Siamo ancora a parlare di culi. Di culi e musica, per la precisione. È successo a X Factor, e la voce che ha pronunciato la frase da cui vorremmo partire, qualcosa che suona come “Mimì è la nostra risposta a chi fa musica mostrando il culo”, l’ha pronunciata con la sua caratteristica erre arrotata Manuel Agnelli, uno che incidentalmente deve la sua notorietà mainstream, legata a doppio filo assai più al suo essere un giudice di X Factor che al suo passato con gli Afterhours, proprio al culo e la musica, nello specifico quello esibito a suo tempo da un giovanissimo Damiano David, in reggicalze e scarpe con il tacco dodici, intento a ballare sul palo mentre cantava non ricordo più che canzone. Ecco, Manuel, quello del culo del giovin Damiano David (lì nessuno protestò mai per tutte le avance cui il cantante dei Maneskin era oggetto da parte di donne che spesso potevano essere sua madre, per altro, vedi tu come gira il mondo), Manuel, dicevo, quello del culo del giovin Damiano David, ieri, a fianco di una Mimì vestita come la sposa vedova di Kill Bill, con tanto di katana, un’azzardata scollatura, evidentemente sfuggita alla voce de “Sui giovani d’oggi ci scatarro su”, a evidenziare una quarta carenata, forse addirittura una quinta, Manuel, dicevo, ieri ha lanciato i suoi strali contro chi fa musica e mostra il culo, come un Gino Paoli con trenta e passa anni di meno, nessun proiettile nel cuore, forse anche qualche classico della musica leggera in meno in repertorio e quella dose di spocchia là dove nel caso del cantautore genovese albergava un mix di provocatorietà e rincoglionimento. Perché abbracciare una giovane ragazza con scollatura e parlare di culi fa ridere, innanzitutto, e fa ridere anche fatto da uno che, in giovin età, parlo di prima del Tora! Tora!, ai tempi in cui gli Afterhours erano un gruppo alternativo e lui il loro leader, mostrava serenamente il caz*o vestito come nostro Signore Gesù Cristo sulle pagine del Mucchio Selvaggio, fotografato dal grande Luca Del Pia, anche se è pur vero che un cazzo non è un culo.
Fa ancora più ridere, attenzione, da parte di chi si presentava, scippando l’idea ai Mothers of Invension di Frank Zappa, su suggerimento del buon Davide Sapienza, vestito da donna, lì in mostra c’erano gambe pelose, ma la provocazione era comunque presente. E fa riderissimo nel momento in cui, circa tre quarti d’ora dopo nel medesimo programma, lui stesso presentava i giovani sedicenti e luidicenti punkettoni dei Punkcake che, ma dai, avevano il punto di forza della loro esibizione proprio nel culo mostrato con sagacia dal loro frontman, riproponendo una versione decisamente meno sexy e più goliardica del culo di Damiano David qualche anno fa. Come se un culo femminile, Gino Paoli sembra si riferisse a quello di Elodie, così almeno lo interpreto lei, che nel giro di pochi minuti lo mandò metaforicamente a cagare via social, sempre senza fare nomi, come usa adesso in questa epoca pavida, e del resto Elodie e il culo sono spesso un tutt’uno, non si legga in questo alcun intento denigratorio, chi scrive è un grande fan del culo di Elodie, un po’ meno l’ultima canzoncina tirata fuori con Tiziano Ferro, ma qui si parla di musica e culi, andrei forse fuori tema, come se un culo femminile, dicevo, fosse meno di un culo maschile. O magari fosse di più, cioè uscisse dall’alveo della provocazione per la provocazione innescando invece un meccanismo di sessualizzazione che, agli occhi puri di Manuel Agnelli, quello che sempre ai tempi delle foto sul Mucchio Selvaggio, dava alle stampe, ben lo so visto che era una collana che curavo io come direttore artistico, il libello Il meraviglioso tubetto, dove si raccontava del piacere provato dal protagonista nell’infilarsi un flacone di bagnoschiuma Vidal, quello con la confezione verde e il tappo marrone, su per il culo, che agli occhi puri di Manuel Agnelli deve proprio essere qualcosa da stigmatizzare in tutto e per tutto. A differenza, per dire, delle tette di Mimì, per altro in ottima compagnia di quelle della un filo meno bigotta Paola Iezzi, lì sullo scranno dei giudici.
Sapesse, il buon Manuel, che ci sono studi di anatomia che sostengono che la forma arrotondata e ben in vista dei seni femminili, presenti anche in assenza di necessità di allattare, unicum nel mondo degli animali, avevano inizialmente la funzione di indurre l’homo erectus, di colpo su due piedi, ad accoppiarsi con le femmine della specie, in una idea ancora meramente procreativa del sesso, sapesse, cioè, che i seni andavano a costruire l’illusione ottica della presenza di qualcosa molto simile alle chiappe, abituato come era l’uomo fino a quel momento ad accoppiarsi a quattro zampe, in quella che gli americani chiamano alla doggy style, povero scemo in necessità evidentemente di incentivi per far sesso in quella che poi verrà chiamata la posizione del missionario. Lo avesse saputo, ieri sera, Manuel, magari avrebbe parlato d’altro, o avrebbe detto nei daily alla sua pupilla Mimì di vestirsi non tanto come la sposa di Kill Bill, quanto piuttosto come una sposa di quelle che indossano l’abito bianco con lo strascico, magari anche col velo a coprire il volto, altro che bassista dei Punkcake vestita da suora indemoniata. Sia chiaro, da quasi suo coetaneo di Manuel non ambisco certo tornare ai tempi in cui se ne andava in giro con vesti nazzarene mostrando il pisello, ma neanche quando, un paio di anni fa ci ha fatto gli auguri, sì scherzosamente, mostrando un culo, eh già, ben tornito e poco protetto da un perizoma, in un video in cui si mostrava intento a preparare leccornie in cucina, perché culo per culo preferisco semmai vedere quello di Elodie, son gusti, ma il radicale passaggio da guastatore a neo-Roccella del rock, onestamente, specie se in chiave solo misogina, onestamente me lo sarei proprio evitato. Viva quindi le tette di Mimì, quelle di Paola Iezzi, il culo del tipo dei Punkcake e tutto quel chiunque calchi un palco decide di mostrarci, se ce lo mostra perché ne ha voglia e non lo costringe un’entità malevola. Abbasso chi decide di fare il duro e puro sul culo degli altri.