Quando guardi a lungo nell’abisso, diceva Nietzsche, anche l’abisso ti guarda dentro. Ecco, in questo preciso momento immaginatemi mentre attraverso una piazza spoglia di ripari con tutti gli abissi possibili che mi stanno fissando, insistentemente. Perché ho guardato nell’abisso. E ho continuato a farlo, con la medesima morbosa attenzione che tendenzialmente riserviamo a certe mostruosità, che so?, le lamiere di un incidente in autostrada, le immagini catastrofiche di un fiume che trascina via auto e cassonetti, di questi tempi parte della nostra quotidianità, quel tizio che fa uscire gli occhi dalle orbite che sta impazzando su TikTok. Il fatto è che negli ultimi giorni in quel dell’Ariston di Sanremo si è svolta la cinquantesima edizione del Premio Tenco, ne ho involontariamente parlato. E ne ho involontariamente parlato perché mi ero autoimposto di non farlo, visto che in estate ho fatto anche con troppa chiarezza indicato degli snodi che mi sembravano assai poco chiari e a cui nessuno ha dato chiara risposta, e perché di dar lustro a chi se la canta e se la suona da solo mi sembrava un errore, ma poi alla fine ne ho parlato anche troppo, in pezzi nei quali ho approfittato per parlare anche d’altro. Finito il tutto, nell’irrilevanza generale, senza cioè che la cosa uscisse dall’alveo dell’autoreferenzialità tipica di chi si dice che il più prestigioso premio dedicato alla musica d’autore, cantarsela e suonarsela da solo, appunto, speravo di non doverci tornare ancora una volta involontariamente tornare su, almeno fino all’anno prossimo. Invece, come direbbe Elio, Dio bonino, sono stato inondato da video da amici che, divertiti, hanno ben pensato di condividere con me il proprio divertimento, inconsapevoli di quanto io stessi dando da fare al mio subconscio per rimuovere questo tragico evento. Alla fine ho quindi ceduto, fatto partire il video, e di colpo mi sono trovato a osservare l’abisso, consapevole, ho studiato, che l’abisso poi avrebbe ricambiato le attezione. C’è infatti questo video agghiacciante che gira, almeno su Whatsapp. Un video, ricordate la faccenda del cantarsela e suonarsela da soli?, messo online proprio da uno dei protagonisti, Andrea Scanzi, un tempo Rui. Il video mostra un ingoffito Simone Cristicchi in uno dei momenti conviviali della rassegna che lo accompagna suo malgrado alla chitarra acustica mentre lui, Andrea Scanzi, un tempo Rui, devasta stonando come una campana tibetana, immagino omaggio alla Freak di Samuele Bersani, uno dei premiati in questa edizione, Prospettiva Nevski, del maestro Franco Battiato.
Simone Cristicchi, per la cronaca, era a Sanremo, al Tenco, proprio perché sta portando in giro con la sua compagna Amara uno spettacolo incentrato sul repertorio di Battiato, e immagino che ora faticherà a continuare a farlo senza essere avvolto in un manto di mestizia e vergogna, perché quel video, Andrea Scanzi, un tempo Rui, che devasta le parole del maestro, è qualcosa che spingerebbe al mutismo anche il più logorroico degli oratori. Il fatto è che Andrea Scanzi era a sua volta a Sanremo per presentare un incontro indetto dal Premio Tenco che intendeva chiamare a raccolta il gotha dei premi musicali dedicati alla musica d’autore, nei comunicati si faceva un lungo elenco, anche se alcuni dei nomi citati non erano della partita e neanche ci pensavano a esserlo, per dire sono appena stato a Music For Change, organizzato da Musica Contro le Mafie, MOW ne è stato media partner, io giurato, e nel comunicato e nei post di lancio all’incontro veniva indicato come partecipante, per altro confondendo premio con organizzatore, alla faccia della qualità, e nessuno da Cosenza ha mai pensato di prendervi parte, non fosse altro perché già di iniziative volte a mettere insieme più premi ce ne sono tante, sempre per dire, settimana prossima sarò al Premio Bianca D’Aponte, giusto alla sua ventesima edizione, e lì suoneranno i Malvax, che proprio l’anno scorso hanno vinto Music For Change, e lì canterà chi ha vinto l’Andrea Parodi, perché di scambi se ne facevano anche prima di quest’anno. Comunque, dicevo, Andrea Scanzi, un tempo Rui, è stato chiamato immagino proprio per quel suo passato al Mucchio Selvaggio, o forse per i suoi spettacoli su Gaber, ma di fatto la sua presenza non è che abbia incontrato il favore del pubblico, che sui social è andato di pernacchie. Fatto comprensibile, da tempo si occupa d’altro, e comunque non è certo sulla simpatia che ha puntato i guadagni ottenuti dai suoi successi editoriali. Vederlo però profanare Battiato, compiaciuto, nascondendo la vergogna dietro un filo di autoiorinia, il riferimento ai karaoke del collega Luca Sommi, ha spostato il carico dall’indignazione, non mia, io trovo che uno come lui sia perfetto per un contesto come il Tenco, che con la musica ha a che fare solo incidentalmente, ormai pura operazione di marketing per chi ci lavora dentro, dicevo, vederlo profanare Battiato ha spostato il carico dall’indignazione alla malinconia. Qualcosa di struggente, come una canzone di Chico Buarque de Hollanda particolarmente ispirato (la si legga con lo stesso tono di voce di Verdone quando fa la nota battuta in Gallo Cedrone, “ma lo sai che c’hai un soriso verticale da paura, chi te l’ha scolpito? Michelangelo? Stava in forma quel giorno…”). Struggimento che ha però toccato il suo culmine, stiamo però parlando di sfumature quasi intellegibili, quando l’inquadratura si è aperta su una platea decisamente poco sobria, a voi stabilire se si sta parlando di look, dove si potevano ammirare due membri del direttivo inforcare i tovaglioli e girarli in aria come fossimo a un rodeo, o peggio, al cinquantesimo di matrimonio di zia Pina, a Montesilvano, andando a cercare online, mi dicono, alcuni di loro li si vede pure cantare a loro volta altri classici della canzone d’autore, finendo il lavoro di killeraggio iniziato da Andrea Scanzi, un tempo Rui (in un angolo remoto della mente ho scorto, per altro, un frame di memoria che ha fatto emergere il fatto che Scanzi ha un paio d’anni fa dedicato uno dei suoi libri proprio a Battiato, libro che, suppongo, nei miliardi di case dei miliardi di suoi fan che lo avranno comprato si sarà polverizzato per quel moto di autocombustione tipico di certi film horror di tematica religiosa, prima era lì in bella vista il libreria, poi solo cenere, a questo porta cantarlo senza avere contezza di cosa sia l’intonazione e anche il concetto semplice di resa melodica).
È noto che Lester Bangs, considerato forse a ragione uno dei più importanti critici musicali di tutti i tempi, ambisse in realtà a una carriera da scrittore, carriera che gli è toccata solo post mortem, quando i suoi articoli sono divenuti di culto dentro raccolte consumate da chiunque ami chi scrive di musica, fatto che va di pari passo con l’inciso che vuole chi scrive di musica come un musicista che non ce l’ha fatta. Ecco, vedendo questo video, nella sua interezza, Scanzi, i membri del direttivo, Battiato martoriato fortunatamente a sua volta post-mortem, perché le linee melodiche non è che si trovino lì per caso, sarebbe sempre bene rispettarle, in assenza di idee più vincenti, ma figuriamoci, c’è gente che parla di cittadinanza digitale e non sa distinguere tra un post e un articolo, di che parliamo?, ecco, vedendo questo video viene da dire che a volte è un vero peccato quando qualcuno non riesce a coronare il proprio sogno, non tanto per lui, quanto per gli altri che poi devono assistere a certi spettacoli inverecondi. Al punto da spingermi a scriverne, conscio che potrei finire sotto una shit-storm, quando si indica il re nudo si finisce sempre per prenderle di santa ragione, corro il rischio consapevolmente, sono sopravvissuto a ben altro e in fondo io sono una mosca e lui un elefante. L’unica speranza, ma so che è speranza vana, è che il mio subconscio amorevole faccia il suo dannato lavoro cancellando ogni traccia di ciò, come quei tizi con gli spazzoloni che intervengono dopo che un giocatore è caduto sul parquet durante una partita di basket per asciugare le macchie di sudore dal campo. Altrimenti temo che dovrò infilarmi anche io a un cinquantesimo di matrimonio e bere come un disperato, dicono che non ci sia niente come il Montepulciano per cacciare via l’abisso che ti fissa dritto dritto negli occhi.