Dal 2018 al 2022 è stato l'artefice del successo mainstream di Achille Lauro; poi Angelo Calculli ha deciso di mettere nero su bianco (a mo' di seduta di psicoterapia) il divorzio con l'ex pupillo, tra i più chiacchierati dell’industria musicale italiana degli ultimi anni. Un volume, “Da 100 a 10. Un viaggio nella musica in Rolls-Royce”, che non si limita a riferire le vicende che hanno portato alla rottura, come esemplifica nella lunga chiacchierata a MOW, ma spiega in modo dettagliato l'approccio al ruolo di manager musicale.
Passaggio necessario, che racconta anche nel libro: perché ha mollato Lauro De Marinis?
“Ho deciso di lasciare quel progetto l'8 agosto 2022; in realtà avrei voluto già prima, alla fine dell'anno 2021, quando si è deciso il quarto Sanremo. Un Festival che non è andato come volevo: avevo chiesto più volte di smettere i panni glam, e puntare al repertorio, come un cantante vero. Con un brano più idoneo, Che sarà, ma non nella versione pubblicata”.
Alla fine non è stato un gran Sanremo.
“Per niente, si poteva evitare. Tornare a proporre battesimi, cresime... Ho lavorato solo sul coro gospel (Harlem Gospel Choir)”.
La parte migliore dell'esecuzione.
(Sorride) “Probabilmente, un'idea che ha ripreso anche Marco Mengoni; sono riuscito a mitigare qualcosa, visto che in scena erano previsti tutti i sacramenti. Ma ho commesso un altro errore, accontentarlo sull'Eurovision, che viveva come competizione coi Måneskin. La soluzione di San Marino, di cui non ho gestito la parte artistica, e parlo di quel toro (meccanico), ad esempio. Piuttosto che presentarsi puliti, clean, pensando alla canzone, che non è stata neppure quella di Sanremo, quanto un elenco della spesa. Il risultato non lo commento, a dir poco disastroso. Passiamo poi al live con l'orchestra sinfonica (l'Orchestra Magna Grecia), messo in piedi da me; si continuava a puntare all'immagine, e allora non ce l'ho fatta più”.
Come gliel'ha detto?
“Non gliel'ho detto. Sono salito in auto e sono andato. Non ci siamo più sentiti, se non tramite messaggi. Puntare esclusivamente alla scenografia non funziona, e lo dicono i numeri. Pensiamo che il suo brano più forte in classifica (3 dischi di platino all'attivo) si chiama Bam Bam Twist, che non voleva neanche pubblicare”.
La rivalità coi Måneskin è a senso unico, però.
“Spendo una parola a suo favore; Lauro ha fatto delle cose da cui loro hanno preso spunto. Poi su una band quel tipo di show regge a lungo, prendi i Cugini di Campagna. Viceversa la storia ci insegna che su un artista singolo - esempio Renato Zero - funziona per un periodo. Andando alla sostanza, poi, lo spettacolo dei Måneskin è sicuramente più alto, e specie la quota rosa fa la differenza. Probabilmente il loro manager, vale a dire Fabrizio Ferraguzzo, è molto più capace di me. Una persona che conosco bene, e che ha lavorato con noi al disco migliore di Lauro, 1969”.
Sono d'accordo sul disco, ma non si sminuisca. Del resto Achille Lauro l'ha creato Calculli.
Non voglio prendermi meriti che non ho; era già un artista conosciuto, certo non mainstream. Faceva parte di Roccia Music, quindi Shablo, Marracash, Sfera Ebbasta... a cui ha sbattuto letteralmente la porta in faccia, perché fatica a seguire delle direttive.
Ha capito qual è il suo mondo?
“Uno solo: i soldi. Non c'è altro, si definisce lui in questo modo, un imprenditore. Da anni dice che stravolgerà il mercato...”.
Vuol fare anche gli stadi.
(Se la ride) “Glielo auguro. Oggi uno stadio non si nega a nessuno, lo fa persino Blanco, e non riempie. Ma dopo averlo fatto, cosa fa? C'è solo un artista in Italia che ha ben in mente il suo percorso, Marracash; gli altri sono vittime di un sistema, in cui suddivido le colpe: 50% alla discografia e 50% alle agenzie di live. A nessuno importa che fine farà Achille Lauro piuttosto che Blanco. Il trend dura un paio di anni, chi seguiva Lauro qualche tempo fa, non lo ascolta più, non lo segue più. Ormai la sua fanbase è di donne sui 40 anni; tant'è che vuole tornare a fare trap, per riavvicinarsi ai giovani. Altro che guardare al futuro. Prendi Fragole, funziona perché fa promozione ovunque, in ogni contesto; con me non voleva neanche fare le radio o incontrare i fan. A quanto pare lo infastidivano. Perché non era al primo LoveMi?”
Perché?
Angelo Calculli non voleva.
Quindi è d'accordo con Enrico Silvestrin che spara a zero su Fedez.
“Sono d'accordo a metà; c'erano alcuni personaggi forti, come Bresh, con cui Lauro ha rifiutato (lo scorso anno) di fare un feat perché non alla sua altezza, e invece vale più di lui. Alla fine quello è il palco di Fedez, e rispecchia il padrone di casa”.
Nel libro allude a dei manager improvvisati, chi sono?
“Ce ne sono di casi; nel mondo di Lauro, ad esempio, hanno svolto queste funzioni amici, parenti... non posso accettare che a decidere il brano per Sanremo sia il gusto del cugino. Bisogna studiare, prepararsi, formarsi, non improvvisare. Lui ripete allo sfinimento un discorso sul fallimento: 'ragazzi, dovete fallire', e perché? Qual è il suo bagaglio culturale? Non tutti hanno avuto successo senza studiare”.
Perché ha smesso anche con Malika Ayane?
“Lei è una cantante vera, ha studiato musica, è capace e preparata. L'ho gestita da ammiratore, quale sono ancora; ahimè ha pagato il momento peggiore della mia vita, quello delle diatribe con Lauro. Mi spiace che un'artista come lei fatichi, in barba a chi dura mezza stagione”.
La scissione con Lauro la vive con risentimento?
“No, la vivo come sconfitta personale; ho sbagliato anche a essere quasi padre. Facevo tutto”.
Troppo?
“Troppo, mi sono dedicato h24, e specie i primi anni, per via di un passato... capitemi. Anche per questo sono spaventato dal suo richiamo alla trap”.
Si ritrova nelle vesti di scrittore, ma la sua storia non inizia con la musica, quale sarà la prossima svolta?
“Scrivere comunque, non per forza libri, questo è stato come una cura. Ho accusato una forte depressione, e mi è stato proprio consigliato di mettere nero su bianco quanto successo”.
Una lunga seduta di psicoterapia.
“Ancora continua, quando lo presento, quando ne parlo. Cerco di spiegare agli altri gli sbagli che si possono compiere nel nostro lavoro”.
Ora gestisce degli emergenti.
“Alcuni non proprio, come Joe Bastianich, ad esempio, e sono tornato anche al teatro e al cinema, che mi hanno sempre appassionato. Poi, da amante della musica jazz, ho messo in piedi una piccola rassegna che si chiama Estati d'animo, con Sergio Cammariere, Niccolò Fabi, artisti eccezionali. Anche se a mie spese ho capito che il mondo della musica è un purgatorio, tutto in mano a pochi. Specie adesso...”.
Con questi cambi di poltrone.
“Mi ha rubato le parole di bocca. La Warner è diventata una Sony B, e ha perso la caratteristica di etichetta di qualità”.
Chi le è stato accanto nei momenti difficili?
“Pago il prezzo dell'amicizia con Marco Alboni (ex presidente Warner Music Italy), specie lato Warner. Lui è uno dei pochi che mi è stato accanto, gli altri... amici finché fa comodo. E poi Lorenzo Suraci (presidente Rtl 102.5), che mi ha sempre aiutato e sostenuto, e a cui anche Lauro deve tanto”.