Una creatività quella di Woody Allen, che dà piena voce al suo inconscio, indiscusso protagonista dei suoi film. Insomma, persino quest’anno Woody è andato a duemila. Ha letteralmente ingannato il tempo, questo 2020, per farci (o fare a se stesso) un regalo. Si intitola “Rifkin's Festival” e speriamo di poterlo vedere prestissimo nelle sale. D’altronde, questo Natale, un lieto fine ce lo meritiamo.
Woody Allen è contrario alla vecchiaia, sostiene che non la si debba raccomandare a nessuno.
Nel frattempo però continua a lavorare e, nelle pause, sognare di essere il collant di Ursula Andress (chissà, magari saranno questi a dargli l’ispirazione). D’altronde l’unica certezza che abbiamo, dal 1966 ad oggi, è proprio questa: Woody Allen è fedele alle relazioni. O meglio, a quelle extraconiugali. Le stesse che lo legano al Windsor Light Condensed, suo inconfondibile font, e all’infallibile media di un film all’anno.
Sono questi i suoi marchi di fabbrica come gli analisti, i maghi, i rabbini, ma anche i lapsus, gli equivoci e gli scherzi di un destino beffardo che continua a sorprenderci e a muovere i fili delle nostre vite.
E siccome le tradizioni vanno rispettate, anche quest’anno, puntuale come sempre, è arrivato il suo 49esimo film.
“Rifkin's Festival”
Il film è un vero e proprio omaggio al San Sebastián Film Festival. Un appuntamento del quale Woody si sarebbe innamorato dopo le riprese di Vicky Christina Barcelona del 2008. Secondo Variety, dopo aver girato in lungo e largo Oviedo, Barcellona e Avila, il regista avrebbe scoperto l’apice della meraviglia proprio all’interno di questa kermesse cinematografica. A tal punto, da promettere a se stesso di scrivere un film sull’evento per raccontare i colori e l’energia di quelle conferenze stampa. E così è stato. Infatti, il film è stato presentato in anteprima a San Sebastian proprio lo scorso 18 settembre, ricevendo le approvazioni della critica che l’ha definita una commedia tagliente, a tratti assurda ma fantasticamente divertente.
La pellicola racconta la storia di Mort Rifkin (Wallace Shawn), un fanatico di cinema, e di sua moglie Sue (Gina Gershon), ufficio stampa cinematografica. La coppia, una volta fatto ingresso al festival, viene coinvolta dalla bellezza tipica della Spagna e dall'ammaliante magia del cinema fino a diventare la protagonista di un doppio intreccio amoroso.
In Rifkin’s festival, infatti, il Caso non a caso scatena una serie di imprevisti, elargendo fortuna e provocando irreparabili danni: Sue viene sedotta dal talentuoso cineasta Philippe (ovvero Louis Garrel, il giovane sognatore del film di Bertolucci), mentre Mort supera il blocco che gli impedisce di scrivere il suo primo romanzo, scoprendo una rinnovata speranza per il futuro.
Ed è proprio in questa danza, in cui i protagonisti si spogliano mettendo a nudo le proprie fragilità e debolezze, che risiede e si conferma l’essenza dei film di Woody Allen. È qui che trova affermazione la visione dell’autore. Al regista, infatti, non interessa tanto chi muove le pedine della scacchiera, ma piuttosto le capacità dei personaggi nel far fronte al caos che sconvolge le loro vite. Ciò che conta è lo scontro tra forza e debolezza, sogno e realtà. In Rifkin’s Festival si fondono Commedia e Tragedia e si svela con ineguagliabile umorismo il mistero imperscrutabile dell’esistenza, che Woody risolve con un cinico e concreto “basta che funzioni”. Perché la vita sarebbe noiosa se non godessimo delle nostre abilità nel distorcerla.
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