno combatte come può e con il mezzo che gli è più consono. Resta il fatto che parliamo tutti la stessa lingua. Io Touché, Simba La Rue, Baby Gang e chiunque altro capisca quello che sto dicendo: parliamo la lingua di quelli che mai e poi mai si sottometteranno al potere di turno, quelli che non si fanno mettere sotto da nessuno dei cattivi-innocenti che chiedono rispetto. Perché hanno scelto di non leccare il cu*o e di vivere come più gli piace, sognando quanto caz*o gli pare con una rabbia dentro che viene da quello che ci è stato tolto violentemente, dal doverti sempre difendere quando vorresti gridare che sei innocuo, che cerchi solo un po' di amore e verità in questa vita. Non esiste una legge che dice che sei marocchino non puoi sognare di diventare ricco e famoso. Touché, come chiunque altro, resta nella legalità e mette fa valere i suoi diritti. Se poi tu vuoi farlo passare come un criminale e basta, non interessandoti minimamente sull'artista che è, sulla sua storia, quanto possa essere stato difficile per lui arrivare fino a qua, e invece lo strumentalizzi come paladino di un disagio da rinchiudere all'inferno dei dannati, allora il diavolo sei solo tu, non lui. Doveva essere la tua vittima, ma non lo è stato. Perché il concetto che le cose non vanno sempre come si vorrebbe vale per noi, ma vale pure per voi che fate quel programma. Promettere a ragazzi che escono con difficoltà dalla loro realtà una notte pagata in hotel a Milano e poi li accusate e offendete in tv provocandoli e descrivendo il peggio e mai il meglio, sputtanandoli di fronte alle loro famiglie, ai loro amici, che atteggiamento è? Ma voi di "Dritto e Rovescio" (a proposito, ma che nome è per un programma? A chi è venuto in mente?) se avete un talento indiscutibile è quello di far uscire da questi ragazzi il peggio. Ed è proprio quello che volete. Cercate "il colpevole". E dopo come vi sentite? Buoni? Voi non siete buoni, sapete soltanto nascondervi. Io non ce l'ho questo problema. Io dico sempre la verità, anche quando dico una bugia (come disse Tony Montana in Scarface). Chi è buono? Il magna magna dell'amichettismo? L'atteggiamento mafioso dell'io dò una cosa a te e tu dai una cosa a me che governa l'Italia? Siete buoni voi che alimentate un'ignoranza e un razzismo di cui non abbiamo ulteriormente bisogno? Che non date nessuna possibilità di lavorare o di emergere agli stranieri (con passaporti italiani)? La comunità islamica, che vi piaccia o meno, è una realtà italiana. Non potete metterli tutti al rogo come vorreste. La società capitalista che ti spinge a consumare sempre di più e a vestire capi firmati per essere socialmente cool, e se non hai un euro ti fa venir voglia di rubare invece che osservare in silenzio i figli di papà appena adolescenti che si atteggiano per i locali della Rinascente di Milano tenendo in mano buste enormi con scritto Dior e Louis Vuitton, è buona? Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Rendete tutti conto a voi stessi, ma sopratutto a Dio, e non vorrei mai essere al vostro posto. Del Debbio in situazioni che ha vissuto Touché avrebbe pianto di terrore e cercato disperatamente la mamma. Mando un messaggio Touché: "Come stai? Voglio fare qualcosa di bello per te per riscattarti, per raccontare chi sei veramente, la persona che conosco io". Mi risponde il giorno dopo: "Ok zia, lo facciamo. Magari quando sono a Milano". Capisco che se voglio davvero fare qualcosa di concreto devo andare io da lui, a Padova, o restano chiacchiere. Devo fargli vedere che sono determinata. Lo richiamo, ma stavolta parlo di date e gli propongo il 26 aprile. Una specie di ultimatum che non può rifiutare. E lui non la rifiuta. "Grande zia, io ci sono". Lui c'è perché ci siamo parlati tanto, perché sa come la penso, lui c'è perché io non voglio fare altro che dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. E la verità è che Touché è un bravo artista che ha dovuto imparare a sopravvivere per strada dall'età di otto anni, quando i suoi genitori lo lasciavano solo, non perché erano cattivi, ma semplicemente perché dovevano lavorare. La verità è che Touché non è cattivo, ma dalla cattiveria ha dovuto imparare a difendersi e quando stai in guerra puoi essere buono quanto ti pare ma devi imparare a "uccidere", o prima o poi uccideranno te. Non tutti hanno la possibilità di avere un'istruzione o una laurea per ambire a posti di prestigio nella società. In certe realtà si impara a sopravvivere e non a essere i primi della classe, non si respira cultura nelle case, non ci sono libri per difendersi da Del Debbio. C'è solo tanto bisogno di fare soldi per riscattare proprio quei genitori che erano costretti a lasciarti solo da piccolo. C'è bisogno di farli anche per un lecito plausibile sacrosanto desiderio di diventare qualcuno, o questo sogno può appartenere solo agli italiani, cattolici e figli di papà?
Prenoto un hotel ad Abano Terme approfittando del fatto che dista pochissimo da Padova. Sono stressata, ho bisogno di immergermi nelle acque termali e devo incontrare Touché con calma, rilassata e angelica, perché di diavoli nella sua vita ne ha già visti abbastanza. L' appuntamento con lui e con gli operatori che gireranno il video è alle 19 in albergo da me. Mi fanno vedere la mia stanza, non mi piace e ne voglio una più grande. Okay, pago la differenza, come al solito. Quando lavoro raramente ci guadagno, perché mi metto nelle condizioni di vivere la situazione al meglio. Non che io sia viziata, dormo pure per strada se devo e l'ho fatto, ma se posso scegliere scelgo il meglio, per me e per i miei amici. Chi se ne frega dei soldi, i soldi vanno e vengono, sono uno scherzo della vita. Ho imparato a vivere sia con i soldi sia senza, conosco perfettamente tutte e due le situazioni e non gioco a fare la snob che si accontenta, né sono tirchia se li ho, anzi, divento Tony Montana e li spendo tutti. Per poi avere l'esigenza di riguadagnare di nuovo e non adagiarmi mai. Passo intere serate con la calcolatrice, calcolo quello che ho, quello che spenderò e quello che guadagnerò senza paura. Con lucido senso del business e della povertà che è sempre in agguato e che anche se mi spaventa non è solo un male, ma anche uno stimolo. Non ho scelta, devo comunque farmi il cu*o, tanto vale dormire ogni tanto in una junior suite ad Abano Terme prima di entrare nella vita vera, che è l'unica ispirazione che mi è rimasta. Mi immergo nelle acque termali con il mio bikini color carne comprato da Lady Love (negozio a Hollywood Boulevard per stripper), nuoto leggiadra nella piscina tra vecchi signori allupati che mi guardano come una prostituta di lusso in cerca di una borsa Chanel, alcuni con moglie a carico che vorrebbe disintegrarmi in un attimo, come fa mio figlio con il nemico nei videogiochi della PlayStation. Respiro quell ambiente dei cosidetti "ricchi di provincia" che giudicano e discriminano chiunque non gli somigli e io no non somiglio a questa gente, piuttosto a una bella trans che se ne frega di somigliare a qualcuno. Somiglio a me stessa, una strana e pericolosa creatura dai lineamenti fin troppo marcati per essere accettata nel meraviglioso mondo di chi si sente chic e non lo è, perché chi é elegante non ti guarda male. E qui lo stanno facendo praticamente tutti. Volete cambiare il mondo? Che ne dite di cominciare da voi stessi? Il cambiamento si ottiene attraverso l'osservazione. Attraverso la comprensione, senza interferenze o giudizi da parte vostra. Perché quel che si giudica non si può comprendere. Nuoto a stile libero, alla faccia di chiunque mi abbia guardato con sospetto, di chiunque non mi abbia capita nel profondo e fatta sentire sbagliata, alla faccia di quasi tutti insomma. Torno in stanza e mi faccio una doccia. Devo lavarmi i capelli e asciugare due metri e mezzo di extension in poco tempo. Non c'è il phon, chiamo la reception, mi lamento, arriva il phon e nel frattempo ho indossato un corsetto mimetico e pantaloni larghi verde militare. Purtroppo non posso mettere i tacchi, ma le scarpe da ginnastica, perché avendo vissuto la strada ho imparato che in certi ambienti è meglio indossare scarpe con cui posso correre il piu veloce possibile e scappare in caso di guai inseguimenti o semplicemente ritrovandomi sola all'alba in cerca di qualcosa o qualcuno. E i tacchi in questi miei film non sono contemplati. I tacchi sono per altre situazioni. Dunque sarò meno fi*a del previsto (previsto da chi?) ma sicuramente più scattante ed efficiente.
Touché mi chiama e mi dice che lo studio è a due chilometri. "Arriva in taxi, te lo rimborso", gli rispondo. Sono io a chiedergli disponibilità totale, non deve pagare lui. Arriva dopo pochi minuti, mi chiama e in un lampo esco dalla reception e pago. Con lui ci sono due ragazzini che avranno circa 16 anni. Touché esce dal taxi con i suoi bellissimi capelli lunghi neri e ricci, una fascetta intorno alla testa anni Ottanta e felpa firmata rosa. Sembra più una rockstar che un trapper. Al guinzaglio si porta dietro un pidbull cucciolo di nome Von. Immediatamente mi metto a coccolare, baciare e a strapazzare il cane. È bellissimo e mi bacia e mordicchia le mani, è un "bambino". Vuole giocare. Entriano in quattro con tanto di pidbull e subito dalla reception ci dicono che i cani non possono, ma volendo ci si può sedere a bere nel bar all'aperto. Touché educatissimo sorride, si scusa, prende Von in braccio e ci accomodiamo fuori. Mai visto questo ragazzo rispondere male a qualcuno, essere aggressivo o maleducato. Mai in anni che lo conosco. Non riesco a capire il nome dei suoi due accompagnatori che non aprono bocca, ma sono come due segretari tuttofare: uno dei due porta il cane a fare una passeggiata nel prato che circonda il bar, un altro sembra seguire ogni sua richiesta o indicazione. Touché si guarda intorno e dice: "Questo è il lusso che mi piace. Questo è quello che voglio. Io qui sto bene. Un giorno me lo comprerò un albergo". E io: "Quando te lo compri ricordati di me". Lui replica: "Sì, tu avrai la tua stanza fissa", e ci ridiamo. Nel frattempo sono arrivati anche i due operatori che gireranno uno short movie per MOW. Li incontro per la prima volta, sembrano molto cool e si ambientano subito nel gruppo scambiando opinioni con Touché sugli artisti trap più in voga. Uno dei due è anche chitarrista, quindi appassionato di musica. Ordiniamo tutti da bere: io un prosecco, loro cocktail vari e spritz. Va bene rompere un po' il ghiaccio prima di girare. Tutti devono essere veri e rilassati. Touché in particolare deve fidarsi di me. Non sono qui per raccontare quanto è cattivo né per descrivere i grandi disagi della periferia. Sono qui per parlare della sua storia, dei sogni che ha, della musica che fa. Non siamo quelli di "Dritto e Rovescio", io sono una che non solo non giudica nessuno, ma che cerca il bello nelle persone, forse perché a mia volta sono sempre stata ferocemente giudicata e nessuno si è veramente mai preoccupato di conoscermi nel profondo e andare oltre le "apparenze". La gente con me è stata così crudele da farmi vivere sulla difensiva e crearmi uno stato di asocialità. Pochi si preoccupavano di capire l'artista che ero o quello che avrei voluto raccontare, del mio talento, che ci fosse o no, se ne sono sempre fregati tutti. Quindi capisco bene questo voler analizzare solo una parte di te, ovvero il contesto sociale da cui provieni e volerla di conseguenza giudicare. Di certo per Touché è peggio. Lui è il "criminale troglodita" per la tv italiana, uno scarto della società. Peccato che sia un artista pieno di talento, un ragazzo sensibile, ironico e scaltro. Profondo e mai superficiale. Finiti i nostri drink ci dirigiamo verso le macchine. In una Touché e i due "segretari" con un operatore, nell'altra io da sola con l' altro operatore. Meglio separarsi, lui mi distrae e io voglio restare concentrata sul lavoro da portare a casa. Gli operatori hanno fame, vorrebbero mangiare, io non sento stimoli quando lavoro, posso addirittura passare giornate intere senza andare al bagno, persino il mio corpo passa in secondo piano. Touché ci dice che deve passare un attimo a casa e che se vogliamo possiamo seguirlo. Arriviamo di fronte a un palazzetto di due piani. Si affaccia una signora e Touché inizia a parlarci in arabo, ovviamente nessuno capisce nulla di quello che si stanno dicendo ma lui me la presenta: "Vera lei è mia zia". Al piano terra Touché solleva una serranda. Davanti ai miei occhi si apre questo scantinato inaspettato, il suo rifugio. Una specie di monolocale-garage dove dentro c'è tutto quello di cui si può avere bisogno: tv, computer, tavoli, sedie, un comodissimo divano dove dorme. La location è bellissima. Chiedo agli operatori di riprendere tutto, anche il dettaglio di un quadro con tre cavalli bianchi liberi al galoppo. Non voglio che si perda l'atmosfera di questo posto incantevole che sa di casa e di protezione pur essendo una specie di garage. Non vorrei più uscire da qui, mi sento comoda, al calduccio, nascosta da tutto. "A casa". Mi siedo in una poltrona davanti ad un tavolo grande di legno vicino a Touché mentre lui ci dice, con aria un po' drammatica: "Perdonatemi, io ho chiesto a mia zia di portarmi qualcosa da mangiare, non mangio niente da stamattina e sto morendo di fame". Dopo pochi secondi arriva la zia con un piatto di fegato alla veneta, frittata, insalata mista e due grosse baguette di pane. "Mia zia si ostina a provare a farmi mangiare il fegato, rifiuta l'idea che a me non piace. Ne vuoi un po'?". Non fa in tempo a chiedermelo che azzanno dal piatto i pezzetti di fegato con le mani e gli dico: "Perdonami, forse ti fa schifo quello che ho fatto, ma ho le mani pulite". E lui: "No, io sono arabo, noi mangiamo anche con le mani. Forse avrebbe fatto schifo a un italiano ma a me no". Il che mi autorizza a continuare a rubargli il fegato che tanto avrebbe lasciato, davvero buonissimo. Anche adesso scrivendolo mi viene voglia di mangiarne ancora. È cucinato da mani esperte che se ne intendono. Grande zia, che porta anche due bottiglie d'acqua e la rinhrazio. Touché mi segnala: "Tanto non ti parla in italiano, cioè ha capito tutto di quello che le hai detto, ma non sa risponderti". Non importa, basta che abbia capito. Inizio a fargli domande, spezzo il ghiaccio violentemente: "Sei il rivale di Simba La Rue!". E ovviamente lui non ne vuole parlare, sorride per un attimo, poi sembra innervosirsi: "Sta tutto su internet, non c'è niente da dire, non c'è bisogno di parlarne". Cambio discorso e lui mi perdona, sa che non cerco lo scoop né voglio farlo parlare male di chi ha provato a fargli del male, volevo vedere come reagiva, l'ho provocato, sì, ma io provoco, non sono Ghandi, rompo il caz*o e metto il coltello nella piaga, è il mio carattere. Facendo così ti metto alla prova per vedere se ti fidi di me. Touché non si fida di nessuno ma se non altro con me ci sta provando. Sta facendo uno sforzo. Ormai ci stiamo dirigendo verso una festa in un luogo sconosciuto nel mezzo del nulla e non credo proprio che gli operatori mangeranno come avrebbero voluto, ma anche questo è "cinema". Si mangia, non si mangia, comunque "the show must go on". La festa è in uno degli studi di registrazione dove Touché e altri trapper lavorano. Nella zona industriale, con diverse grandi stanze, una in particolare addobbata a festa con tanto di angolo bar-dj e luci proiettate sui muri che riflettono disegni coloratissimi. L'ambiente è molto figo, sembra di stare a Parigi. Niente degrado. Sono "avanti" come gusti. Ascoltano musica internazionale e nessuna trap. Al massimo techno a tutto volume. Sono ben organizzati, hanno la fotografa, i loro locali alternativi e anche una stylist molto capace che attira immediatamente la mia attenzione. Una factory a tutti gli effetti dove si fa musica, ci si scambiano idee, non solo ci si diverte. E si lavora.
Ci saranno una ventina di persone in un ambiente raccolto, non può entrare chiunque e per uscire devi chiedere di aprirti un cancello che dà sulla strada, insomma non si entra ed esce a caso. Chi è qui ci sta per un motivo e non ci è capitato. Ci sono molti più uomini che donne, saranno quattro o cinque le donne, compresa me. Non posso fare a meno di notare lei, Dolores, stylist talentuosa dell'ultimo video di Touché dove appare inedito, vestito da angelo proprio per far sì che si posi l'attenzione su questo sottile confine che esiste tra il bene e il male. In fondo Lucifero era un angelo. Dolores ha lunghissimi capelli neri e un look impeccabile, piena di collane con i loghi Chanel mischiate con grandi croci cattoliche, qualche dente con i brillanti come nella old school dell hip hop di Coolio e Snoop Dog, cappellino con visiera, pantaloni larghi street e sandali alti con una foglia di marijuana in Swarovski. Molto bella, e ha un fisico sportivo impeccabile. Voglio sapere di più di lei. Mi faccio coraggio (in realtà io sono timida, anche se nessuno ci crederà mai) e le parlo. Dolores si chiama così perché al liceo una sua professoressa le regalò il romanzo "Lolita" da cui Stanley Kubrick farà poi uno dei suoi film capolavoro, sebbene lo siano tutti, che resterà per sempre nella storia del cinema. Il vero nome del personaggio di "Lolita" infatti è Dolores. Mentre il vero nome di Dolores è Doris. Dolores anche perché Doris è fissata con il mondo latino. Infatti ha iniziato a studiare e a imparare lo spagnolo da sola. Ha vissuto da adolescente per tre mesi presso una famiglia molto umile in Costa Rica, in questa famiglia non c'era nemmeno l'acqua calda nella casa, passeggiavano tarantole, ma lei non chiese mai in questa vacanza di scambio culturale che le trovassero una casa migliore o più adeguata. Perché a Dolores va sempre bene vivere la vita vera e perché "c'é molto più da imparare lì che altrove". Il suo look mi incanta. Sexy ma anche street. Occhi scuri e profondi, sguardo serio di una che "sa", di una che conosce la strada e da lì parte per creare uno stile personale e originale. Si intuisce guardandola che ha un fortissimo senso dello stile che non si impara, casomai si affina. Mi piace Dolores, sento affinità elettive, creative, costruttive e distruttive. Sento che mi somiglia. Incredibile come qui mi somiglino tutti, io che mi sento un pesce fuor d'acqua dappertutto. Ancora una volta è dalla strada e per la strada che ritrovo me stessa e la mia gente. Nei locali della festa si aggira anche Bobby Montana, un ragazzo di colore che lavora nella musica e che mi chiede se sono fidanzata. Rispondo di sì per pigrizia e perché, nonostante sia sempre pronta a "rimorchiare" la dove ne vale la pena, stasera sono qui per lavorare. Alla festa c'è un altro trapper con cui per un periodo avevo un po' flirtato al telefono, mi era piaciuto molto un suo pezzo e questo per me è un buon motivo per flirtare e inviare foto sexy, sebbene poi la cosa non sia mai andata avanti. Inizialmente lo ignoro, poi mi appare all'improvviso davanti è mi faccio coraggio, lo saluto. Mi passa una canna, per me è un segno di pace e suppongo lo fosse pure per Bob Marley, quindi chi sono io per non fumarmela tutta? Von, il bitbull di Touché sbadiglia guardandosi intorno, tra musica techno e luci psichedeliche proiettate ai muri. Mi ricorda per un attimo Nina la mia cagnetta bastardina che ho avuto per diciassette anni, anche lei me la portavo alle feste. Me la portavo ovunque in realtà, ha vissuto in tre Paesi e ne ha passate e viste di tutti I colori. Vado da lui e lo accarezzo, parte deciso e mi bacia sulla bocca, odora di cucciolo e innocenza, un po' come Touché. Il grande scapestrato senza arte né parte per la tv, un amico da proteggere con tutte le mie forze.
Un operatore mi dice che non ne può più, che c'è troppo fumo e sta per svenire. Gli dico di fermarsi e di andare a pren̈dere un po' d'aria. Ancora una volta sono io quella che non è mai stanca, che non deve mangiare né fare pipì, che si perde tra il fumo e resta sveglia sempre concentrata, pronta alla difesa, a fare giustizia e a portare a casa il risultato, poco importa a questo punto se compresa o no. Conosco Naw, il direttore artistico dello studio che ospita la festa. Nato a Tripoli in Libia, cresciuto a Casablanca in marocco, a circa dieci anni si trasferisce in un paesino in provincia di Padova con la famiglia. Studia, sviluppa talenti imprenditoriali, ottiene pure un "posto fisso" nella cultura del Comune, ma poco dopo scappa. Quel posto gli sta stretto. Mi racconta le sue ambizioni, la visione e il progetto dello studio, gli propongo un'idea "delirante" per un pezzo che ho scritto e a lui piace. Tutto mi sarei aspettata tranne che di trovare gente con cui collaborare in futuro, ma in questa serata si condividono concretamente idee e progetti. Un video proiettore mostra ai presenti in anteprima le immagini del nuovo video di Touché. Tra applausi, bevande e musica, la serata sembra volgere al termine anche perché Touché è stanco, sbadiglia, è stata una lunga giornata per lui. Io sono l'unica ancora sveglia, i miei due operatori non ne possono più e non hanno avuto ancora tempo di trovarsi una stanza per la notte. Finiamo tutti in hotel da me. Gli operatori si prenotano due singole e Touché è così stanco da crollare sul divano di camera mia. Lo lascio dormire, non lo sveglio. La mattina dopo facciamo colazione e lo invito a fare un bagno in piscina. Parla poco, mi ha già detto tutto. Prima di andarsene mi dice: "Stasera ti passo a prendere e andiamo in studio, poi ti faccio sapere l' ora". Lo conosco e so che non lo vedrò più, perché quando se ne va non sai mai quando tornerà, chi può incontrare in quale situazione e può farsi trasportare. Ma va bene lo stesso. Credo di essere riuscita a raccontare il Touché che conosco, quello vero. E spero che chiunque l'abbia visto in quel breve e triste momento di televisione possa cambiare idea. Perché se puoi trasformare anche solo un'opinione sbagliata puoi trasformare il mondo. Noi rivoluzionari incompresi la pensiamo così. Accettiamo insulti, commenti negativi, pregiudizi e giudizi. Ma non rinunciamo né rinunceremo mai a mostrare un'altra verità. Tornando a Roma in treno, scrivo la frase che dirò alla fine del mio short movie. La vedo già sulle immagini: "Ho imparato a non giudicare, a non etichettare, a cercare di capire che ognuno di noi è figlio della propria storia e della propria realtà". I pregiudizi e le ghettizzazioni non portano da nessuna parte. Ho voluto farvi conoscere un po' meglio Touché, che non è quel ragazzo arrabbiato che molti hanno visto in tv, ma un'artista creativo e talentuoso che come tanti ha il diritto di inseguire un sogno e di realizzarlo. "Qualcosa da bere?". Perché la gente interrompe sempre di momenti di ispirazione? "No grazie. Anzi sì, un bicchiere d'acqua gassata". Accetto anche un cioccolatino. Tutto ciò di cui ho bisogno è amore. Ma un po' di cioccolata, ogni tanto, male non fa.