In questi giorni si parla molto della notizia di un ritrovamento di un inedito valzer di Chopin, un manoscritto, e sul web si può ascoltare un’esecuzione del pianista Lang Lang. Siccome il ritrovamento di Chopin è stato fatto alla Morgan Library & Museum di New York, io che sono Morgan ho una libreria e vivo tra cimeli ho casualmente ritrovato un inedito di Bach, un inedito di Beethoven. Ora ve li faccio ascoltare, incredibile ritrovamento!
Dopo aver ascoltato questi due “capolavori” sepolti mi piacerebbe sapere se li avete apprezzati o se vi sono suonati un po’ strani, effetto che ha fatto a me il misterioso valzer ritrovato di Chopin, che con buona probabilità credo sia una burla, uno scherzo realizzato con l’uso dell’intelligenza artificiale. Quel che mi sorprende è che nessuno si sia fatto venire qualche perplessità, come non si sia in grado di cogliere la differenza tra una cosa fatta dall’essere umano e una fatta dal calcolatore. La differenza non è un dettaglio trascurabile perché è la presenza dell’anima, cosa che la macchina non possiede e che non ce ne si renda conto e è particolarmente drammatico. Lo scherzo è divertente, ma è anche desolante che non ci sia qualcuno con una coscienza armonica tale da poter giudicare questo falso. Il punto è che costruire dei brani nello stile di qualche compositore può essere fatto comodamente oggi con l’intelligenza artificiale, e da un punto di vista sia tematico che strutturale si può arrivare anche a qualcosa di sorprendentemente credibile e coerente, ma armonicamente si sente la mancanza di invenzione. È quello l’elemento che l’intelligenza artificiale non riesce a simulare: l’intelligenza armonica. È nell’armonia che c’è l’anima di un musicista, per questo tutti i grandi compositori sono stati capaci di costruire nuovi orizzonti armonici. Quella è la genialità, ciò che l’intelligenza artificiale non può e non potrà mai simulare, perché non è arte. Negli esempi sperimentali che ho fatto io infatti il finto preludio di Bach è terribilmente noioso dal punto di vista armonico mentre sia nella struttura che nella tematicità è plausibile. Stesso discorso vale per la simulazione di un ipotetico primo movimento di sonata di Beethoven: sentite come non c’è nessuna vitalità armonica, mentre c’è una specie di finta invenzione melodica.
Ora invece vi faccio sentire una simulazione di Beethoven non fatta con l’intelligenza artificiale ma scritta da me, partendo dalla volontà di fare un simil-Beethoven. Ascoltandolo si coglie che ad un certo punto si distacca notevolmente da Beethoven, non perché non conosco i procedimenti armonici di Beethoven ma perché sentivo il desiderio, nel momento in cui stavo scrivendo, di fare della musica reale, vera, cioè che fosse espressione e non gioco o finzione. Quindi nonostante si parta da un’ispirazione, che è il modello di Beethoven, nel crearla si arriva a qualcosa di nuovo. Questo è quello che intendo con “invenzione”, per quanto ispirata a Beethoven è musica originale.
Ora non si tratta più di saper discernere tra un “esercizio di stile” e una volontà inventiva originale, perché fino ad ora quando si giudicava un’opera d’arte si poteva utilizzare la categoria dell’esercizio di stile per sostenerne la poca validità, ma adesso la questione cambia radicalmente e si sposta. Non si tratta più di saper riconoscere la differenza tra un puro esercizio di stile e qualcosa di ispirato, ma di riconoscere la differenza tra un essere umano e un non essere umano, perciò l’esercizio di stile, che è un tempo era una argomentazione a sfavore, diventa invece a tutti gli effetti una prerogativa dell’umanità, infatti a ben vedere, l’esercizio di stile, che per eccellenza è il “romanzo” di Raymond Queneau, appunto chiamato “esercizi di stile”, non è per nulla un’opera priva di valore, tutt’altro è un esempio di grande invenzione, di grande creatività, d’altra parte Queneau è uno dei più grandi geni letterari del novecento. Si aprono due scenari estremamente interessanti ma allo stesso tempo allarmanti: da una parte cosa significa il diritto d’autore e come cambia la paternità su un’opera d’arte, visto che ormai la macchina la inventa da zero, quindi chiunque può ottenere una musica, appropriarsene e depositarla come sua opera di ingegno. Tutti potrebbero iscriversi alla Siae e depositare una valanga di musica come se fosse scritta da loro, invece è stata scritta da una macchina. Dall’altra la questione ancora più profonda di come si possa crearsi una mente e una coscienza artistica in questo universo ormai intossicato dalla contraffazione, e questo riguarda tutti gli individui creatori delle opere d’arte e anche i fruitori, quindi l’intera umanità del futuro imminente.