Nel giro di un paio d’anni TikTok ha spopolato tra le nuove generazioni, spodestando Instagram e dando il colpo di grazia a Facebook (che ormai, sopravvive solo grazie ai meme e ai “buongiornissimo caffè” sulle bacheche dei nostri genitori). Fondato cinque anni fa da Alex Zhu e Luyu Yang, oggi il social network cinese ha quasi un miliardo di utenti attivi. L’app permette di creare video di 60 secondi con musica, filtri ed effetti speciali di ogni tipo. La sua primaria funzione è quindi quella di un karaoke visivo che elogia l’immagine e la digitalizzazione, in cui l’interazione si riduce ai minimi termini. TikTok è così smart ed efficace che piace a tutti, ed è diventato uno strumento di social marketing fondamentale per i nuovi influencer, o meglio, “TikTokers”.
Nell’era del distanziamento sociale, attraverso quest’app nascono e proliferano le nuove tendenze in ogni ambito culturale e artistico. Ce ne eravamo già accorti qualche mese fa, quando nello stupore generale gli Uffizi sono approdati proprio su TikTok con video di statue e dipinti in pose sexy e ammiccanti. A qualcuno la cosa ha fatto sorridere, ad altri ha fatto storcere il naso. Sta di fatto che nella nuova realtà sociale in cui viviamo, se non ci si reinventa si muore. E nella moda, dove non esiste più lo street style fuori dalle passerelle, c’è bisogno di freschezza.
L’edizione estiva della settimana della moda, quasi completamente digitale, non è stata un successone. Dovevamo ancora abituarci all’idea di non poter toccare con mano una Milano sovrappopolata, pullulante di modelle con uno stacco di coscia mozzafiato ai banchi gastronomia dei supermercati. Oltre al fatto che per mesi ci siamo vestiti per stare in casa e scattarci i selfie alla finestra, e non vedevamo l’ora di fare gli splendidi tutti firmati in giro per la città. La situazione, due mesi dopo, è notevolmente cambiata. La fashion week milanese sbarca su TikTok e si fa “phygital”. Cosa significa? Che il mondo digitale si fonde con quello reale, e l’emozione del front-row di una sfilata è vissuta attraverso lo schermo del nostro smartphone. Ma non per questo è meno intensa. Anzi, in aggiunta a ciò non ci saranno code d’attesa o nomi sulla lista, nessun posto riservato in prima fila. C’è spazio per tutti. È un passo in più verso la concretezza, innovativo e necessario, ma che rimane nei confini dell’universo virtuale garantendo la distanza interpersonale.
Ok, ma perché TikTok?
Moltissimi brand si stanno appoggiando alla piattaforma per espandersi tra i più giovani (ed influenti) adottandone il linguaggio e i codici di comunicazione. La moda si fa super inclusive, riducendo al massimo il gap tra vip e persone “comuni”, e rendendo possibile una conversazione tra due mondi sempre più vicini e culturalmente contaminati. Non a caso molti eventi di questa fashion week sono capitanati dai TikTokers, pionieri dello street style e delle nuove tendenze, e la maggior parte di loro non sono altro che ragazzini. Non mancheranno ovviamente gli ospiti dai piani alti, che spaziano da Tony Effe agli psicologi di moda, fino ad arrivare a Miuccia e Raf Simons, che giovedì 24 settembre risponderanno alle domande dei fan durante la diretta sull’account TikTok di Prada. Mi sembra quasi di essere ritornata ai tempi dei Tokio Hotel a TRL, l’emozione è più o meno la stessa.
In occasione del #TikTokFashionMonth gli eventi e le iniziative online si prolungheranno fino all’8 ottobre. Quindi, dopo esservi scaricati l’app ed aver capito come funziona (io ho 25 anni e devo ammettere di averci messo un po’), l’hashtag da utilizzare per entrare nel vivo della fashion week milanese è #consiglidimoda. Funziona un po’ come la rubrica “copia il look” nei giornali delle ragazzine, ma essendo online ha un bacino molto più ampio e magari qualche look figo ricreato per comuni mortali lo si trova davvero. E poi, ce lo consigliano i TikTokers più influenti, che sono praticamente gli Enzo e Carla del 2020.
Charli D'Amelio, star di TikTok, invitata al front row della sfilata di Prada della Milano Fashion Week dello scorso febbraio
Proprio ora che Trump vuole vietare TikTok?
Mentre in Italia il social cinese vive questo momento di sovraesposizione anche tra chi non rientra propriamente nel suo target, negli Stati Uniti la situazione è decisamente diversa. All’infatuazione verso l’app che ha colpito anche gli utenti americani, infatti, sta facendo seguito una serie di (minacciati) provvedimenti che potrebbe costringere i teenager statunitensi ad una forzata separazione dal loro social preferito. Insomma, come in una puntata di Beautiful i momenti felici durano poco. Il motivo è presto detto: il dipartimento del commercio Usa ha annunciato, circa una settimana fa, di voler salvaguardare la sicurezza della nazione proibendo l’utilizzo dell’app. E questo in quanto “il Partito Comunista Cinese ha dimostrato di usare queste app per minacciare la sicurezza nazionale, la politica estera e l’economia americana”, trasferendo informazioni di utenti americani direttamente alla Cina. In un primo momento pareva che la soluzione potesse essere individuata in un accordo, in base al quale la società cinese Bytedance (proprietaria di TikTok) avrebbe dovuto vendere quote massicce a compratori americani quali Oracle e Walmart. Ma stando ai media cinesi, a Pechino, questo accordo “sporco e ingiusto”, nessuno lo vuole firmare. Risultato: Donald Trump ha minacciato a più riprese di mettere in down l’applicazione. L’ultima deadline annunciata è quella del 27 settembre. Se tutto ciò accadrà veramente, lo scopriremo solo nella prossima puntata.
In netta contrapposizione al caos made in USA, i brand nostrani hanno deciso di approfittare del successo dell’app. Il mercato del lusso in Cina è in costante evoluzione e, per le case di moda, potrebbe essere uno dei fattori principali di crescita per il prossimo decennio. Inoltre, la clientela cinese è giovane, smart, dinamica e sempre più indirizzata verso il lusso e la qualità del Made In Italy. Non è quindi un caso se la fashion week milanese è approdata proprio su TikTok, permettendo all’app cinese di acquisire quote importanti in Italia e, al contempo, di espandere il bacino virtuale di ciascun brand.