La storia dei diavoli della bassa modenese, la presunta setta che, tra il 1997 e il 1998, nei due paesi di Mirandola e Massa Finalese avrebbe organizzato riti satanici nei quali sarebbero stati molestati e assassinati bambini, da racconto diventa docuserie e le voci di Veleno, il podcast di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, prendono finalmente una forma concreta.
Volti scavati dal tempo e dal dolore, famiglie che cercano di ricucire i brandelli sopravvissuti a un’esplosine che quest’anno compie 24 anni. Si assomigliano un po’ tutti, i protagonisti di questa storia, come se il solco della tragedia avesse colpito in modo uguale le espressioni dei reduci.
E non c’è differenza tra chi, tra gli ex bambini allontanati dalle famiglie della bassa modenese, oggi ammette di aver inventato ogni accusa, e chi al contrario continua a sostenere, e a ricordare, gli abusi infantili subiti o visti.
Non c’è differenza perché hanno sofferto e continuano a soffrire nello stesso identico modo. Democrazia del dolore che si mischia ai ricordi di una vita di provincia, povera, tra la nebbia di paesi dimenticati da tutti che diventano teatro perfetto per riti agghiaccianti, storie di demoni e cimiteri, di satanismo e pedofilia. Palcoscenico di una storia grottesca, su cui nessuno prima di Trincia sembrava aver posto le giuste (e lecite) domande.
Il racconto della docuserie, disponibile ora in cinque puntate su Amazon Prime, ripercorre alla perfezione le orme del podcast, tanto che - per chi già conosceva il lavoro di Pablo Trincia - la serie assume un ruolo integrativo, utile per rimettere in ordine le testimonianze ascoltate, e dare finalmente un volto alle voci, partendo da quella di Dario, il famoso bambino zero da cui è nato tutto il caso.
Il vero e unico elemento di novità è dato dalla puntata conclusiva, quella in cui testimonianze di ex bambini allontanati dalle famiglie, psicologi coinvolti, accusatori di Trincia e genitori disperati si fondono, dando un ulteriore senso di precarietà a questo apparente equilibrio giudiziario.
Impossibile non empatizzare con una donna, ex bambina coinvolta nel caso, che oggi convive con la consapevolezza che sua madre si uccise per il dolore, e la vergogna, dell’accusa di un crimine mai commesso.
Ma impossibile anche non empatizzare con un’altra protagonista che nega il revisionismo di questa vicenda, continuando a ribadire e confermare la verità di questi abusi.
Come già successo con l’ascolto del podcast anche la docuserie disponibile su Amazon, realizzata a distanza di quattro anni dal primo progetto, nega ogni certezza. Onore agli autori che non ricadono nel clichè dei ruoli predefiniti e si mettono in discussione, dando voce anche a chi li accusa di aver montato una vicenda conslusa e aver preso una posizione troppo schierata.
Perché Veleno corrode ogni sicurezza. Sul singolo caso giudiziaro, ma anche su noi stessi. Su quello che ricordiamo o pensiamo di ricordare. Sulle bugie che si trasformano in verità, sul valore della famiglia, sugli affetti che pensiamo di avere. Veleno che si insinua piano, e ci chiama a rimettere tutto in discussione.