Valerio Lundini è il fenomeno televisivo più amato dalla Gen Z, sfortunatamente per lui. “I miei fan? Vorrei che avessero un grosso portafoglio, così da poter sovvenzionare le mie imprese future”. E c’ha ragione, basta pischelli squattrinati. Lundini che di recente ha esordito al cinema con Il più bel secolo della mia vita al fianco di Sergio Castellitto (versione centenario scorretto) ha presentato il suo Faccende complicate, il nuovo programma disponibile su Rai Play dal 12 gennaio che racconta le inchieste reali sulle realtà surreali dell’Italia di oggi. Tra Nord e Sud, con un piede nella verità e l’altro nel realismo magico, ma come ha specificato Lundini, sempre partendo dal Centro (“Roma dai, quella città vicino Rieti!”), il comico in versione grillo parlante si è addentrato nei meandri della società contemporanea: sfaccettata e complicata, e per questo interessante. Guardando le puntate ci si chiede se sia sempre tutto vero, se le cose da qualche parte dello Stivale funzionino davvero così. Ogni vicenda porta con sé una traccia dell’assurdo, eppure ogni reportage è reale, a ogni storia in cui c’è gentilezza e disperazione, Lundini ha aggiunto la magia della narrazione vivace, divertente e attenta. Spoiler, fa sempre morire dalle risate. Nell’attesa di vedere tutte queste pseudo inchieste realizzate con gli occhi, le labbra, l’intelligenza e la malinconia del comico più interessante sul panorama nazionale, ecco cosa ci ha raccontato sul politicamente corretto, il peso delle aspettative, Il portalettere di Chiambretti e…
In Faccende complicate fai il reporter. Cosa ti è piaciuto di questo nuovo ruolo?
Il fatto che si poteva straparlare perché tanto sai che poi verrà tagliato tutto in fase di montaggio, anche con Una Pezza di Lundini non ero in diretta però non potevi abusare della pazienza delle persone che intervistavi. L’ospite in studio tranne Richard Benson che ho trattenuto per un’ora e mezza, devi congedarlo prima o poi, mentre in Faccende complicate mi è piaciuto tanto ed è stato anche fonte d’ispirazione il fatto che ci si potesse basare anche su cose estemporanee che avvenivano durante la giornata. Il problema è che poi però con tanto materiale c’è bisogno di fare una selezione.
La sfida più grande per un comico e poi per un reporter, ma solo risposte sbagliate
Oddio che domanda. Facciamo che prima ti dico quelle giuste e poi quelle sbagliate. Per un comico la sfida più grande è cercare di esser sempre dell’umore giusto e di non ripetersi, di non invecchiare facendo sempre le stesse cose, la risposta sbagliata è l’opposto di quello che ho appena detto. Poi ti dirò, io non mi annovero tra i reporter perché bisognerebbe essere più coraggiosi e più spietati, io non sono così. Se fossi stato quello che si è beccato una capocciata dallo zingaro non so cosa avrei fatto, non potrei mai essere come lui, se quella persona mi avesse detto che era innocente, avrei risposto: “A posto così, servizio finito”. Per farti capire...
Sei stato considerato il fenomeno televisivo degli ultimi anni, senti la pressione di doverti confermare?
Riconfermare non direi, perché c’è sicuramente qualcuno più in gamba di me. Spero solo di non deludere chi continua a dire questa cosa a distanza di un paio d’anni. Se queste persone oggi dovessero ricredersi, dicendo di aver sbagliato sul mio conto, beh che dire, sicuramente ci rimarrei male.
Come riesce un comico a essere incisivo in un’epoca di politicamente corretto? In una intervista Corrado Guzzanti ha detto che sta uccidendo la comicità. Tu che ne pensi?
Ma chi Guzzanti o il politicamente corretto? Scherzi a parte, ci sono sempre state le censure nel corso della storia, questo è il periodo con meno censure in assoluto. Chiunque dica qualsiasi cosa nel bene e nel male poi viene criticata sopratutto sui social, ma non ho memoria negli ultimi anni di persone che sono state fatte fuori dai canali in cui si esprimono per ciò che hanno detto o fatto. Non è vero che c’è questa cosa. Io sono un negaziniosta di questo problema. È ovvio che oggi qualunque cosa fa discutere tanto e può essere motivo di polemica ma nella realtà oggettiva dei fatti siamo tutti liberi. Io penso alle canzoni dei festival di Sanremo che tanti anni fa non venivano accettate perché toccavano certi temi scomodi, questo problema oggi non c’è. Secondo me è anche sbagliato considerare il politicamente corretto un nemico, è solo uno stimolo per fare cose nuove e diverse senza cercare di infastidire o ammiccare, dare delle gomitate a chi pensa che ci sia questa dittatura. Se fai cose che ti divertono, a meno che non sia picchiare i rom ad esempio e costruirci sopra delle gag, cosa che si rivelerebbe violenza e basta, se fai semplicemente quello che ti diverte non incappi in questi problemi, penso che il pubblico poi lo possa percepire.
Nella puntata che abbiamo visto in anteprima usi ironicamente l’espressione “Se vuoi, puoi”. Cosa ne pensi di questa frase, è vera o è una grande balla?
Non è vera. “Se vuoi ti puoi impegnare” è una frase bella a dirsi ma poi come molte altre espressioni si rivela solo molto romantica. “Io vorrei saper ballare come Roberto Bolle”, ma non posso, te lo dico perché mi è stato presentato, lui ha delle caviglie che fanno quasi senso però è gigante se io le avessi come lui sarei deforme. Al massimo possiamo dire “Se volevi da bambino, oggi puoi”, ad esempio se avessi cominciato a suonare l’arpa a 8 anni magari oggi l’avrei saputo fare. Tutto qui.
Per caso il format si richiama a un altro precedente illustre come Il portalettere di Piero Chiambretti?
Non l’ho visto, è bello? Se lui ci trova delle vicinanze, sono curioso. Lo recupererò!